09.09.01
Il Cardinale Martini lascia Milano con un inusuale discorso.Il cardinale Martini lascia il suo "potere temporale" e si
ritira in Palestina a pregare per la pace.
La notizia non avrebbe nulla di straordinario - nella chiesa cattolica numerosi sono
coloro che lo hanno preceduto in questa decisione - se non vi fosse stata quella pubblica
confessione , quell'atto di umiltà che rende il fatto di per sé straordinario ed
importante e dice tutto della statura dell'uomo: riconosco i miei errori e i miei limiti,
le mie mancavolezze.Confesso le mie incertezze...
Forse questo modo di pensare è lontano dalla mentalità
contemporanea, presi come sembriamo da valori apparenti, dalle grandezze esteriori e
superficiali. Il gesto del cardinale ci invita invece ad una costruzione interna più
profonda, a tornare con umiltà ad essere "uomini". E l'umiltà, che non
dobbiamo vivere come rassegnazione, è la virtù propria dell'uomo Cristo.
Ritengo infatti che il cardinale Martini abbia espresso la sua decisione usando "il
dialetto" di Canaan, nel linguaggio proprio di Gesù.
Parlare come Gesù è infatti parlare in modo convincente e straordinario perchè è un
parlare vicino alla gente e al cuore della gente. Anche Papa Giovanni parlava il dialetto
di Gesù e per questo fu amato e capito da tutti anche da chi non crede.
Il Cardinale dunque lascia il suo impegno pastorale quale capo di una grande chiesa locale
, lascia ma rende il conto del suo operato consapevole della provvisorietà del potere e
della responsabilità che ne deriva.
In una società, come quella attuale, raramente capita che chi ha l'autorità assuma fino
in fondo le proprie responsabilità che invece sono sempre degli altri. Quello del
cardinale dunque è un gesto raro di profonda dignità e responsabilità, un gesto
esemplare e che rappresenta per noi educatori un'occasione pedagogica importante.
E' il discorso della educazione ai valori , a quel saper essere di cui tante volte abbiamo
parlato su queste pagine.
E un valore fondamentale da insegnare è il "coraggio" , cioè quella virtù
estremamente necessaria all'uomo di oggi, della quale il cardinale Martini ci dà
testimonianza; quella virtù che lo induce ad impegnarsi per la verità e per il bene.
Il coraggio è il contrario del "timore servile" , timore che fa evitare la
prova , rimandare la decisione, tollerare il male.
E' il coraggio di chi si assume le proprie responsabilità, di chi si impegna con gli
altri e per gli altri per raggiungere un obiettivo comune.
E questo vale nel "piccolo" delle nostre classi come nel "grande"
della Città politica...
Ed è un atto di coraggio saper riconoscere i propri limiti, le proprie incertezze, la
propria "umanità". E' un atto necessario per contribuire a costruire il futuro
dei giovani attraverso onesti progetti di vita.
Qualcuno però potrebbe interpretare il gesto del cardinale come una sorta di "gran
rifiuto".
Questo dubbio pur legittimo mi riporta alla mente questo brano tratto dalle Institutio di
Calvino:"Cosa piacevole, indubbiamente, il ritirarsi dalla società per
filosofeggiare interiormente in un luogo segreto; che un uomo, però,quasi per odio del
genere umano, fugga nel deserto per starvi solitario, astenendosi da quello che il Signore
richiede da tutti i suoi e cioè l'aiuto reciproco, questo non è confacente alla
fraternità cristiana" (Libro IV, cap.13)
Certamente questo non è il caso del Cardinale: sarà egli infatti un umile prete in
Palestina per testimoniare tra la gente con la preghiera a favore della pace.
Quanti tra coloro che posseggono il potere hanno e avranno questo coraggio?
Girio Marabini