12.02.00
Maxima debetur puero
reverentia
di Girio Marabini
Il caso : Un preside di Scuola media di fronte ad un alunno "difficile",violento ed insofferente ad ogni regola (15 anni terza media) ,assume un provvedimento che ha fatto discutere : ha denunciato l'alunno al tribunale dei minorenni. L'intenzione dichiarata era quella di stimolare la famiglia ad intervenire per convincere il ragazzo ad un comportamento civile.
Al di là del merito della questione, non vogliamo esprimere un
parere né a favore né contro, è bene riflettere sul ruolo che è assegnato alla scuola
da questa società da noi definita più volte acentrica in cui è evidente il rischio del
disorientamento e del disagio.
E' il compito che con questa rubrica tentiamo di recuperare in qualche modo alla scuola :
scuola maestra di vita
Dobbiamo anzitutto dire che occorre il massimo rispetto all'infanzia.
Risuonano nella mente le parole di Gesù: Lasciate che i bambini vengano a me.
Non possiamo assumere un atteggiamento di disimpegno davanti a loro: l'infanzia ha estrema
necessità di essere aiutata.
E' la complessità di questa società , di questa cultura che esige di puntare
sull'infanzia come risorsa della specie. Ogni cultura ,nasce, cresce , si sviluppa e poi
muore o si trasforma in qualcosa di nuovo: l'infanzia è l'anello di congiunzione è
l'età attraverso la quale è possibile conservare il passato , le cose buone del passato
per impegnare il futuro.
E' necessario allora farsi carico della crescita umana dei bambini, non possiamo assumere
una posizione di neutralità, l'atteggiamento dovuto alla convinzione che il bambino possa
farcela da solo , di lasciarlo venir su spontaneamente è un alibi di noi adulti che
nasconde di fatto il disinteresse per il possibile risultato. Non possiamo davvero
"lavarci le mani" e lasciare che siano altri , magari la legge a risolvere il
problema: ognuno di noi deve fare la sua parte.
Noi educatori in particolare abbiamo un compito fondamentale che è quello di aiutare
l'individuo a liberare e sviluppare le capacità.
E' la tensione al futuro della crescita che occorre tener presente: l'educazione comporta
infatti l'acquisto di conoscenze e abilità per un uso non solo immediato ma per il
futuro.
Dobbiamo tendere cioè all'acquisizione da parte dei bambini di abiti mentali richiesti
poi nella vita, negli affari, come cittadini e lavoratori. questa crescita , questa
tensione al futuro è oggi frenata dalle forti contraddizioni di questa società
post-moderna.
Esistono ancora casi di bambini abbandonati, di bambini abusati e non solo sul piano
fisico ma anche sul piano psicologico, di bambini manipolati e che assumono false
identità, di bambini dimenticati e non protetti dalla famiglia sempre assente nei momenti
decisivi, dalle cosiddette agenzie educative che invece di promuoverli li espellono anche
dal sistema formativo, di molti bambini che attraverso il lolitismo modello imposto spesso
dai mezzi di comunicazione di massa ma assecondato dai genitori sono stati precocemente
resi "grandi" e hanno avuto una infanzia negata.
Invito a leggere attentamente a questo proposito "il Rapporto del 1996 sulla condizione dei minori in Italia".
Il quadro che ne emerge dimostra che esistono ancora
condizioni di squilibrio: "un rischio povertà ancora troppo alto, una squilibrata
distribuzione delle risorse tra le generazioni, un'estrema parcellizzazione
dell'intervento socioeducativo e difficoltà di coordinamento amministrativo a livello
centrale e periferico"(Livia Turco).
Che cosa può fare dunque la scuola e in genere il sistema educativo?
Cerchiamo di vedere il fatto da un' angolazione che potrà apparire singolare : IL TERMINE
ALUNNO.
La definizione di alunno nasce dal considerare come preminente la prestazione.
E' alunno colui che segue una lezione, esegue dei compiti, viene interrogato ecc
Egli svolgendo delle prestazioni come alunno deve costantemente giustificarsi, se non
raggiunge uno standard prestabilito sarà allora etichettato come svogliato ecc
nella vita moderna sembrano purtroppo contare solo i risultati che si conseguono.
Quante volte sentiamo domandare :" cosa fa quel tale?"
piuttosto che "chi è quel tale?". In quel cosa fa quel tale vogliamo intendere
la sua professione , il suo lavoro, la posizione che occupa e il prestigio di cui gode.
Conta solo questo.
Quanto più si afferma questo sistema economico del mercato globale tanto più avanza il comune sentire che virtuosa è l'attività infaticabile , la disciplina severa e l'elevato senso di responsabilità.
La produzione a tutti i costi è la legge di questa società
industriale di cui l'uomo diventa un ingranaggio.
E' in questo modo dunque che l'uomo si realizza ?
Purtroppo i valori economici sono al vertice della gerarchia dei valori umani .
Questa mentalità produttivistica che, come abbiamo già affermato, oggi vuole entrare
anche nel mondo della scuola costituisce una minaccia per l' "umanità"
dell'uomo.
Il rischio è infatti di perdere di vista i valori più alti e il senso della vita.
Erikson parlava di "diffusione di identità" : l'uomo è solo un manager, un businessman, uno scienziato, un lavoratore, un avvocato un alunno
L'uomo diviso in tanti ruoli perde la sua identità : egli è poi
costretto da una concorrenza degli altri che lo minaccia, ad imporsi con le proprie forze
contro gli altri e a spese degli altri .
L'uomo vive di se stesso e si serve degli altri per i suoi fini personali.
Pensiamo all'interno dell'aula quante volte l'insegnante , ma anche gli stessi alunni, e
gli stessi genitori, mettono a confronto l'attività dei singoli: se io stesso mi mettessi
a confronto con un altro o sarei preso da orgoglio non collaborativo e dalla presunzione
d'essere superiore, oppure abbandonerei ogni sforzo per migliorarmi e di superare i miei
limiti. Dobbiamo invece assumere l'atteggiamento dell'atleta che corre contro i propri
limiti.
Si tratta allora molto semplicemente di rendersi conto che non sono
le prestazioni quelle che contano.
Non si vuole però stigmatizzare tutte le prestazioni.
Il lavoro come servizio, la collaborazione e la solidarietà , le ore dedicate anche a se
stessi e alla propria famiglia, il tempo trascorso nello studio, l'impegno solidale del
volontariato possono contribuire a ricostruire l'identità dell'uomo e a liberare la
libertà dando il giusto valore e senso alla realtà.
Occorre recuperare dunque le ragioni per cui l'uomo si autorealizza : esse si possono
riassumere nei valori della libertà e dell'identità , che richiamano in educazione il
concetto di valorizzazione delle differenze e di eguaglianza di opportunità.
Vediamo di considerare dunque l'alunno dal punto di vista
fondamentale: prima di essere un alunno è una persona, con le sue caratteristiche, i suoi
limiti, a cui occorre riconoscere la libertà
Noi stessi prima d'essere insegnanti siamo persone
con le nostre capacità, la
nostra intelligenza, i nostri limiti.
E allora l'insegnamento- apprendimento deve essere considerato come l' incontro di due
esseri che insieme costruiscono il sapere e si completano.
Praticamente.
Che male c'è se l'insegnante di fronte ad un alunno in difficoltà
lo aiuta?
Se un alunno non ha eseguito i compiti , lo aiutiamo a farli in classe , se un alunno non
ha studiato la geografia lo facciamo lavorare con il testo aperto consentendogli di
leggere e di riassumere. E' forse scandaloso ? E' scandaloso io ritengo che al termine
dell'anno scolastico quella persona venga "bocciata".
Entrando in classe la prima cosa da dire è con il sorriso sulle labbra : come state?
Avete voglia di lavorare? Il vostro lavoro è importante
è importante il lavoro di
tutti.
Si può iniziare allora con una attività guidata dall'insegnante
durante la quale occorre stimolare l'intervento di ognuno.
Certamente la lezione va preparata. Guai se entrassimo in classe senza aver bene in mente
cosa fare
L'autorevolezza viene dal lavoro e non è autoritarismo. Solo in questo modo si può
ottenere disciplina.
Prendiamo dunque come assunto che alla base della situazione di ragazzi che si trovano in
difficoltà sta una accentuata demotivazione che può essere originata da una situazione
di emarginazione precedente o determinata da mancanza di abilità d'uso degli strumenti e
da lacune nelle abilità di base
E' questa una strada che possiamo percorrere ?
Girio Marabini