(04.07.99)
LARCHITETTURA INDUSTRIALE IN CANAVESE
Larcheologia industriale
Larcheologia industriale è il campo di studi storici che analizza le testimonianze sul territorio e i resti materiali collegati al processo di industrializzazione: opifici, magazzini, doks, impianti minerari, ponti e ferrovie, macchine e meccanismi, villaggi e case operaie.
Linteresse per larcheologia industriale nasce in Gran Bretagna negli anni Cinquanta dallurgenza storiografica di conoscere e organizzare cronologicamente e concettualmente la rivoluzione industriale del XVIII sec. e dal bisogno di tutelare le tracce di un passato che la rapida riconversione produttiva e lintensa urbanizzazione del dopoguerra rischiavano di cancellare. Larcheologia industriale ha inoltre lo scopo di mettere in evidenza levoluzione dellarchitettura in funzione delle esigenze del luogo di lavoro e dellorganizzazione della produzione, che nel corso dei secc. XVIII e XIX hanno subito continue trasformazioni.
Ben presto lambito di interesse dell archeologia industriale si allarga dalle strutture in cui si svolgevano i processi produttivi e di trasformazione, sino a comprendere la memoria delle relazioni sociali, del lavoro, della cultura tecnica, nonché il settore delle infrastrutture strade ferrate, stazioni ferroviarie, porti, canali, aeroporti, autostrade.
Anche i suoi confini temporali si dilatano: vengono analizzate le diverse tappe che hanno preceduto lo sviluppo industriale del sec. XVIII, dalle varie forme della protoindustrializzazione (applicazione del motore idraulico alle macchine e primi procedimenti di lavorazione del ferro e della ghisa), fino a manufatti preesistenti come i mulini o gli edifici che ospitavano le manifatture protoindustriali, sui quali si sono spesso innestate le attività produttive della prima industrializzazione.
Negli anni Sessanta viene realizzato il primo parco-museo di archeologia industriale a Coalbrookdale, in Inghilterra, considerato emblematicamente il luogo di nascita della rivoluzione industriale. Qui infatti nel 1709 Abraham Darby era riuscito ad ottenere la fusione del ferro utilizzando il coke al posto del carbone a legna, dando così un impulso decisivo al decollo dellindustria inglese. Nello stesso luogo fu realizzato nel 1776 il primo ponte completamente in ghisa.
In seguito sorgono in Europa diversi ecomusei, comprendenti interi siti di archeologia industriale e spesso organizzati in percorsi didattici: tra i più noti i musei della siderurgia svedesi, francesi e belgi.
Negli anni Settanta si ottengono i primi risultati dal punto di vista della salvaguardia del patrimonio industriale ( è del 1973 il primo congresso internazionale sulla conservazione dei monumenti industriali), mentre si fa strada la consapevolezza che ai reperti più significativi delleredità del passato industriale vada riconosciuto il valore di beni culturali.
La possibilità di una tutela efficace è affidata principalmente al restauro orientato al riuso, da parte di enti pubblici e privati. E il caso di interi quartieri operai delle città cotoniere di Lowell nel Massachussetts, di Lodz in Polonia e di molti altri in tutta Europa.
A seconda di come lo si interpreti il recupero implica destinazioni duso diverse: da altre attività produttive ad attività terziarie, commerciali, turistiche, residenziali e culturali. Esempio famoso è la Gare dOrsay a Parigi, sede di un prestigioso museo.
In Italia interessanti esempi di archeologia industriale sono linsediamento protoindustriale per la lavorazione della seta voluto da Ferdinando IV di Borbone a San Leucio presso Caserta, gli stabilimenti Fiat del Lingotto a Torino, i padiglioni delle officine milanesi dellAnsaldo e le fabbriche Olivetti e i quartieri per operai e impiegati a Ivrea.
La ristrutturazione tecnico-economica della grande industria, che abbandona i propri insediamenti produttivi, ha fatto diventare sempre più pressante la questione delle cosiddette "derelict lands", grandi aree dismesse presenti allinterno del tessuto urbano.
La velocità delle trasformazioni tecnico produttive e lemergere di nuovi settori industriali rendono obsoleto un numero sempre maggiore di impianti e di edifici; cominciano a far parte dell archeologia industriale del XX sec. costruzioni come la torre di lancio dellApollo a Cape Canaveral, in Florida, ma anche gli impianti nucleari degli anni 50 e 60 e i grandi elaboratori elettronici della prima generazione, che costituiscono i capisaldi dellidentità della nostra epoca.
Larchitettura industriale in Europa
Con il termine architettura industriale si definiscono tutti gli edifici destinati a ospitare attività produttive industriali. Si incomincia a parlare di architettura industriale dalla metà del 700, cioè a partire dallinizio della rivoluzione industriale.
Lattenzione a questo tipo di edilizia, da sempre considerata "minore", nasce dallesigenza di trovare una corrispondenza tra contenuto e contenitore, tra le leggi che governano la produzione e quelle che determinano la forma di un edificio.
Fin dallinizio i caratteri dellarchitettura industriale sono ben definiti, anche perché vincolati a pesanti problematiche impiantistiche, così come sono determinati dal rapporto di contrapposizione con larchitettura "artistica" sette e ottocentesca.
Si predilige luso di materiali dichiaratamente poveri; si esclude lornamentazione e la decorazione, riducendo drasticamente gli elementi del lessico classico; si scelgono volumetrie e forme libere da ogni regola preordinata, dettate esclusivamente dalla funzionalità.
Fin dal principio è evidente lattenzione alleconomia dei costi, che porta al concetto di serialità.
A partire dal sec. XVIII gli sviluppi dellindustria siderurgica, grazie ai quali si andavano ottenendo materiali qualitativamente migliori e prodotti su grande scala (v. acciaio), diedero il via alle grandi sperimentazioni ingegneristiche, che investirono anche le tipologie edilizie destinate allindustria.
Larchitettura industriale divenne un vero ambito di sperimentazione tecnologica e costruttiva, stimolato dalle esigenze dellattività produttiva.
Alla storia degli edifici industriali è così intrecciata una storia dei materiali e dei componenti edilizi: ne è un esempio lintroduzione dei pilastri e delle travi, nelle strutture e nelle coperture, realizzati dapprima in ghisa e ferro e più tardi in cemento armato.
Ma quella dellarchitettura industriale è pure una storia delle tecniche costruttive, dallaccorgimento tecnico dellilluminazione unidirezionale dallalto, quasi sempre da nord, di estese superfici (il cosiddetto shed) , fino allodierna tecnica della prefabbricazione.
Il largo impiego dei nuovi materiali e ladozione di forme funzionali razionalmente concepite aprono il nuovo secolo delle costruzioni industriali. Agli schemi con un solo piano si aggiungono tipi a più piani o a grande sala con diversi livelli, come le numerose strutture di cemento armato, fra le quali la FIAT Lingotto di Torino progettata da M. Trucco nel 1926, con una pista di prova ad anello sul piano di copertura.
Larchitettura industriale diventa una parte integrante dellarchitettura moderna. Il movimento razionalista dedica molta energia al dibattito sullarchitettura industriale, al quale partecipano architetti italiani come G. Pagano e G. Terragni.
La libera orientazione dei volumi nello spazio, articolata su schemi aperti, è fra i caratteri dellarchitettura razionalista quello di più chiara radice industriale: la necessità di organizzare i processi produttivi definisce schemi funzionali rigorosi, ricchi di successioni e di accostamenti volumetrici non precostituiti, ma aderenti alla varietà dei percorsi dei processi di produzione.
In seguito, con la revisione dei temi razionalisti, larchitettura industriale si orienta verso soluzioni più complesse e articolate, quali ad esempio le fabbriche di Alvar Aalto in Finlandia.
Oggi la progettazione dei complessi industriali riguarda un settore piuttosto specialistico, non solo per larticolazione delle esigenze produttive, ma anche per la complessità dellimpiantistica. Per la realizzazione di nuovi capannoni è molto diffusa la tecnica della prefabbricazione, con lutilizzo di strutture in cemento armato o in acciaio.
Lindustrializzazione in Canavese: esempi di architettura industriale
Nel 1901 la città di Ivrea contava 11.696 abitanti e la popolazione dei 112 comuni del Canavese arrivava complessivamente a 183.540 unità, di cui il 45% era dedita allagricoltura e il 18% allindustria e al commercio. Leconomia canavesana era quindi basata ancora sullagricoltura ed era caratterizzata dalla conduzione diretta dei fondi e dal frazionamento della proprietà terriera.
La produttività del lavora in agricoltura era molto bassa a causa dello sfavorevole rapporto tra la giornata lavorativa e la superficie di terreno lavorato.. Molto diffuso era ancora lallevamento del baco da seta che rappresentava unimportante fonte di reddito oltre il normale circuito di sussistenza della famiglia contadina canavesana.
Allinizio del Novecento il commercio in Canavese era limitato allo smistamento dei prodotti locali fra comune e comune, con un certo irradiamento verso il Biellese e su Torino, supportato dalla fitta presenza di mulini, peste per canapa, frantoi, telai familiari per la lavorazione della tela, fucine e piccoli impianti di vario artigianato. Ma gli innumerevoli salti dacqua lungo le pendenze dei fiumi, ponevano il Canavese nelle migliori condizioni idrografiche per quanto riguarda la possibilità di ottenere forza motrice per lindustria.
Nei secoli anteriori allindustria avevano provveduto soprattutto i piccoli centri con lavorazioni di lana, lino e seta. Moltissime fornaci e fucine erano dislocate lungo i corsi dacqua e le zone boschive: una sorta di manifattura domestica che provvedeva i manufatti e gli attrezzi necessari alla vita rurale, era sorta dalla II metà del 700.
Le campagne rappresentavano un serbatoio quasi inesauribile di manodopera a buon mercato.
Nella II metà dell800 la lavorazione del cotone aveva preso volto di vera attività industriale in senso moderno. Ai piccoli opifici degli imprenditori locali o impiantati da intraprendenti padroni venuti dalla Svizzera, si erano presto affiancati grandi edifici a più piani, sorti per iniziativa di gruppi finanziari-industriali organizzati su base azionaria.
Nel 1872 era sorta la Manifattura di Cuorgnè con lapporto della Banca Internazionale di Genova e del Credito Mobiliare, che impiegava 900 operai.
Di quegli anni sono anche i cospicui finanziamenti di compagnie francesi e svizzere per la Manifattura di Pont, sorta nel 1825 e che dava lavoro a 2000 operai allo sbocco delle Valli dellOrco e del Soana.
A capitale misto italo-svizzero erano le società che gestivano la Manifattura di Rivarolo (1600 operai) e un cotonificio a San Giorgio Canavese (300 operai).
Anche la lavorazione della seta era presente in Canavese con i setifici di Torre Balfredo (500 operai), Chiaverano (130 operai), Agliè e Bairo.
Intorno al 1870 in Canavese erano attive moltissime industrie di piccole dimensioni per le più varie produzioni: a Ivrea vi erano due fonderie, unofficina metallurgica, una fabbrica di arredi in ferro, una di zolfanelli, una di pesi e misure, tintorie, concerie, distillerie, una cereria, una fabbrica di acque gasate, fornaci per laterizi e una di quadrelle in cemento.
Borgofranco era già nota per la produzione della birra, cave e fornaci di calce erano a Lessolo, Montalto e Pont Canavese. A Travesella, in Valchiusella erano attive le miniere di ferro e rame, con le annesse fonderie. A Parella vi era una cartiera, dove sorgeranno le Cartiere Bosso, e a Caluso una manifattura di tessuti.
In questo periodo gli industriali tessili si impegnarono anche sul fronte della comunicazione su rotaia: nel 1883 i cotonieri Chiesa e De Planta diedero vita alla Società Anonima per la Strada Ferrata e le Tranvie del Canavese, per il collegamento di Ivrea con Santhià e quindi Milano. Nel 1886 era già stata attivata la Ferrovia Centrale Canavesana su un percorso di 34 km. da Settimo Torinese a Cuorgnè (inizialmente con traino a cavalli, poi a vapore).
Nel 1886 lo Stato prolungò fino ad Aosta la linea ferroviaria Chivasso-Ivrea.
In seguito alla caduta dei prezzi agricoli in Europa e con ladozione della nuova tariffa doganale italiana nel 1887, leconomia piemontese e canavesana conobbe un periodo di forte crisi. Verso linizio degli anni 90 crollarono le principali banche di Torino e di conseguenza anche quelle di Ivrea. In quegli anni il sistema economico canavesano, rimasto fermo ai tradizionali moduli agricoli-manifatturieri, mostrò tutta la sua debolezza.
Allinizio del nuovo secolo, sotto la spinta delle forze del nuovo industrialismo che si sviluppava nei centri di Torino e Milano, anche in Canavese qualcosa si stava muovendo: i poco più di 90 stabilimenti industriali con 5644 operai attivi nel 1890 salirono a 224 con 7100 operai nel 1908, anno di fondazione della Olivetti.
Le amministrazioni dei comuni fecero di tutto per attrarre industrie mediante concessione di forza idraulica e talvolta anche elettrica, abolizione di tasse e dazi sullimportazione di materiali.
La Manifattura di Cuorgnè
Nel 1872 nasce la Società Anonima Manifattura di Cuorgnè che vede la presenza di imprenditori stranieri (svizzeri e tedeschi già in contatto con il porto di Genova) e di esponenti della finanza italiana.
A Genova vi era in quegli anni un grande fervore economico e imprenditoriale, in particolare dovuto agli stranieri che qui stipulavano gli accordi per lacquisto delle materie prime.
In quel periodo Cuorgnè stava vivendo un momento di crisi per le difficoltà dei braccianti, la chiusura di uno stabilimento metallurgico a Campore. Quindi lamministrazione comunale era ben disposta a spianare la strada per linsediamento di uno stabilimento manifatturiero; vengono concessi i terreni (espropriati), i diritti sulluso dellacqua del torrente Orco, oltre a un concorso alle spese di 81000 lire. Nel 1887 viene portata lenergia elettrica e la manifattura cresce fino allinizio degli anni 50, quando raggiunge i 1443 operai.
A partire dagli anni 50, con lo sviluppo dellindustria tessile nei paesi del terzo mondo, conosce un periodo di crisi che la porterà nel 1980 a 261 operai e alla cessione nel 1989 alla Compagnia Generale Finanziaria dei Cerruti che chiuderà definitivamente la manifattura nel 1992.
Le industrie di Ivrea e la Olivetti
Allinizio del XX secolo fiorirono a Ivrea numerose attività imprenditoriali, favorite dalla nuova politica di incentivazione industriale inaugurata dallamministrazione comunale eletta dopo le elezioni del 1906, legata allAssociazione Commercianti e Industriali. Molti imprenditori forestieri scelsero Ivrea per impiantare nuove fabbriche, mentre nella borghesia eporediese vi era una bassissima vocazione a investire capitali in settori non "tradizionali".
Tra le principali, la Società Anonima Rossari e Varzi di Galliate rilevò lex cotonificio Ceretto & Meynardi, dando lavoro a 100 operai. Negli anni 60 entro in crisi e chiuse allinizio degli anni 70.
La ditta Paul Zhan e figli di Milano, produttrice di catenelle dargento, acquistò nel 1908 laltura sopra Porta Aosta, costruendovi un edificio imponente che nel dopoguerra prese il nome di Argenterie Diatto. La sua chiusura risale agli anni 60.
Nel 1922 viene impiantata la Soie de Chatillon, già presente in Valle dAosta dal 1920, e dal 1923 inizia la produzione. Per far fronte alla richiesta di manodopera della nuova fabbrica cè un fenomeno di immigrazione dal Veneto e dal Friuli, anche di donne molto giovani che vengono ospitate in convitti di suore. Dal 1934 al 42 la fabbrica passa allIRI e dal 42 al 55 a un consorzio di industriali lanieri, per poi finire sotto il controllo della Edison nel 1955 e iniziare la produzione di fibre sintetiche (nylon).
Alla fine degli anni 60 lo stabilimento di Ivrea è entrato a far parte del gruppo Montedison, con il nome di Montefibre. Entrato in crisi allinizio degli anni 70, la fabbrica ha chiuso intorno alla metà degli anni 80.
Lindustria più importante per la storia del Canavese è stata la Olivetti, la prima fabbrica di macchine da scrivere fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, che già nel 1896 aveva fondato la CGS, fabbrica di apparecchiature elettriche trasferita poi a Milano.
Lo sviluppo urbanistico e architettonico di Ivrea nel 900 è strettamente legato alla storia della Olivetti.
La prima fabbrica in mattoni rossi viene edificata in una zona rurale, non lontano dallabitazione di Camillo Olivetti, lex convento di San Bernardino. Nel 1933 a Camillo si affianca, nella guida della fabbrica, il figlio Adriano, straordinaria figura di industriale-intellettuale. Egli chiamerà a Ivrea architetti e intellettuali per progettare insieme a loro lo sviluppo della Olivetti, consapevole delle responsabilità sociali dellindustria e del peso che essa ha, e non può non avere, sulla configurazione e modificazione di un territorio, delle sue possibilità di qualificazione o di degrado delle aree scelte per i suoi insediamenti.
Nella metà degli anni 30 inizia lo sviluppo dellasse di via Jervis che porterà nellarco di venticinque anni alla creazione di una vera e propria città nuova Olivettiana.
I principali protagonisti sono gli architetti milanesi Figini e Pollini, che progetteranno gli ampliamenti della fabbrica, la fascia dei servizi sociali, lasilo nido e alcune abitazioni per impiegati. Il loro lavoro, insieme a quello di altri architetti di fama internazionale, porterà alla creazione di un esempio unico allinterno del panorama architettonico italiano di età contemporanea.
Bibliografia:
Bibliografia architettura Olivettiana: