Il rapporto Storia/FilmSpesso coloro che si occupano di Storia, in particolar modo gli insegnanti, si interrogano sulla liceità di "fare Storia" utilizzando il linguaggio cinematografico, assegnandogli un ruolo del tutto marginale, quando non "pericoloso", in quanto si tratta di un mezzo "illusorio" e quindi inaffidabile.
Quali possono allora essere le motivazioni che nonostante tutto inducono a "fare Storia" con i film, o meglio con le immagini in movimento? Principalmente perché questo mezzo espressivo ci permette di portare alla luce elementi preziosi che, altrimenti, rimarrebbero nascosti.
Non ci troviamo, dunque, dinanzi ad uno strumento sostitutivo: il film, infatti, non sostituisce mai il testo scritto; non solo, ma offre un altro sguardo sulla Storia proprio perché la "mette in scena", ovvero la "rappresenta". Ora, proprio questo elemento, la "rappresentazione", ci permette di inserire un periodo storico in un quadro geografico corretto; a questo proposito, altri mezzi espressivi più utilizzati in questo campo, come la lingua o il testo scritto, non possono vantare la stessa efficacia. Non è possibile, per esempio, pensare al "campo di concentramento"se non rifacendosi a delle immagini che dello stesso ci sono state fornite da documentari o da finzioni cinematografiche.
L'immagine, dunque, è un veicolo privilegiato della memoria, tanto da essere ritenuta, a ragione, una "fonte storica" privilegiata; da qui l'alto valore didattico di questo mezzo, perché ci permette di condurre lo studente a visitare il passato e, talvolta, anche il presente.
Ma ciò che rende efficace ed attraente questo mezzo, rappresenta, nello stesso tempo, il suo limite, che consiste nella mancanza di una netta linea di demarcazione tra reale e fantastico, tra racconto e riproduzione. Ciò rappresenta anche la ragione per cui nel momento della sua utilizzazione, un insegnante non dovrebbe mai rinunciare alla sua fondamentale funzione mediatrice.
Film-documento/Film di finzioneNessun studioso, ormai, focalizza l'interesse solamente intorno al film-documento ritenendolo il solo mezzo visivo in grado di riprodurre la realtà fenomenica sulla quale si potrebbe poi lavorare criticamente. Questo perché i meccanismi manipolatori che stanno alla base del linguaggio cinematografico sono stati ormai portati alla luce e studiati in modo rigoroso; mi riferisco in particolar modo al montaggio, che incide pesantemente sull'attendibilità del documento e ne preclude una immediata utilizzazione come fonte diretta.
Del resto questo rappresentò il primo problema che si posero gli stessi realizzatori dei primi documentari al momento della liberazione dei Lager nazisti, ovvero quello di assicurare l'autenticità della realtà riprodotta.
Non solo, da subito, essi si posero un altro problema strettamente legato al precedente: la fruizione del prodotto stesso.
Si sostenne infatti, che il pubblico, di fronte a simili immagini, si sarebbe "assuefatto" dopo pochi metri di pellicola e di conseguenza, emersero forti dubbi sulla funzione educativa di simili prodotti perché il pubblico non andrebbe comunque mai ferito e un film, in genere, dovrebbe pur sempre intrattenere.
Emerse quindi la convinzione dell'impossibilità di rinunciare al racconto, alle forme narrative proprie della finzione.
A questo proposito, sarebbe opportuno che gli insegnanti mostrassero maggiore cautela nel proporre le immagini relative alla liberazione dei vari Lager (si pensa in particolare, alla puntata di "Mixer" dal titolo "Il dolore e la memoria", in questi ultimi anni, a mio parere, mostrata ad un numero troppo elevato di scolaresche italiane), da una parte perché. essendo così sconvolgenti, possono innescare meccanismi di difesa difficilmente controllabili, quando non provocare addirittura la negazione del loro essere reali, dall'altra perché, se alla loro visione non consegue necessariamente una rielaborazione all'interno di un quadro storico corretto, condizione questa che non sempre si verifica, la memoria di ciò che è accaduto difficilmente viene trasmessa.
I film di finzione, in questo caso, ci vengono in aiuto, dal momento che, pur non corrispondendo precisamente alle esigenze degli storici, quando non tradiscano la realtà storica di cui tentano di render conto, possono essere degli agenti efficaci per una presa di coscienza storica; possono, ed in alcuni casi lo hanno fatto, segnare profondamente l'immaginario degli spettatori. Innegabile è, infatti, il loro impatto emozionale. Questa è la grandezza, ma, come già rilevato in precedenza, anche il limite della fiction: è sufficiente la sola memoria emozionale per arrivare alla comprensione? Per comprendere un avvenimento storico è necessaria soprattutto una rielaborazione razionale.Cinema e televisione
Dal momento in cui assistiamo a un vero e proprio sviluppo industriale dell'immagine video, sviluppo che si consuma quotidianamente attraverso la televisione, dobbiamo ormai considerare il cinema non più come il veicolo privilegiato di trasmissioni di immagini, nemmeno di quelle storiche.
La televisione ha inglobato il film e, conseguentemente, lo ha banalizzato; ciò ha provocato, e in futuro provocherà sempre più, conseguenze irrimediabili nei confronti di questa forma artistica.
Oggi la costruzione della memoria collettiva non può prescindere dalla comunicazione audiovisiva e dalla sua "centralità"; ora, questa comunicazione si avvale prevalentemente del mezzo televisivo. È con questo tipo di comunicazione, così facilmente accessibile a tutti, che ci si deve confrontare.
Gli insegnanti, in particolar modo, devono saper affrontare questa varietà di materiale visivo e trovarne le corrette modalità di utilizzazione; mai, in nessun caso, devono rinunciare alla loro fondamentale e insostituibile funzione mediatrice.Cinema e Shoah
Le considerazioni esposte fin qui valgono, con ancor più forza, se applicate allo sterminio degli ebrei d'Europa compiuto ad opera del sistema nazifascista durante il periodo della Seconda Guerra mondiale.
Certamente in relazione alla Shoah, in particolar modo se ci si affida esclusivamente alle immagini d'archivio, noi ci troviamo di fronte a una rappresentazione perlomeno insufficiente.
Se rappresentare significa "presentare di nuovo", ovvero elaborare delle immagini che siano una nuova presentazione di quello che ebbe luogo, allora la maggior parte delle immagini d'archivio, e tra esse tutte quelle realizzate dagli Alleati, non corrispondono alla realtà perché la parte centrale di quella realtà - lo sterminio vero e proprio - o non è mai stata filmata o, in caso contrario, non è pervenuta fino a noi.
In questo caso, dunque, l'ambiguità della rappresentazione filmica consiste nel fatto che ciò che le immagini mostrano è incompleto, pur essendo scambiato con la realtà nel suo insieme.
Dunque, si corre il rischio che ciò che è dato a vedere passi per essere il tutto.
Questo materiale d'archivio ci dà quasi l'illusione che non ci sia niente al di là dell'immagine; conseguentemente, in questo caso, la stessa immagine inibisce l'immaginazione, che è elemento essenziale della memoria.
Anche in questo caso, allora, ci si può affidare al cinema di finzione. Tuttavia, proprio in relazione alla Shoah, mai il cinema è venuto a confronto con i propri limiti, mai l'incomunicabilità di quell'esperienza estrema è apparsa in modo così vistoso.
La rappresentazione della morte attraverso il gas si rivela oggi più che in passato un tabù difficilmente trasgredibile; lo stesso Spielberg, nell'opera più realistica e aderente alla realtà storica che sia mai stata realizzata sulla Shoah, "Schindler's List", lo ha doverosamente rispettato.
Da qui l'opportunità di far ricorso ad opere che basino la loro narrazione sul non-detto, sul suggerito, quando non sull'immaginato.
Occorre infine considerare il fatto che la maggior parte dei film che fanno riferimento alla Shoah, oltre a essere largamente minoritari rispetto alla produzione cinematografica tutta, sono ben lontani dall'esprimere ciò che noi oggi sappiamo sull'argomento.
Per la maggioranza dei realizzatori, la Shoah ha solo una funzione secondaria, svolge per lo più la funzione di quadro di fondo. Spesso serve esclusivamente per drammatizzare la recita filmica.
La Shoah è spesso evocata, più raramente rappresentata. Forse questa è anche la ragione per cui solo a volte è ricercata la credibilità su un piano