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L'autoanalisi di circolo
di Dani Scaini (dirigente scolastico - III circolo di Sanremo)

 

Il tema dell’autoanalisi di Circolo è particolarmente correlato con il tema della qualità della scuola e con le esigenze espresse dalla Carta dei Servizi.

"La scuola, con l’apporto delle competenze professionali del personale e con la collaborazione ed il concorso delle famiglie, delle istituzioni e della società civile, è responsabile della qualità delle attività educative e si impegna a garantirne l’adeguatezza alle esigenze culturali e formative degli alunni, nel rispetto di obiettivi educativi validi per il raggiungimento delle finalità istituzionali." (Carta dei servizi della scuola - Direttiva n. 254 del 21/7/95 in attuazione del D.P.C.M. del 7/6/95).

Se il Progetto Educativo di Circolo (PEC) è uno strumento (documento) attraverso cui la Scuola rende trasparente e leggibile ciò che fa e perché lo fa ed assume responsabilità nei confronti dei risultati che produce, allora, diventa essenziale un momento di analisi e controllo che permetta di valutare la proposta formativa, l’adeguatezza fra la dichiarazione dei propri fini e obiettivi e i risultati conseguiti sul piano educativo. E’ un processo necessario agli stessi operatori della scuola e indispensabile per gestire la complessità interna e esterna.

Su questo tema pensiamo di avere tanto da imparare. Forse serve discuterne e ragionare insieme procedendo senza pregiudizi ma anche con strumenti rigorosi di raccolta, controllo e analisi dei dati, sostenuti da una deontologia professionale aperta alle possibilità ma severa nella verifica

... Il progetto educativo di circolo (PEC), elaborato dalle singole scuole, contiene le scelte educative ed organizzative ed i criteri di utilizzazione delle risorse e costituisce un impegno per l’intera comunità scolastica. Integrato dal regolamento di circolo, definisce in modo razionale e produttivo, il piano organizzativo in funzione delle proposte culturali, delle scelte educative e degli obiettivi formativi elaborati dai competenti organi della scuola. In particolare, regola l’uso delle risorse del circolo e la pianificazione delle attività di sostegno, di recupero, di orientamento e di formazione integrata" (Carta dei servizi della scuola, Direttiva n. 254 del 21/7/95 in attuazione del D.P.C.M. del 7/6/95).

Un elemento particolarmente rilevante ed innovativo della Carta dei servizi della scuola è il capitolo riguardante la "Valutazione del servizio" in cui si afferma che:

"Allo scopo di raccogliere elementi utili alla valutazione del servizio, viene effettuata una rilevazione mediante questionari opportunamente tarati, rivolti ai genitori e al personale .. I questionari, che vertono sugli aspetti organizzativi, didattici ed amministrativi del servizio, devono prevedere una graduazione della valutazione e la possibilità di formulare proposte..... Alla fine di ciascun anno scolastico, il collegio dei docenti redige una relazione sull’attività formativa della scuola che viene sottoposta all’attenzione del consiglio di circolo".

Queste indicazioni di valutazione del servizio da parte dell’utenza sono l’inizio di un percorso che è necessario fare se si vuole:

La cultura della qualità vuole sostenere lo sviluppo di un modo nuovo di essere della scuola che, attraverso la valorizzazione di tutte le risorse professionali interne, anzitutto si proponga di perseguire, con la massima efficacia ed efficienza possibili, gli obiettivi che le sono propri, sviluppando coerentemente i programmi d’azione e traducendoli in risultati chiaramente identificabili e valutabili.

La qualità si presenta perciò come la condizione per attuare, gradualmente ma realisticamente, il rinnovamento della scuola anche secondo le indicazioni della Unione Europea, in base alle quali essa è considerata come: "Un luogo di vita strutturata a sistema dove interagiscono molteplici attori (allievi, insegnanti, genitori, autorità locali, ecc.), un luogo delle regolazioni delle risorse esistenti, un’organizzazione che può offrire servizi al contesto nel quale intrattiene relazioni dinamiche ed interdisciplinari" - libro verde della CEE 29/9/93.

La diffusione della cultura della qualità nelle scuole, così come intesa dal MPI, non si realizza nella semplice applicazione di norme, ma richiede che ogni singola scuola accetti la fatica di un percorso e di un’esperienza trovando, in se stessa, anzitutto, le risorse e la determinazione necessarie a raggiungere un risultato valutabile. E’ un cammino pluriennale che implica forti motivazioni e un lavoro costante per migliorare "il fare scuola" quotidiano

Il clima organizzativo

Il clima organizzativo è una nozione che ha costituito la base di molti tentativi di studiare le organizzazioni trattandole non solo come realtà strutturali ma utilizzando anche un approccio di tipo psicologico. In effetti il clima è una dimensione soggettiva, e ha a che fare quindi con i sentimenti, gli atteggiamenti, le percezioni delle persone.

Il complesso degli studi su questo argomento converge infatti nel definire il clima come l’insieme delle percezioni che gli individui che vivono e operano nell’ambito di una organizzazione hanno dell’organizzazione stessa: dei suoi aspetti strutturali, delle attività che vi si svolgono, delle relazioni che si instaurano. Il rapporto che si può stabilire tra clima e qualità passa perciò attraverso il concetto di motivazione: - uno dei principali fattori che concorrono alla realizzazione di un prodotto/servizio di qualità è il coinvolgimento delle persone che lavorano nell’organizzazione, in modo da renderle attivamente partecipi dell’impresa generale di ricerca del successo.

La motivazione è ciò che mobilita le energie psicofisiche dell’individuo organizzando il comportamento verso uno scopo. Essa è in genere strettamente correlata al livello di accettazione, stima, fiducia che un ambiente manifesta nei confronti di un soggetto, in modo da rafforzare la sua fiducia in sé. Il bisogno di autostima e di essere stimato dagli altri è fondamentale per ogni individuo, che sarà perciò attratto dalle situazioni in cui questo bisogno ha maggiori probabilità di essere soddisfatto.

Nell’ambiente scolastico la realizzazione di un clima sociale positivo riguarda sia l’organizzazione in generale, per motivare il personale (direttivo, docente, amministrativo. ausiliario) a dare il meglio di sé in relazione agli scopi da perseguire, sia la classe, per coinvolgere effettivamente gli alunni nel processo di "formazione umana e critica della loro personalità".

Le variabili che concorrono a definire un clima organizzativo possono essere classificate in molti e diversi modi. Mi sembra che le dimensioni più significative nell’ambiente scolastico possono essere: - le comunicazioni; - i gruppi e il senso del potere; - gli stili direttivi; - il rapporto costi/benefici; - gli aspetti fisici dell’ambiente; - l’immagine della scuola; ed il suo sistema di verifica e valutazione non solo degli alunni ma anche dei processi di insegnamento attivati.

La scuola come sistema complesso

Proprio perché richiede un sistema di operazioni complesso, la produzione del servizio scolastico deve essere attentamente presidiata in ogni sua fase e deve vedere un monitoraggio attento e costante dei fattori in gioco. Deve essere realizzata una programmazione operativa che individui con chiarezza, autonomia e responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, che individui precisi meccanismi di riporto e strumenti di controllo. Tutte le risorse utilizzate (competenze del personale, motivazioni e capacità degli allievi, dotazioni e strutture, informazioni ... devono essere oggetto di azioni identificate di mantenimento e sviluppo.

Il progressivo interessamento delle teorie dell’organizzazione ai sistemi scolastici trova una spiegazione nella consapevolezza - prima teorica e, successivamente, politica - della complessità e della importanza del rapporto fra le istituzioni della scuola ed i contesti in cui esse sono chiamate a svolgere il proprio compito formativo.

I. Bassotto (in Dirigenti Scuola n°5/95) individuare tre diversi paradigmi con cui è stata studiata l’organizzazione scolastica.

La scuola come "organismo": è l’approccio che fa riferimento alla Teoria Generale dei Sistemi (Von Bertalanffy, 1969) e che si basa su una concezione della organizzazione centrata sui principi di "equilibramento", "equifinalità", "integrazione", mutuati dai paradigmi della ricerca biologica. In altri termini l’organizzazione scolastica sembra essere interpretabile - come qualsiasi altro sottosistema della società - nei termini della aggregazione di più risorse (integrazione) per il conseguimento di obiettivi comuni (equifinalità), secondo una strategia cooperativa volta alla fornitura di un prodotto (o servizio) ad una utenza ben determinata e conosciuta (equilibramento). Il presupposto di queste teorie è che le organizzazioni nascano, vivano, si trasformino in funzione dei loro scopi e obiettivi; e che, in virtù di essi, elaborino al proprio interno - o assumano dall’esterno - le tecnologie necessarie al proseguimento dei risultati che si prefiggono.

La scuola come "arena": partendo dalla constatazione della presenza del conflitto fra scopi individuali e di gruppo (Argyris, 1972) e facendo propri i contributi delle teorie della motivazione (Marlow, 1954) e della leadership (Selznick,1957), si sono andati affermando dei paradigmi di analisi delle organizzazioni di tipo "negoziale", ovvero come sistemi paragonabili ad una sorta di "campo di gioco" (o "arena") in cui i soggetti sono chiamati a contrattare di volta in volta scopi e strategie per il loro perseguimento. In questo senso anche la scuola può essere letta come una costruzione sociale, le cui "azioni collettive" sono soggette a "razionalità limitata" (Simon, 179), in cui le parti (o sottoinsiemi) sono connesse da "legami deboli" (March & Olsen, 1975), i giochi (o strategie) del "potere" si confrontano in maniera antagonistica sulla base di norme "burocratiche" ascritte (Crozier-Friedgerg, 1978).

La scuola come "impresa": la scoperta e la valorizzazione della sostanziale ambiguità e complessità (Morin, 1977) delle organizzazioni ha portato a ripensare la dinamica organizzativa in chiave dialettica fra individuo e gruppo, cooperazione e conflitto, ordine, disordine ecc., in una costante e sistematica ricerca di un equilibrio, che non è il punto di arrivo, ma la molla che spinge le organizzazioni a progettare continuamente il proprio cambiamento. E’ questo il senso della metafora dell’"impresa" applicata alle organizzazioni: non nel senso tayloristico di sistema di produzione, ma in quello rinascimentale delle "audaci imprese" cavalleresche o romantico dell’"umana avventura". Secondo questo punto di vista gli individui non collaborano nell’organizzazione per un ordine naturale superiore (come le parti di un organismo), né per quell’estremo residuo di scambio negoziale che lega l’interesse degli individui a quelli della struttura in cui operano (come in una squadra di calcio che gioca nello stadio), bensì per una consapevole ed intenzionale strategia, che accomuna le persone ed attribuisce alla organizzazione una sorta di identità sovraindividuale (Crozier, 1987).

Prospettare una propria identità alla singola scuola porta ad individuare nella dinamica del cambiamento (che a scuola si chiama "innovazione") il processo mediante il quale gli individui e le organizzazioni cercano un punto di equilibrio tra bisogni individuali ed esigenze del sistema. Tale principio assume una rilevanza ancora maggiore in quel particolare tipo di organizzazione no-profit che è la scuola: in essa, infatti, l’attenzione ai bisogni dell’utenza (che è il motore di qualsiasi azione organizzativa) risulta affievolita (quando non azzerata) dal complesso delle "guarentigie" con cui gli "attori" in essa operanti si sono assicurati (per le ragioni storicamente anche più plausibili) la propria indipendenza dai contesti e dalla domanda sociale (Romei, 1991).

Il problema è, dunque, quello di recuperare un rapporto dialettico e costruttivo fra offerta del servizio scolastico e bisogni dei destinatari dello stesso: ciò che si prefigge, appunto, la strategia della qualità (Collard, 1991).

In altri termini si tratta di creare quella "cultura organizzativa" che per le persone operanti nella organizzazione è data dai modi di risolvere i problemi di integrazione interna, mentre per l’organizzazione in sé è rappresentata dai principi di fondo che ha imparato a gestire per adattarsi alle condizioni ambientali esterne ed alla loro domanda di servizi (Gagliardi, 1986). Si tratta di una interpretazione della organizzazione scolastica dalla quale emerge una idea di scuola come luogo di apprendimenti dei diversi attori sociali. In ciò consiste, per l’appunto, la "qualità" della scuola, che non è commisurata semplicemente al prodotto (risultati scolastici degli alunni), ma alla capacità del sistema di realizzare l’"impresa" di creare le condizioni per un apprendimento costante da parte di tutti i soggetti ed i sottosistemi dell’organizzazione.

 

La scuola si valuta

Un sistema complesso che eroga un servizio deve essere valutato sistematicamente per misurarne l’efficacia e garantirne l’efficienza. Anche la scuola deve essere valutata, tanto più che ora si apre ad una autonomia di organizzazione e di gestione. Di questa necessità sono pervasi, come si può vedere, tutti i sistemi scolastici europei passati all’autonomia.

In Italia il disegno di legge prevede l’istituzione di un servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico nel suo complesso e delle singole unità scolastiche.

Il progetto di circolo costituisce al tempo stesso "la cornice e il motore" del processo di implementazione della qualità delle prestazioni di una unità scolastica.

Promosso dal Collegio dei docenti e coordinato e diretto dal Dirigente scolastico, il Progetto, articolato su un arco temporale biennale e triennale, può prevedere: - l’individuazione delle aree critiche del processo formativo e di apprendimento e le eventuali disfunzioni dei servizi scolastici; - la definizione degli standard prestazionali qualitativamente soddisfacenti; - la definizione degli obiettivi intermedi e finali per l’adeguamento qualitativo delle prestazioni; - la predisposizione degli strumenti organizzativi e delle incentivazioni funzionali agli obiettivi individuali; - la definizione delle responsabilità operative nell’articolazione degli interventi; - la definizione dei tempi di realizzazione; - la predisposizione dei criteri di verifica, controllo e valutazione in itinere ed ex post del progetto.

Si possono ipotizzare alcune fasi o tappe di percorso. In una prima fase è opportuno che ogni Circolo, all’inizio del progetto, sia in grado di fare una lista delle caratteristiche della propria azione (attraverso un questionario o forme di interviste particolarmente accurate). Si tratta di un vero e proprio check-up di Circolo: si rilevano i principali punti di forza sui quali esso può far leva per migliorare la qualità del servizio offerto e mettere in luce i principali punti di non-qualità che determinano una caduta dei livelli di soddisfazione dell’utente e dell’adeguatezza complessiva della formazione erogata. Vengono così individuate alcune aree di intervento e miglioramento.

La seconda parte del progetto potrà costituire i gruppi di lavoro-miglioramento incaricati di studiare il risultato dell’autoanalisi e di mettersi allo studio per migliorare alcuni punti deboli della propria organizzazione. Per esempio i problemi individuati potrebbero essere: l’accoglienza ai nuovi alunni delle classi prime; la valutazione formativa; i carichi di lavoro degli alunni ecc. I risultati dei gruppi di miglioramento, poi, orientano l’attuazione dei programmi operativi, attentamente e frequentemente verificati e valutati.

Per quanto riguarda le aree di intervento la scuola è chiamata a rispondere ad una molteplicità di aspettative e di richieste che provengono dai vari soggetti con cui intrattiene un rapporto di interscambio. In questo interscambio si esprime anche una duplice dimensione della scuola che rappresenta sia un servizio rivolto ad una utenza e sia una funzione in quanto organismo delegato dalla collettività ad assicurare la formazione per gradi e quindi può intervenire a modificare la stessa domanda di formazione e a stimolare nuove aspettative. In rapida sintesi si possono individuare come interlocutori: l’alunno con una domanda principale di benessere; la famiglia con aspettative di riuscita, di successo; le istituzioni sovraordinate con richieste di adempimenti; il mercato locale con esigenze di abilità, la struttura produttiva con una domanda di competenze; ed il contesto sociale e culturale con sollecitazioni in merito a valori e comportamenti.

Un’attenzione tutta particolare merita il capitolo degli indicatori di qualità, in base ai quali è possibile un’azione di miglioramento. In termini educativi potremmo dire che "l’indicatore è composto da informazioni statisticamente valide relative ad aspetti significativi del sistema educativo; fornisce un sistema per misurare progressi o regressioni nel tempo, di un gruppo di allievi sottoposti ad un trattamento; è rappresentativo della politica scolastica". (Conferenza US/OEC 1987).

L’indicatore è quindi uno strumento che consente di rilevare gli elementi qualificanti di un determinato processo e richiede la qualificazione del fenomeno mediante l’individuazione e la scelta di variabili.

Il miglioramento della qualità richiede che venga misurato sia il prodotto (o l’efficacia) del servizio prestato e quindi la soddisfazione degli utenti, i risultati di apprendimento ottenuti , il successo nel successivo grado di istruzione; e sia il processo (o l’efficienza) di erogazione del servizio e quindi l’utilizzo delle risorse (umane, di attrezzature, finanziarie), le modalità di organizzazione, le procedure di programmazione e valutazione, le collegialità e l’attività didattica.

Nel contesto di un Progetto Educativo di Circolo (PEC) è possibile ipotizzare l’introduzione di alcuni strumenti operativi in grado di interessare tanto le funzioni di management quanto quelle più propriamente didattiche. In sintesi l’introduzione di:

  1. strumenti di autodiagnosi della qualità finalizzati alla autovalutazione sistematica delle prestazioni del sistema sulla base di indicatori, parametri e soglie prestazionali di carattere qualitativo e quantitativo;
  2. strumenti per l’autocertificazione e la trasparenza procedurale finalizzati alla descrizione delle principali funzioni didattiche ed organizzative, dal livello "micro" dell’unità operativa (classe) al livello macro dell’Unità Scolastica;
  3. strumenti per l’ideazione e l’implementazione della qualità finalizzati alla individuazione di soluzioni organizzative e modalità didattiche capaci di garantire un elevamento verso l’alto della qualità e delle prestazioni del sistema;
  4. strumenti per la valutazione dei risultati raggiunti che consentano l’attribuzione dei riconoscimenti professionali ed economici ai docenti impegnati con successo in attività di qualificazione;
  5. strumenti per la promozione della qualità (progetti editoriali centralizzati) che consentano la massima visibilità del ruolo sostenuto dai docenti e la massima circolarità delle idee e dei programmi d’azione intrapresi, per i quali sia stato possibile certificare l’efficacia operativa

L’autodiagnosi qualitativa delle prestazioni interessa tanto le funzioni gestionali e organizzative quanto quelle più strettamente didattiche, ed ha per obiettivo l’individuazione di parametri e soglie di efficacia ed efficienza relativamente:

ad alcuni indicatori strutturali della qualità dei processi e del prodotto formativo delle unità scolastiche pensate come sistemi e come agenzie formative operanti in un specifico contesto socio-territoriale;

ai bisogni ed alle aspettative di un’utenza individuale (studenti, famiglie) e di "mercato" (sistema produttivo) e collettiva (Istituzioni scolastiche e comunità locale).

L’impostazione di una prospettiva di autodiagnosi non può, ovviamente, non avere ben presenti le caratteristiche della scuola e cercare di comprenderla sempre meglio.

In estrema sintesi si può ricordare che la scuola è:

E’ ancora il caso di rilevare che se è vero che molti aspetti del lavoro scolastico devono essere innovati, è pur vero che ogni innovazione deve essere sperimentata e valutata criticamente, ed in seguito consolidata con opportune iniziative di documentazione e di diffusione.

Il processo continuo di specializzazione delle funzioni e di integrazione, sia all'interno che verso l'esterno, è caratterizzato da una serie di conflitti, per i quali occorre trovare sempre nuove forme di regolazione.

Apprendimento organizzativo

Mi sembra di poter coerentemente tratteggiare il modello organizzativo a cui mi sono ispirato e che ritengo possa essere utile aver presente, nel contesto normativo e sociale attuale. E’ stato definito modello cooperativo-collegiale per le sue caratteristiche di apertura, flessibilità e collegialità. I criteri distintivi possono essere riassunti nei concetti di: condivisione da parte dei soggetti interni ed esterni coinvolti con una mediazione ricorrente e la valorizzazione delle convergenze; partecipazione che promuove il confronto nella discussione collegiale e nella consultazione e sollecita i contributi con una divisione dei compiti e rotazione degli incarichi; trasparenza che implica la possibilità di sapere in ogni momento i soggetti agenti, le attività avviate, le decisioni presi ed i documenti elaborati; gradualità con l’elaborazione del primo documento e integrazioni e modifiche successive; ciclicità o andamento ricorsivo dall’obiettivo, al controllo, alla revisione; pianificazione nelle sue varie fasi di definizione degli obiettivi, indicazione dei risultati attesi, articolazione dei soggetti, attribuzione dei compiti e delle fasi di lavoro, quantificazione dei tempi, analisi dei vincoli, stima delle risorse.

La massima efficacia di questo modello si attua quando viene favorita la possibilità del passaggio da un apprendimento individuale ad uno organizzativo. L’apprendimento organizzativo avviene quando i membri dell’organizzazione agiscono come attori di apprendimento per l’organizzazione, quando cioè, informazioni, esperienze, scoperte, valutazioni di ciascun individuo diventano patrimonio comune dell’intera organizzazione fissandole nella memoria dell’organizzazione, codificandole in norme, valori, metafore, mappe mentali in base alle quali ciascuno agisce. Se questa codificazione non avviene gli individui avranno imparato, ma non le organizzazioni.

Le caratteristiche dell’apprendimento organizzativo (il suo qualcosa in più in rapporto alla somma degli apprendimenti individuali), vanno rintracciate nelle proprietà strutturali dei contesti di interazione sociale (vedi l’ampia letteratura socio-psicologica sul tema). Da qui deriva che il vero sviluppo dell’apprendimento è quello che si verifica con l’"apprendere ad apprendere" la disponibilità costante delle organizzazioni alla "messa in discussione" delle routine.

Tra apprendere ed agire c’è un continuum: nel senso che si impara agendo. Il conoscere in azione (Shon, 1983) è il cuore stesso dell’idea di apprendimento organizzativo.

L’impresa che apprende incoraggia l’apprendimento dei singoli e contemporaneamente modifica se stessa. Gli studi sul pensiero organizzativo riflettono sulle modalità in cui si processano informazioni cioè diversi tipi di conoscenze o competenze.

Lo schema concettuale del modello dell’apprendimento organizzativo ha conquistato una sua fisionomia precisa anche come modello di azione innovativa in particolare nell’enfasi data ai contesti culturali come spazio e veicolo fondamentale per il cambiamento. L’idea di usare il cervello come metafora utile alla comprensione delle organizzazioni apre strade nuove ed "eccitanti", sostiene Morgan. Mentre nelle teorie organizzative tradizionali ci si preoccupa di studiare come far comunicare le diverse componenti organizzative, la metafora del cervello ci induce a considerare l’organizzazione stesa come "un sistema cognitivo, come qualcosa capace non solo di agire ma anche di pensare".

Per imparare ad apprendere, condizione essenziale è rimanere aperti nei confronti dei cambiamenti ambientali. In altri termini questo significa che la sfida a progettare organizzazioni capaci di innovarsi è dunque la sfida a progettare delle organizzazioni che sappiano autorganizzarsi. Infatti se l’organizzazione non risultasse in grado di cambiarsi alle idee che produce e sostiene, finirebbe con il bloccare le stesse innovazioni che promuove (Morgan, 1990).

Sono proposti quattro principi guida per sviluppare un approccio ai problemi organizzativi orientato all’apprendimento: - accettare l’errore e l’incertezza come condizione standard di chi opera in ambienti complessi; - privilegiare approcci che partano dall’esigenza di prendere in considerazione più punti di vista; - prendere in considerazione l’esigenza di definire e verificare i vincoli oltre agli obiettivi nei processi di pianificazione. Questo comporta che l’organizzazione deve pianificare quello che vuole evitare e non solo quello che vuole raggiungere.