Direzione didattica di Pavone Canavese

26.08.2006

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Riforma riformata 2
I bambini da salvare
di Rodolfo Marchisio

(segue dalla precedente puntata)
 

Provo a citare alcuni "bambini" della Riforma che non butterei con l’acqua, perché mi sembrano utili e perché li sto verificando condivisibili da molti (aldilà del "polo" di appartenenza):

  1. Lo spostamento di ottica, di attenzione, dalla scuola dell’insegnamento a quella dell’apprendimento e (insisto, ma lo dice anche la R.) della formazione. Apprendimento non inteso come logica dei risultati, ma come spostamento della attenzione dal docente al ragazzo ed ai suoi processi. Senza mai dimenticare la formazione e l’orientamento nel mondo.
  2. Una migliore individualizzazione (vogliamo chiamarla personalizzazione?) del nostro lavoro. Meno generica di oggi, ma anche poco meccanica e non solo legata a schemi e procedure (UDA – OSA – PSP ecc…)
  3. Un percorso che coinvolga e renda più consapevoli i docenti, partendo non tanto da prassi schematiche, ma dal ripensamento critico, con altra ottica di quello che già fanno.

Sto provando a far costruire (alcune) UDA a colleghi delle medie, ad aiutarli a districarsi fra almeno 15 definizioni del termine competenza, per scegliere, per provare a definire e declinare delle competenze in una ambito molto ristretto. Che i docenti declinino tutte le competenze o costruiscano tutte le UDA di tutte le prassi e lo scibile scolastico è una delle folli illusioni di questi tempi; che da oggi imparino o reimparino a collegare un progetto, una ricerca o attività con le competenze che queste mettono in gioco, è possibile e necessario. Non sterili esercizi sulla R. o sulle sue sigle vissute come estranee; piuttosto sperimentare che riordinare e ripensare le prassi, i laboratori, le esperienze di questi anni o del futuro, guardandole con altri occhi, è un intervento formativo, perché ci abitua a ripensare cose consuete, non estranee, dando loro un senso e scopi diversi.

Costruisce senso critico e consapevolezza. Talora condivisione.

4.     Portfolio - Valutazione. Al di là di quello che si salverà del p. dopo la risposta del garante ai quesiti del Ministero:

  1. la valutazione va riformata, i docenti devono rivederla con senso critico
  2. non possiamo prescindere da una valutazione formativa
  3. anche attraverso la costruzione e sperimentazione di prassi e strumenti di reale autovalutazione con scopi di consapevolezza e formazione
  4. un confronto ed una condivisione non demagogici coi genitori, nel rispetto di ruoli e professionalità diverse: la valutazione va spiegata, condivisa, documentata, anche per uscire dalla soggettività e dall’arbitrio
  5. un piccolo dossier, un confronto continuo coi ragazzi (la condivisione, come la democrazia non si spiega, si sperimenta) e momenti periodici coi genitori: senza subordinazione verso i nostri utenti primari né verso quelli secondari, senza difese corporative, con consapevolezza del nostro ruolo che implica, da sempre, capacità di confronto
  6. Meglio un p. leggero adattabile al contesto (e "togli e metti") che documenti percorso e valutazione piuttosto che la soggettività che diventa arbitrio o la facile, pericolosa illusione delle prove oggettive e dei test
     

5.    Valutazione esterna. Posto che i risultati di qualsiasi lavoro, specie con persone, tanto più in età evolutiva, non si possono giudicare solo dai risultati (troppi fattori in gioco e troppo complessi gli intrecci fra loro), deve crescere nelle scuole autonome la cultura della autovalutazione di Istituto; su diversi parametri, ma che non possono prescindere da storia e contesto: attraverso monitoraggi, questionari, test. Anche un monitoraggio mirato con questionari anonimi è una forma di comunicazione (indiretta e quantitativa) coi genitori o coi ragazzi. Una delle tante da mettere in relazione fra loro.

6. Autovalutazione di Istituto quindi come valutazione esterna legata alla verifica e riprogrammazione del POF, ma anche come livello intermedio fra la valutazione didattica e formativa e la valutazione generale, il confronto, per quanto possibile, a livello di sistema nazionale. Un occhio al contesto locale ed un altro a quelli comuni (quartiere, regione, paese..)

7. Un sistema di confronto a livello nazionale. Non come "livello di produzione da raggiungere" a tutti i costi, ma come elemento di confronto, riflessione, messa in discussione e stimolo; e quindi anche di equità sociale in contesti diversi. Per le scuole, ma anche per la società che in base al confronto a più livelli (scuola, reti di scuole, regione, paese) su una serie di parametri (che non siano solo i test dell’Invalsi) può trarre indicazioni per una rivalutazione dei contesti ed una redistribuzione delle risorse.
Come detto, le prove Invalsi (metodologicamente discutibili) in questo senso non sono affidabili, danno dati in contrasto coi monitoraggi, coi dati e i riscontri delle scuole, con i dati PISA Ocse 2003. Un dato nazionale italiano come dimostrano i dati PISA Ocse 2003 (su cui torneremo) ha scarso senso, perché le varietà regionali e locali dei risultati, ma anche della incidenza dei vari parametri sono molto ampie, anche in relazione ai dati europei.

8. Mancano inoltre, come punto di riferimento anche per il lavoro Invalsi (come detto nella relazione di presentazione Invalsi dello scorso anno per spiegare la scarsa affidabilità dei test) i famosi Standard nazionali. Penso sempre di più che non abbia senso legarli a conoscenze, abilità, competenze. Che il sistema nazionale debba, in dialogo con le scuole autonome, con le dimensioni regionali ecc… indicare standard di grosse competenze sociali e formative generali come punti di riferimento del sistema. Eventualmente anche soglie minime di competenze; concordate e con valore di riferimento verso il basso, non prescrittive, vista la gamma di contesti e variabili.

9. Resta da capire meglio, almeno per me, quale definizione di competenza condividiamo, visto che le competenze sarebbero il motore nascosto di tutta questa parte della Riforma.

E visto che i docenti dovrebbero imparare a ragionare sulle competenze, a metterle in relazione con conoscenze e abilità, nella costruzione di UDA, PSP…
Ho letto la norma, le circolari, seguo il dibattito, ma credo che:

    1. non siamo ancora arrivati alla chiarezza ed alla condivisione né su standard né su competenze (cosa sono, a cosa ci servono e come usarle).
    2. Per costruire prassi che possano funzionare ed essere condivise e usate dai docenti, occorre semplificare le procedure proposte.

    3. Sono sicuro che, per motivi di dissenso politico, di incompletezza o scarsa coerenza della norma e del quadro, per pigrizia la grande maggioranza dei docenti non metterà in pratica una riforma farraginosa e poco applicabile. Soprattutto poco condivisa.
      Basta guardare i dati del Ministero sulla non applicazione della R. stessa: non solo sui "punti caldi" o nelle regioni "rosse" ed a cominciare dalle scuole private che sono più indietro delle altre.
    4. Il punto critico sarà il confronto e l’incontro, la sintesi fra le riflessioni e le esperienze delle scuole e quelle degli altri livelli (dagli EELL, alle regioni, al livello regionale) o degli altri interlocutori. Soprattutto su Standard, competenze… Come coniugare la autonomia reale con la confrontabilità e l’equità sociale che ne può derivare.
    5. Infine: la autonomia (normativa o curricolare) è (da sempre) una presa in giro senza la possibilità di gestire (maggiori) risorse. Soldi e organici.

Note.

1- per le relazioni sui dati PISA OCSE 2003 vedi  www.sisform.piemonte.it/risultati.html

2- Approfondimenti su valutazione e portfolio e dibattito

3- Dibattito sul "nuovo corso" post-Moratti

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