Direzione didattica di Pavone Canavese

Scuola maestra di vita

03.09.00


Con la riforma dei cicli
ci si ricorderà anche della "cultura del lavoro" ?

Dopo un periodo di attenzione ai fatti di cronaca scolastica, una cronaca in questi ultimi tempi contrassegnata da ritardi ed errori (vedi la vicenda dei trasferimenti) e anche omissioni (vedi il mancato avvio delle trattative per il contratto dei Dirigenti),vorrei tornare a parlare della Scuola come luogo pedagogico e fatto educativo.

L'occasione mi è data dall'insediamento, prima dell'estate, della commissione che entro settembre (!) dovrà provvedere a disegnare la forma e la sostanza della nuova scuola italiana dando appunto corpo e anima alla riforma dei cicli.

In questa sede diamo pure per scontato che la commissione riuscirà a raggiungere l'obiettivo, seppure siamo scettici e pensiamo che la vera intenzione sia quella di perdere tempo nella recondita speranza di molti che , elezioni politiche incombenti, tutto decada e la riforma resti lettera morta. Non dico cosa io penso della riforma... ma voglio dare, in tutta umiltà, una prima indicazione alla commissione.

Molto opportunamente il Ministo ha inteso soprassedere alla revisione dei curricoli in sede di attuazione dell'autonomia stante la necessità di avviare la riforma dei cicli.

Ciò vuol dire comunque anche prendere atto che i curricoli attuali hanno una loro validità e possono costituire una buona base di partenza.
La stessa commissione dei saggi poi, lo ricordate, non era riuscita a dare una formulazione gran che diversa dalle acquisizioni della ricerca pedagogica che aveva portato ad esempio alla formulazione dei programmi della scuola media , dei programmi della scuola elementare, degli orientamenti della scuola materna degli stessi programmi Brocca...

La commissione non potrà non tener conto del passato, di quanto di buono la scuola militante ha saputo produrre, nè potrà fare a meno di tener conto delle acquisizioni della ricerca pedagogica...

Ed ecco la questione che in tale quadro sento di dover sollevare: nel fondare i curricoli del futuro bisogna assegnare al lavoro uno spazio centrale.

Occorre infatti riscoprire il ruolo e il valore pedagogico del lavoro.

Mentre oggi straripa l'etica del non lavoro occorre restituire al lavoro dignità.
Il lavoro non è solo un fatto di economia ma è soprattutto un fatto di esistenza, di esistenza pulita ed utile, di esistenza sana.

I grandi pedagogisti del passato ne erano consapevoli.

Comenio nella "Didactica Magna" scriveva " ... anche nelle scuole dunque i ragazzi devono imparare a scrivere scrivendo, a parlare parlando, a cantare cantando, a raziocinare raziocinando ecc..., affinchè le scuole non siano nient'altro che officine, dove si lavori fervidamente. Così soltanto , tutti, proprio per pratica e per effetto dei felici risultati, sperimenteremo la verità del motto: a forza di fare si riesce a fare ossia: col fare si impara "

A Stans Pestalozzi mirava a fondere insieme l'apprendimento con il lavoro"..Propriamente io mirava ad unire ed a fondere insieme l'apprendimento con il lavoro, la scuola che istruisce con quella in cui si lavora" Egli non nascondeva le difficoltà per realizzare un tale intendimento, che già ai suoi tempi erano legate alla formazione del personale , alle attrezzature ma anche agli spazi (vedi il nostro articolo "Riforma della scuola: la questione degli spazi educativi")

Per Lambruschini poi il lavoro manuale era strumento dell'educazione morale e valido sussidio dell'educazione intellettuale (In Guida dell'Educatore) . Tuttavia il lavoro educativo deve avere uno scopo ed essere produttivo ed interessante.

"(...) In qualunque maniera uno procuri ai ragazzi un lavoro di mano, egli avrà nel tempo stesso procurato loro una preprazione e un'occasione di utile esercizio intellettuale; purchè 1)il lavoro abbia uno scopo determinato; 2) produca qualche cosa; 3) abbia importanza agli occhi del fanciullo"

Si comprende benissimo come queste tre semplici regole siano di estrema attualità per una scuola, quella di oggi, che sembra tendere ad una attività per progetti e di tipo laboratoriale (vedi regolamento autonomia).

E in questo rapido excursus non posso dimenticare il Dewey.

In Scuola e Società egli ha affrontato il tema del lavoro in modo preciso e puntuale con argomentazioni ancor oggi valide.

" Una società consiste di un certo numero di individui tenuti insieme dal fatto di lavorare in una stessa direzione in uno spirito comune, e i perseguire mire comuni. Le esigenze e gli scopi comuni esigono un crescente scambio di idee e una crescente unità del sentimento di simpatia. la ragione radicale per cui la scuola presente non può organizzarsi come naturale unità sociale è proprio l'assenza di questo elemento di attività comune e produttiva. Nel campo da gioco , così nei guochi come nello sport, l'organizzazione sociale si relizza spontaneamente e inevitabilmente . C'è qualcosa da fare , certe attività da svolgere , che esigono naturali divisioni divisioni del lavoro, scelta dei capi e dei gregari , e mutua cooperazioen ed emulazione. Nell'aula scolastica , la ragione e il cemento dell'organizzazione sociale fanno egualmente difetto. Sotto l'aspetto etico la debolezza tragica della scuola presente consiste nel fatto che essa si adopera a preparare futuri membri dell'ordine sociale in un ambiente in cui sono in gran parte assenti le condizioni dello spirito sociale"

La scuola di oggi non è cambiata.

In molte realtà tutto ancora funziona più o meno così: l'insegnante prepara la lezione, la propone ai suoi alunni, gli alunni studiano ed eseguono i compiti, quando va bene, tre interrogazioni a quadrimestre, tre compiti in classe e valutazione finale.

Promossi o bocciati! E'una situazione paradossale, lo riconosco.

Il nocciolo della questione è comunque questo: rendere la scuola sempre più vicino alla vita e alle sue dinamiche.

Si tratta dunque di modificare la scuola nel movente, nello spirito e nell'atmosfera.

L'atmosfera della scuola dove avviene una pura assimilazione di fatti e di verità precostiutite non facilita certo la crescita e rende artificiale, noioso l'apprendimento.
In quel tipo di scuola l'unico metro per misurare il successo , è il trionfo nella competizione, è il voto più alto, il confronto dei risultati.
Occorre sicuramente passare allora da una scuola della ripetizione meccanica e dei compiti ad una scuola che riesce a creare una atmosfera capace di liberare energie creative, a sviluppare solidarietà e mutua cooperazioene e non competizione .

Hessen nei "Fondamenti filosofici della Pedagogia, ha così chiarito il senso e l'importanza della scuola del lavoro:

" ...Il vero lavoro ha carattere sociale , ed è capace di unire e di creare, mentre il semplice sforzo solo raccoglie i giovani in uno stesso luogo ed impone a ciascuno la ripetizione di una stessa opera. In questo senso il vero lavoro è sempre permeato più o meno , di una creatività che assicura la crescitadella personalità del lavoratore e perciò stesso la soddisfa. "

Il vero problema dunque non è quello di liberare l'uomo dal lavoro ma di rendere il lavoro creativo.

La scuola del lavoro allora è "lavorativa solo in quanto ravvisa il proprio scopo nel sostituire il lavoro effficiente al lavoro puramente meccanico".

E' bene a questo punto precisare per non cadere nell'equivoco in che senso va intesa la scuola del lavoro; lo facciamo ricordando un passo di F.De Bartolomeis in Introduzione alla didattica della scuola attiva, La Nuova Italia Editrice, Firenze.

L'autore era consapevole del fatto che la scuola attiva all'inizio era stata denominata anche scuola di lavoro e che ciò sembrava dar ragione a coloro che avevano visto nell'educazione nuova un attacco a fondo conro lo studio e le occupazioni intellettuali. Bisognava puntualizzare il valore di una scuola fondata su di una adeguata conoscenza del'infanzia e sul lavoro creativo.

" Che l'attività nella scuola nuova non abbia un senso anticulturale è dimostrato dai fatti seguenti:

a) una concezione sociale e culturale del lavoro, la quale presuppone un nesso organico tra esecuzione manuale, interessi e ricerche riguardanti il campo dello studio;

b) l'accento messo sull'importanza dell'esprssione...

c) l'importanza data a quel complesso di relazioni sociali che richiede per via naturale l'autocontrollo e l'autogoverno. "

Il fatto educativo è dunque comunicazione e azione: comunicazione perchè lo scopo dell'istruzione è quello di trasmettere informazioni da un sistema d'insegnamento (insegnante, libro, altre fonti) ad un sistema di apprendimento (l'alunno).

Tale trasmissione non avviene in modo meccanico ma necessità della partecipazione attiva del ricevente.(azione)

L' educazione secondo il Bruner infatti non è solo la mera trasmissione di cultura ma è la formazione di un "potere" mentale che consente a ciascuno di effettuare la ricerca per la costruzione di una personale cultura.

Alla commissione il compito di trovare uno spazio adeguato alla cultura del lavoro 

Girio Marabini