Direzione didattica di Pavone Canavese |
(11.03.2005)
Occhio alla penna! -
di
Marco
Guastavigna
Un annetto fa circa riflettevo sul mio palmare.
Questa volta voglio ragionare su di un altro "giocattolino" comunicativo, che il mio figliolo si è fatto regalare per il suo compleanno e che è finalmente arrivato qualche giorno fa: la penna illustrata in fotografia, con la quale è possibile trasformare in digitale un testo scritto in origine su carta.
Come funziona questo aggeggio?
La "penna digitale" memorizza il "vergato", una connessione USB si incarica di passare il tutto al PC, un software di riconoscimento trasforma il file ricevuto in materiale elaborabile con un qualsiasi programma di videoscrittura.
Il tutto a due condizioni:
a. scrivere su supporti cartacei appositi, che interagiscono con la penna affinché essa "archivi" nella sua memoria quanto andiamo scrivendo;
b. un training di una trentina di minuti, mediante il quale il programma apprende le caratteristiche della nostra grafia.
Insomma, un altro dispositivo di comunicazione di fascia alta, destinato ad utenti particolari, disposti a spendere un po' di quattrini per godere gli ultimi vantaggi dell'High Tech. Come il mio palmare - ma anche come il macchinario del mio dentista.
Il mio figliolo ha convinto me (e sua madre, la vera difficoltà) all'acquisto con un'argomentazione molto lineare. "Vado all'Università, prendo appunti, li scarico sul mio PC, li rielaboro". Insomma, la portabilità del supporto di scrittura tradizionale e la rapidità acquisita in anni e anni di scrittura "manuale", associate alla flessibilità ed alla riproducibilità del digitale.
Fin qui i vantaggi.
Esaminiamo però ora gli svantaggi (a parte i costi), o per lo meno i condizionamenti: alla già citata dipendenza dall'apposito supporto cartaceo, va infatti aggiunta quella dal tempo di carica della penna.
Che cosa consegue a questa sia pur sommaria analisi? Che a mio figlio, affinché usi in modi produttivi e sensati i vari dispositivi di scrittura di cui dispone (dalle "vecchie" alle "nuove" penne, passando per il PC e magari il palmare paterno in prestito), è richiesta una buona consapevolezza in merito al contesto e alle finalità della sua elaborazione intellettuale e dei suoi percorsi e processi di apprendimento. Egli dovrà infatti saper valutare se e quanto gli appunti che si accingerà a prendere potranno davvero essere oggetto di rielaborazione o se, invece, essi saranno autosufficienti e stabilizzati fin dal momento in cui vengono presi. Solo nel primo caso, infatti, varrà davvero la pena di utilizzare la penna digitale e l'apposito supporto cartaceo, non fosse altro che per i costi. Diversamente, saranno più che sufficienti una penna (o, meglio, una matita) ed un supporto del tutto tradizionali - oltre a concentrazione, ordine, rigore, capacità di sintesi e così via, tutti aspetti del processo cognitivo connesso al prendere appunti a cui le tecnologie in quanto tali possono, ahimé, dare ben poco.
Siamo di nuovo di fronte ad una questione davvero non poco, soprattutto se consideriamo che nel frattempo i palmari sono arrivati per esempio nelle mani dei controllori di Trenitalia, ovvero che è possibile ipotizzare che ciò che può sembrare inizialmente tecnologia di nicchia possa divenire, prima o poi, tecnologia diffusa, con prezzi via via ridotti.
Con ogni probabilità, quindi, chi vuole scrivere si troverà di fronte a tecnologie via via diverse, ma integrate ed integrabili tra loro, sempre più usabili (non si dimentichi che la loro usabilità - nel senso specifico che a questa parola danno Nielsen e Norman è una condizione fondamentale per convincere li consumatori a comperare gli oggetti, soprattutto quelli ad alto contenuto tecnologico), da impiegare a seconda dei casi. E quindi chi vuole scrivere vedrà diventare elemento costitutivo delle sue competenze comunicative anche la valutazione di vantaggi e svantaggi, economici, ergonomici e cognitivi dell'uso di ciascuna di esse in rapporto a contesti e finalità di scrittura.
E quindi, come già il (mio) palmare, anche la penna digitale (di mio figlio) è un'occasione per riflettere sul rapporto tra pratiche* tecnologiche e competenze dell'elaborazione intellettuale. Ripropone la necessità di interrogarsi sul nuovo e di esplorarlo; ci fa ancora una volta capire che l'atteggiamento più corretto rispetto alle tecnologie di comunicazione (sia "ferraglia" sia "programmi") è la messa a preventivo di frequenti modificazioni attente e coscienti non solo delle strategie e degli automatismi logico-procedurali precedentemente conseguiti, ma anche della rappresentazione mentale di insieme degli orizzonti ergonomici e cognitivi da esse costruiti e/o implicati.
Se questo è vero, dal punto di vista della scuola appaiono davvero misera cosa le recenti indicazioni ministeriali relative alle TIC per la secondaria di primo grado, ridotte per l'ennesima volta al conseguimento dell'ECDL e poco più, non fosse altro che per la visione statica e miope (viene congelato il "presente tecnologico" e lo si spaccia per futuro) che le ha generate. Le pratiche tecnologiche utilizzabili nel contesto "ufficio" con le finalità "esecutive" del lavoro subordinato (a cui viene dato un valore fondante che si rivela del tutto illusorio se solo si analizza l'insieme con un po' di buon senso) sono, inoltre, quanto di più lontano sia possibile concepire da una buona competenza comunicativa nel senso che ho dato a questa espressione fin qui e che credo sia la sola che possa contribuire a costruire una piena "cittadinanza digitale".
*. Uso volutamente l'espressione "pratiche", per dare una valenza iper-riduttiva a ciò che troppo spesso viene chiamato competenza. In realtà potrebbe andare benissimo l'espressione "abilità". Non che non si possa parlare di competenze tecnologiche. Questa espressione è a mia giudizio però del tutto corretta in un solo caso, ovvero quando anche il contesto e le finalità, e non solo le azioni, le procedure, i dispositivi e così via, siano a loro volta autenticamente ed esclusivamente tecnologici. E questo a scuola succede solo in alcune situazioni e solo in rapporto ad alcuni insegnamenti particolari e specifici. Trasversalmente e generalmente, la scuola scrive, comunica, promuove l'autonoma elaborazione intellettuale .
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