(05.10.2016)
Quando la foresta di
Birnam viene a Dunsinane
Due
recenti interessanti articoli hanno cercato di attirare l’attenzione sulla
valutazione dei dirigenti scolastici. Franco De Anna con
La valutazione dei Dirigenti Scolastici: in attesa
delle linee guida e del modello operativo
e Antonio Valentino con
La
verità, vi prego, sulla figura del DS in vista delle
Linee Guida per la valutazione
hanno tratteggiato in maniera esaustiva e come sempre encomiabile il perimetro
dei possibili interventi. Le reazioni sono state modeste e spesso limitate ai
social “chiusi” dei dirigenti scolastici dove molti hanno “denunciato” i bassi
stipendi, i grandi carichi di lavoro, l’eccesso di reggenze, la poca
considerazione dell’amministrazione, l’eliminazione dei vicari, l’attuazione
confusa della legge 107/2015, le nomine in ritardo insomma tutto quanto sarebbe
più urgente della nostra valutazione.
Inoltre molti – ma in privato cioè lontano dagli occhi
dell’opinione pubblica e degli insegnanti – hanno lamentato che il bonus è stato
quasi una trappola e la chiamata diretta di diretto ha avuto ben poco. Mentre
tra Gae, assegnazioni provvisorie, utilizzi, trasferimenti i diritti dei docenti
hanno come e più di sempre prevalso sull’efficienza della scuola. Cose tutte
abbastanza risapute in un clima generale in cui le oggettive maggiori risorse
sia economiche sia umane non sono state apprezzate come un’ulteriore
possibilità, ma spesso vissute come un’ennesima inefficienza da attaccare. Cose
tutte già viste in cui la visione dirigenziale va a scontrarsi con l’idea
impiegatizia della professione.
Succede però a volte che le cose vengano dette e poi quando
avvengono tutti cadono dalle nuvole. La valutazione del dirigente scolastico c’è
scritta e a chiare lettere sulla normativa che ci riguarda, ma noi abbiamo
sempre pensato che in un modo o nell’altra l’avremmo sempre scampata. E così
sono passati quindici anni. Poi però la foresta di Birnam comincia a muoversi e
noi a Dunsinane non ci capacitiamo. Ma ce l’avevano detto, come le streghe lo
avevano predetto a Macbeth.
PERO’ SE SI
VALUTA QUALCUNO VIENE BOCCIATO
Io credo che
la questione anche dopo le Linee guida
verterà su un solo punto, quello sollevato da Giovenale circa 2000 anni fa: “Quis
custodiet ipsos custodes?”
Questo è un punto che in Italia ha sempre avuto successo e che credo avrà
successo anche questa volta per bloccare qualsiasi valutazione reale. D’altronde
un “custode” ci ha messo del suo per avvelenare i pozzi: le minacce
dell’ispettore Max Bruschi via Facebook hanno chiarito come l’idea della
vendetta privata covi dietro qualunque italica procedura, anche quella di
maggiore derivazione anglosassone. Tutto questo ha come elemento finale un solo
reale problema: qualcuno viene per forza di cose bocciato. Possiamo inventare
tutti i sistemi di valutazione del mondo e cambiare tutti i valutatori: al
termine di una valutazione qualcuno viene bocciato e costui o costei ricorrerà
ai vari tar disponibili per dimostrare che il valutatore ha avuto torto, che c’è
stato un boicottaggio, che non ha potuto raggiungere i risultati perché non
ha avuto le risorse e non ha potuto scegliere i docenti. Insomma
difficilmente davanti a valutazioni basse qualcuno si dichiarerà d’accordo.
Andiamo poi ancora un po’ di più nel fondo del problema: esiste qualche
dirigente scolastico che merita di essere valutato negativamente? Direi proprio
di sì. Le Linee guida permetteranno
di capire prima chi sarà valutato negativamente? Direi che ciò è impossibile,
perché le Linee guide potranno solo
prefigurare un percorso in cui tutti potranno esprimere sia al meglio (o al
peggio). Dunque “De te fabula narratur”,
caro Stefano Stefanel. E dunque Stefano Stefanel si allarma e cerca di correre
ai ripari preventivamente cercando di muovere sindacati e associazioni di
categoria per fermare una valutazione, che una volta partita porterà a degli
esiti che, quando saranno negativi, lasceranno solo una parte dei dirigenti
scolastici col “cerino in mano” visto che quelli valutati positivamente saranno
contenti e si faranno i fatti propri. Così come è avvenuto col bonus premiante
dove gli scandali sono stati vicini allo zero, i ricorsi anche perché chi ha
incassato i soldi è stato zitto e contento e chi non li ha incassati ha
preferito glissare e agire sotto traccia. Quindi grande scandalo prima perché
poi non c’è più spazio per la protesta.
ELEMENTI DI CRITICITA’
Sarà comunque interessante vedere cosa prevedono le
Linee guida. Intanto però è possibile
fare un breve elenco di alcune criticità della nostra professione partendo dalle
varie antinomie rinvenibili in molti comportamenti professionali. Faccio quindi
un elenco di condizioni contraddittorie che – se valutate – potrebbero portare
ad esiti negativi. Mi limito in questo breve contributo alla discussione (per
non lasciare solo l’amico Franco De Anna) ad analizzare cinque antinomie.
1.
Dispersione scolastica.
La lotta alla dispersione scolastica è uno dei punti di forza di ogni politica
di sistema. Supporti allo studente generici, tradizionalismo nelle valutazioni,
medie matematiche, alto tasso di bocciature o di sospensione, studenti di
quindici o sedici anni nel primo ciclo, falcidie di studenti negli istituti
tecnici e professionali contraddicono la sbandierata idea di lotta alla
dispersione. Che interventi ha messo in atto il dirigente scolastico e
soprattutto in che modo è intervenuto nel processo di dispersione per fermarlo?
Queste sono domande che portano a dati certi: soldi spesi, ore effettuate,
risultati, ottenuti, personalizzazione dei percorsi, analisi dei risultati in
uscita. La difesa delle bocciature nell’ambito di un recupero della dispersione
è solo la presa d’atto che il dirigente può anche essere un semplice burocrate
controllore che non incide sul processo che costituisce un essenziale obiettivo
dello Stato. La criticità in questo caso apparirebbe subito agli occhi di un
potenziale valutatore che si trovasse a misurare il rapporto tra “dichiarato” e
“agito”.
2.
Innovazione e ricerca didattica.
Sia il d.lgs 165/2001, sia la legge 107/2015 mettono l’accento sull’innovazione
e la ricerca: a parole tutti noi dirigenti siamo a favore dell’innovazione e
della ricerca didattica. Poi però andando a scavare nei fatti ci si trova
davanti ad un conservatorismo molto spinto, con la ripetizione di stantii riti
che risalgono agli anni settanta del secolo scorso (consigli di classe, collegi
docenti, programmazioni, ecc.) in cui l’innovazione viene costretta sotto tutta
la restante burocrazia. Per cui si redigono inutili e lunghi curricoli ma poi si
programmano “programmi”, si personalizzano a parole gli apprendimenti ma poi si
continuano a somministrare compiti in classe tutti uguali, si valuta
normativamente ma poi lo si fa con le medie matematiche, si chiamano innovazioni
pratiche didattiche obsolete di vent’anni fa o si fanno crescere i progetti
lasciando intatti i programmi. Anche qui un’analisi approfondita può portare a
qualche sorpresa, perché l’innovazione è per sua natura un elemento di rottura
con il passato e la ricerca didattica si fa solo attraverso chiari criteri
scientifici.
3.
Gestione dell’organico dell’autonomia.
Anche qui al di là delle squinternate esternazioni dell’ispettore Bruschi
potrebbe essere interessante verificare come è stato utilizzato l’organico
dell’autonomia per la realizzazione del PTOF. Questo comporterebbe la gestione
dell’organico attraverso un monte ore annuale programmato plurisettimanalmente
(come previsto anche dalle legge 59/97 e dal CCNL del 29/11/2007) per realizzare
una vera progettualità di supporto. Anche qui sarebbe interessante verificare
quanta incidenza ha l’organico dell’autonomia sulla realizzazione del PTOF e
quanto invece viene utilizzato per mantenere intatto un esistente poco
innovativo e per nulla progettuale. Anche qui vedo qualche pericolo laddove la
valutazione cercasse di approfondire la reale azione dirigenziale.
4.
Gestione economica della scuola.
Fondi PON, Progetti Miur, Piano Nazionale Scuola Digitale, Fundraising,
contributi delle famiglie e quanto altro la fantasia italica mette in campo
costituiscono un’unica grande partita economica delle scuole. La gestione
economica è diversa da quella contabile, ma spesso non viene tenuta in grande
considerazione, fagocitata dall’inutile rito del Programma Annuale (reso
obsoleto dal PTOF, ma pare nessuno se ne sia accorto). Così magari non si
partecipa ai progetti PON, ma poi si cavilla sui 100 euro per un po’ di carta.
L’idea che la scuola pubblica sia tutta finanziata dallo stato non sta più in
piedi e gli interventi economici delle famiglie italiane sono bassi in rapporto
a quelli delle famiglie di altri stati europei. In molti colleghi prevale però
una mal celata ammirazione nei confronti di Dsga e assistenti amministrativi e
in molti altri invece traspare un eccessivo disprezzo: due eccessi che in un
corretto sistema di valutazione non potrebbero trovare grandi apprezzamenti
positivi. Le segreterie delle scuole sono un sistema inefficiente e
burocratizzato all’eccesso attraverso una serie di atti vissuti come
adempimenti. La cultura italiana dell’adempimento rende tranquillo chi vuole
coprirsi le spalle, ma ha forti tendenze paralizzanti. Potrebbe essere molto
interessante vedere quando il dirigente scolastico guida e dirige al sua
burocrazia e quando invece ne è schiacciato o le fa guerra. Anche in questo caso
al fine di valutare la sua reale competenza dirigenziale.
5.
Rapporti con il territorio.
Una valutazione positiva del dirigente scolastico non può che passare da un
sinergico rapporto con il territorio. Però poi si sente in giro di dirigenti
scolastici che vietano l’ingresso a scuola di attività organizzate dai comuni o
dalle associazioni, di feste delle scuole dell’infanzia vietate, di divieto di
mangiare le torte nei compleanni, di battaglie sui panini a scuola, di continue
lamentele nei confronti di enti locali allo stremo economico ed affiora l’idea
che molti colleghi ritengano la scuola una variabile indipendente dalla società
e non un’autonomia funzionale dello stato inserita in uno specifico territorio.
Anche in questo caso la valutazione è semplice e i rapporti con gli enti locali
e i cittadini del proprio territorio di riferimento sono pubblici e trasparenti.
Gli enti locali e il tessuto sociale sono soggetti legati a dinamiche proprie
dentro logiche sedimentatesi nel tempo in cui le pratiche sono spesso connesse a
localismi che non possono essere combattuti da decreti o disposizioni connessi
alla semplice legislazione scolastica che spesso confligge con i servizi locali.
Ci vuole buon senso nei rapporti col territorio e il buon senso è sempre
misurabile. Anche qui sarebbe interessante conoscere cosa ne verrebbe fuori da
un’azione valutativa.
La
valutazione dei dirigenti scolastici non è un tema che possa scaldare gli animi
di qualcuno: noi non andiamo in classe e per genitori e studenti siamo utili
solo a risolvere questioni, se le questioni sono risolvibili, sennò tutti sono
scontenti. Interessante sapere cosa i docenti pensano di noi, ammesso che siano
disponibili a dirlo. Ma di questo magari più avanti.