Lévi-Strauss, antropologo
strutturalista, nel corso dei suoi studi, ha analizzato il ruolo e la funzione delle
storie mitiche allinterno delle civiltà cosiddette "primitive",
intendendo con tale espressione i popoli privi non di organizzazione sociale o di cultura,
ma "privi di scrittura".
Buona parte della cultura orale di questi popoli è incentrata su storie mitiche che, se
ad una prima analisi possono apparire assurde e prive di logica, in realtà dietro
lapparente assurdità sono ricche di valori culturali e sociali, e nascondono una
logica che fa riferimento alla struttura sociale ed economica ed illustra il valore e
limportanza di alcuni riti o istituzioni sociali del popolo a cui il mito
appartiene.
Lévi-Strauss ha individuato nei miti il tentativo di spiegare, di dare un ordine alla
realtà naturale: "[...] ho cercato di mostrare come questi popoli, che siamo soliti
considerare completamente asserviti alla necessità di non morire di fame e di mantenersi
robusti solo per sopravvivere in condizioni materiali durissime, siano perfettamente
capaci di pensiero disinteressato, siano cioè mossi dal bisogno o dal desiderio di capire
il mondo intorno a loro, la natura e la società. Daltra parte, per raggiungere
questo scopo, essi impiegano strumenti intellettuali [...]" (Lévi-Strauss, Mito e
significato, pag.30).
Il mito non è quindi puro frutto della fantasia: luomo osserva la realtà e, usando
le proprie facoltà mentali, ne fornisce una spiegazione. Si tratta naturalmente di un
modo di procedere lontano dalla logica scientifica: ma lobiettivo non è quello di
scomporre la realtà e conoscerla negli elementi che la compongono, ma è la
"comprensione generale delluniverso - e una comprensione non solo generale, ma
anche totale" (Lévi-Strauss, Mito e significato, pag.31).
Il mito, in questo modo, offre alluomo "lillusione di poter comprendere
luniverso" senza fornirgli però la possibilità di esercitare su di esso un
maggiore controllo materiale.
Molti racconti mitici ruotano intorno al tema natura/cultura, affrontando il rapporto
esistente tra prodotti naturali e prodotti creati dalluomo e sviluppandolo
attraverso opposizioni (contrasto binario): gli elementi del mito sono cioè spesso in
opposizione gli uni rispetto agli altri. Così possono diventare elementi
"culturali" il nutrirsi di cibi cotti, coltivare vegetali o il silenzio, ed
elementi "naturali" i loro opposti, cioè nutrirsi di cibi crudi, raccogliere
vegetali che crescono spontaneamente e il rumore (elemento naturale per popoli che vivono
in prossimità di foreste).
In altri miti troviamo esseri umani in opposizione agli spiriti, i fratelli maggiori ai
minori, lautorità terrena a quella sacra, la luce al buio, ecc. E ci si può
spingere fino ad un più accentuato simbolismo quando si pensa al giaguaro non come
elemento naturale ma culturale, "solo perché collegato al fuoco da cucina
allinterno dei racconti stessi: il giaguaro sarebbe stato infatti il possessore
mitico del fuoco, prima che gli uomini riuscissero ad impadronirsene" (da U. Volli,
Manuale di semiotica, pag.264)
M.Harris spiega che la struttura binaria è riscontrabile anche nelle fiabe classiche: ad
esempio Cenerentola è buona, bella, ha piedi piccoli, è giovane e adotta un
atteggiamento passivo verso la matrigna e le sorelle, mentre le sorelle sono più vecchie,
più brutte, aggressive, con i piedi grandi.
Ma esistono dei punti di contatto tra mito e fiaba?
C.Levi-Struss, in Antropologia strutturale due, riflettendo sullopera di V.
Propp (Morfologia della fiaba) afferma limpossibilità di separare nettamente
i due generi, "è anzi possibile constatare come dei racconti, che hanno il carattere
di favole in una società, sono miti per unaltra, e viceversa" (Levi-Struss,
op.cit. pag.168).
Tuttavia lautore sottolinea che:
- mentre i miti si basano su forti opposizioni interne di carattere
cosmologico, naturale e metafisico tra gli elementi, le fiabe presentano opposizioni più
lievi, solitamente di carattere sociale o morale;
- poiché "la favola è una trasposizione attenuata di temi la cui
realizzazione amplificata è caratteristica del mito, la prima è sottoposta meno
strettamente del secondo al triplice criterio della coerenza logica, della ortodossia
religiosa e della pressione collettiva. La favola offre maggiori possibilità di gioco
[...]" (Levi-Struss, op.cit. pag.169).
Tutto ciò non implica subordinazione di un genere
allaltro, come se luno venisse prima dellaltro, quanto piuttosto di
complementarità: "le fiabe sono miti in miniatura, in cui le stesse opposizioni sono
riportate in scala ridotta [...]" (Levi-Struss, op.cit. pag.171).
Dal punto di vista del linguaggio sia i miti che le fiabe sono caratterizzati da un
meta-linguaggio, che permette di distinguerli dai romanzi.
Nelle fiabe, ma ancor più nei miti, le parole e le regole del discorso operano su due
piani: il primo è quello del significato cosiddetto "normale", che si coglie
seguendo la narrazione; il secondo è quello del meta-linguaggio, dove le parole diventano
"elementi di significazione, in relazione ad un sistema significativo supplementare,
che si situa su un altro piano: diremo, per chiarire questa tesi, che in una fiaba un
"re" non è soltanto re e una "pastora", pastora, ma che queste parole
e i significati che esse rivestono, diventano mezzi sensibili per costruire un sistema
intellegibile formato dalle opposizioni: maschio/femmina (nel rapporto della natura)
e alto/basso (nel rapporto della cultura), e da tutte le permutazioni
possibili tra i sei termini." (Levi-Struss, op.cit. pag.183)
Ma il mito assume nelle culture orali anche un ruolo determinante nella strutturazione dei
rapporti sociali e nella costituzione delle istituzioni sociali.
Lucien Sebag, collaboratore di Lévi-Strauss, indicò nel pensiero mitico non solo uno
strumento per interpretare e comprendere i rapporti sociali presenti in una comunità, ma
un "modello di organizzazione di questi rapporti", tale da generare esso
stesso i rapporti sociali e contribuire alla costituzione ed elaborazione delle
istituzioni sociali.
Certo, è necessario procedere con cautela nel tentativo di descrivere un popolo, i suoi
riti e le sue istituzioni sociali assumendoli direttamente dai loro miti. Esiste, come si
è visto, una forte simbologia che rende impossibile il loro utilizzo come fonte
documentaria nel senso stretto del termine, ma che permette però di accedere alle
categorie inconsce di quel popolo.
BIBLIOGRAFIA
- LUCIEN SEBAG, MITOLOGIA E REALTA SOCIALE, Dedalo libri,
Bari 1979
- CLAUDE LEVI-STRUSS, MITO E SIGNIFICATO, Il Saggiatore, Milano
1980
- CLAUDE LEVI-STRUSS, ANTROPOLOGIA STRUTTURALE DUE, IL
SAGGIATORE, 1990
- MARVIN HARRIS, ANTROPOLOGIA CULTURALE, Zanichelli, Bologna
1990
- UGO VOLLI, MANUALE DI SEMIOTICA, Editori Laterza, 2000
- CLAUDE LEVI-STRUSS, RAZZA E STORIA E ALTRI STUDI DI ANTROPOLOGIA,
Einaudi editore, Torino 1967