AD EST NIENTE DI NUOVO
La "lavagna
sullo schermo" prende i colori grigiastri dell'ardesia al naturale, listati ancor
più a lutto nella speranza non venga gettata altra luce livida nei cieli
dell'ex-Jugoslavia. C'è da dire però che il regista Emir Kusturica in Underground
faceva dire ad un attonito Ivan: "Ma come, non esiste più la Jugoslavia?";
infatti quel Paese era un'entità federata dalla fine della prima guerra mondiale.
Carneficina d'inizio secolo a cui parteciparono da volontari giovanissimi su fronti
contrapposti il regista Lewis Milestone e lo scrittore Erich Maria Remarque, esattamente
come accadde ai protagonisti della loro opera "All'ovest
niente di nuovo" (All Quiet on the Western Front)
del 1930. Pur militando in parti avverse, entrambi svilupparono da questa esperienza un
fiero antimilitarismo: ucraino l'uno e l'altro tedesco sottolinearono causticamente e
senza retorica la disillusione del sacro fuoco patriottico consumato nello squallore delle
trincee, ma inculcato ai ragazzi dal proprio professore di liceo, Kantorek.
Ho scelto di richiamare alla memoria questo vecchio film hollywoodiano che
ricevette due premi Oscar per il miglior film e la migliore regia, nonostante fosse stato
tagliato di quasi 50 minuti, tolto dalla programmazione nella Germania nazista e censurato
in Italia dal regime fascista (inedito fino al 1956, sorte anche peggiore attese il suo
remake firmato da James Whale mai apparso nelle nostre sale), per ribadire come il ruolo
della scuola sia fondamentale nell'educazione delle coscienze civili dei giovani e come
sia anche una sua sconfitta l'esistenza di leader politici pronti a scatenare guerre,
accendendo gli istinti più belluini dei peggiori fanatici.
Il protagonista del film (narrato in prima persona con stile freddo e
distaccato), Paul Bäumer, è un diciannovenne incoraggiato ad arruolarsi con il resto dei
suoi compagni di classe dalle lezioni piene di fervore nazionalista del suo carismatico
insegnante. Ben presto tra avanzate, ritirate ed assalti fuori trincea, alcuni cadono,
altri restano feriti, ma soprattutto gli altri riconoscono lo scarso romanticismo degli
eventi bellici ed emerge sempre più forte la volontà di sopravvivere, espressa anche con
un artifizio formale nella ricorrente ripresa di scarponi militari che passano di piede
morto in piede ancora vivo per poco. Diventa un dramma morale l'uccisione del nemico
francese con il quale Paul si trova faccia a faccia, ma nel finale anch'egli muore, per
mano di un cecchino, mentre cerca di afferrare una farfalla in un giorno in cui secondo i
comunicati (estrema beffa del delirio guerrafondaio): "Non c'è niente di nuovo
sul fronte occidentale".
La farfalla assurge a simbolo di estrema grazia,
libertà e pace, un desiderio che diventa impulso incauto per i soldati: il simbolismo era
talmente forte che la scena fu girata contro la volontà degli Studios, utilizzando i fari
di un'auto per l'illuminazione e la mano in primo piano è quella di Milestone stesso. Una
sequenza di rara potenza che denuncia senza bisogno di retorica e di eccessi da bassa
macelleria la violenza e l'orrore dell'evento bellico.
Durante l'ultima licenza il giovane, incontrando il
suo professore, lo aiuta a rendersi conto di essere stato complice dell'inutile sacrificio
dei suoi allievi immolati per un motivo futile. Ciò che dovrebbe colpire è il fatto che,
solo dopo aver appreso la morte di molti suoi studenti ed essersi confrontato con il
giovane disilluso, il docente prende coscienza del danno che ha arrecato il suo fanatismo.
Ce ne rendiamo conto dalla variazione delle sue espressioni durante il dialogo incentrato
per lo più sulla sua figura, permettendoci così di cogliere la ridda di emozioni
attraverso le quali trascorre il docente, fino ad arrivare alla consapevolezza di essere
imperdonabile, anche a fronte di una qualsiasi contrizione. |