(04.12.2011)
Faccia a faccia con Facebook
Uno, nessuno, centomila
di Rodolfo Marchisio
Un progetto e i suoi obiettivi
La SMS Bobbio, scuola polo cittadinanza attiva, ha presentato il progetto “Io consumatore, io utente: noi cittadini” come capofila di altre scuole della rete e di partner qualificati per rispondere al bando USR Piemonte “Sto bene e ci guadagno” dell’area ed. alla salute e cittadinanza.
Il tema generale si riferisce a due “criticità” giovanili come espressione di carenza di informazione e difficoltà nel compiere scelte in modo informato e responsabile ed il progetto è articolato in due filoni per gruppi “verticali” interscuola:
a) Ed alimentare: comportamenti, problemi, conseguenze.
b) Le tecnologie come dipendenza o come opportunità. Quando l’uso delle TIC è passivo, scorretto o pericoloso; la relazione e la comunicazione in rete e fuori; come cambia il linguaggio con le TIC.
Le finalità educative di cittadinanza sono definite dalla formazione di due competenze di cittadinanza fondamentali
Competenze di cittadinanza: Il percorso intende formare nei ragazzi due competenze base di cittadinanza, applicate alla Ed. alla salute nei due settori della alimentazione e dell’uso delle TIC :
a) la volontà e la capacità di informarsi in modo completo e utile (in questo caso su quanto, cosa, dove si acquista e si mangia e sulle conseguenze per la salute; sull’uso che si fa delle TIC). Io consumatore, io utente.
b) la volontà e la capacità di compiere scelte responsabili verso se stesso (conseguenze economiche, in termini di salute, abitudini, relazioni, comunicazione etc..) e verso la società: responsabilità sociale. Noi cittadini.
Poiché il progetto prevede l’apertura di un social network “finalizzato” oltre che a scopi formativi anche ad un evento finale (Flash mob), ho cominciato a sperimentare l’uso del più conosciuto dei SN , Facebook, vincendo un po’ di diffidenza per l’ambiente ed una certa antipatia per il suo (geniale) inventore.
Prime osservazioni su Facebook
Ho quindi definito un profilo (in evoluzione) e cominciato, “chiedendo l’amicizia” ad amici di lunga data (alcuni da 40 anni), a mio figlio e a persone che mi sono care e che appartengono a tre generazioni diverse, interagendo con loro. Penso di fermarmi a 10/12. Un solo tentativo di intrusione.
Che uso ne fanno i ragazzi
Talora cercano amici, fanno
“apprendistato” sociale, esperienze, delusioni; qualcuno conta il numero di
amici, ne fa collezione: chi ne ha di più, gli amici degli amici… . Alcuni si
rassicurano, verificano amicizie… Molti “tengono d’occhio” o spiano cosa fanno
gli altri…
Spesso parlano con gli stessi compagni che hanno appena visto a scuola o con
amici che potrebbero facilmente frequentare di persona; d’altra parte
l’ambiente, il rapporto indiretto aiuta a comunicare anche i più riservati.
Spesso cazzeggiano solo, come con gli SMS.
Conclusioni
A chi serve: si possono cercare amici, ex-compagni di scuola, scoprire interessi comuni, magari cercare lavoro o far conoscere le proprie attività a più persone, essere più informati di cosa fa un certo numero di amici cui teniamo. Talora si possono condividere sentimenti, pensieri, emozioni, progetti. In genere sappiamo più cose di più persone, magari che non abbiamo il tempo di frequentare altrimenti.
A cosa non serve: a parlare con gli amici più cari di cose profonde, serie; quelle che si confidano a lui/lei e neanche alla moglie/marito... I rapporti più profondi hanno una base quasi sempre bilaterale.
Sostiene un amico…
Il grande inganno e la grande fortuna del social
network è proprio questo: posso apparire più bello della realtà o posso
sembrare più alternativo e simpatico o semplicemente posso millantare 100
amici che in realtà non ho.
L'altro aspetto principale che rende il social
network così comune è la parte "impicciona" che ci permette di sapere, a sua
insaputa, la vita e le opere di chi nella rete ha immesso (ingenuamente o
meno) parte della propria vita (sociale-sentimentale ecc.). Emblematico
l'arresto di alcuni latitanti sulla base delle fotografie che la fidanzata
aveva postato su Facebook. Riina che negli anni 70-90 per non farsi beccare
dormiva in un fienile e ingoiava pure i pizzini se la ride di sicuro.
In conclusione_
a) E’ una situazione relazionale intermedia tra la relazione faccia a faccia e l’sms
b) Che funziona in orizzontale (più persone), ma non in profondità: ci sono gli incontri, il telefono, le mail, gli SMS in ordine decrescente d’intensità emotiva e relazionale. Salvo che, come con la lettera tradizionale o la mail, a volte si vince la difficoltà relazionale e si comunica ciò che non si oserebbe. O che si comunica a più persone qualcosa di noi.
c) Come in un pranzo di nozze, dove ti trovi a tavola con molte persone più o meno intime, la intimità/profondità della relazione/comunicazione è inversamente proporzionale al numero delle persone ed al tipo di persone che possono ascoltare/leggere. Le cose in comune diminuiscono. Qui siamo col gruppo (più o meno ampio) di amici (più o meno intimi come dice la piattaforma).
d) Il profilo che mettiamo online non è la nostra immagine, ma l’immagine che vorremmo che gli altri avessero di noi. L’immagine che diamo di noi sui social network è perciò già falsata: non è tanto ciò che siamo veramente, quanto una nostra proiezione idealizzata (S. Turkle, Alone Togheter). Quindi un incontro tra maschere, come nel ballo di Carnevale. Quasi come con gli avatar
A proposito di rete e identità
L’uso dei nostri dati e delle nostre identità in rete preoccupa anche Rodotà (WIRED di novembre p. 26)
“La
nostra identità sociale è definita da sistemi che non controlliamo”.
La nostra identità …è costituita da un insieme d’informazioni, di dati personali
unificati… dal riferimento ad una persona. Con il paradosso di Google ….la
nostra identità è sempre più il frutto di una costruzione operata da altri. …La
nostra identità sociale dipende dunque dal modo in cui l’altro ci
definisce…Questo montaggio sociale è divenuto più agevole con la facilità di
trovare in rete una quantità d’informazioni personali….dalla quali è possibile
ricavare immagini diverse di una persona e da qui partire per la costruzione di
“profili”.
Un gigantesco “fai da te” in cui possiamo non riconoscerci o… (che possiamo)
addirittura ignorare, essendo affidato a innumerevoli banche dati diverse.
“Così l’identità non solo si frammenta, ma si fa ...inconoscibile”… un rete di
identità, (costruita) selezionando i dati da fornire in ragione delle
finalità da realizzare”.
Ecco perché:
1- Ciò che si ricava da Google di me rispecchia un 30% di quello che ho fatto e non sempre le cose più significative (soggettivamente e socialmente): gli smanettoni sanno come far risaltare alcune cose, io no.
2-
Si evince dallo spam e dalle news che mi arrivano (e
dai profili che arbitrariamente siti assemblano su me: 123people ad es.) che io
sono interessato a viaggi e finanza (vero, ma…), maschio di una certa età
(offerte di Viagra e proposte indecenti, non gradite), ho frequentato/sono stato
citato in certi siti e tesi in ambiti che non frequento mai etc…Ci sono molte
mie identità non autorizzate, false o parziali che girano in rete.
Ma quello non sono io, né come mi vedo né come vorrei propormi agli altri.
Una specie di Carnevale in cui qualcuno ci guadagna e qualcuno viene privato
della sua identità più reale.
E’ vero che la verità è interpretazione (Pareyson), ma questa è una
interpretazione non è autorizzata, assemblata da alcune righe di software,
secondo criteri spesso sconosciuti.
PS Ringrazio Matteo e Valentino che hanno condiviso esperienze e riflessioni.