Consenso, dissenso,
repressione.
Così, schematicamente, si può rappresentare la dinamica sociale.
Se è vero, come è vero, che la democrazia si misura nella maniera in cui viene gestito
il consenso e tollerato il dissenso è altrettanto vero che un sicuro indicatore di
libertà e di partecipazione alla vita democratica è rappresentato dal modo in cui
questultimo (il dissenso) viene tollerato, stimolato e/o represso.
La concertazione è un artificio sociale e giuridico che ha espropriato, di fatto, il
cittadino inteso come "soggetto politico" dalla partecipazione attiva alla vita
della "città".
La "città prestata", secondo la bella definizione del prof. Girio Marabini, è
diventata terra di conquista di burocrati, politici e sindacalisti di professione
sempre più distanti dal volgo che pur pretendono di rappresentare le cui
"gesta" vengono raccontate e, a volte, millantate da quei moderni cantastorie
che sono i giornalisti televisivi.
Poco o niente può il cittadino comune per contrastare questa tendenza
allomologazione e al conformismo.
Eppure qualcosa è accaduto.
Di imprevedibile e, insieme, di straordinario!
Il fermento che in questi giorni si registra nelle scuole italiane può avere una
spiegazione nellabitudine diventata manifesta ed intollerabile di
questo ministero di considerare il personale docente come elemento accessorio, secondario
rispetto al progetto di riforma scolastica che si intende attuare.
Un elemento (quello del corpo docente) assolutamente irrilevante socialmente e
politicamente e facilmente manovrabile a colpi di decreti (meglio se direttoriali).
Evidente appare la presunzione ministeriale di essere al sicuro da contestazioni eclatanti
confidando nellappoggio di CGIL, CISL, UIL e SNALS e nella loro capacità di
comprendere ed interpretare le esigenze e le aspettative della base.
Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno evidenziato che tale consenso era
solo
.virtuale!
E questa considerazione, forse banale, mi introduce al nodo della questione.
Ogni processo di riconversione industriale o di riforma, se preferite, non può essere forzato
ma deve essere condiviso: ciò significa che, per riuscire, una riforma ha bisogno
innanzitutto di motivare ( ed incentivare ) chi poi dovrà farla sua.
Altro che riforma a costo zero! (cfr. Nadia Masini sottosegretario alla P.I. Italia
Oggi 8 febbraio 2000 pag. 38 ).
E nella ricerca del consenso che Ministro, confederali e Snals hanno clamorosamente
fallito evidenziando di aver, colpevolmente, sottovalutato il "fattore umano" a
cui, evidentemente, era stato attribuito il ruolo di spettatore ed esecutore passivo.
Laver deciso "in pochi", secondo la logica perversa della concertazione,
ha escluso i docenti dal processo di partecipazione/condivisione alle scelte e, di
conseguenza, ha evidenziato la divaricazione esistente tra rappresentante e rappresentato:
ha messo a nudo il potere!
Riprenderci (noi operatori della scuola) la "nostra sovranità" significa
assicurarsi che, dora in poi, le scelte che coinvolgono tutti devono essere
preventivamente conosciute, discusse e condivise.
Deve cioè essere assicurata sia una corretta informazione sulle questioni oggetto di
dibattito sia una preventiva e vincolante consultazione prima di impegnare, al
rispetto di certe scelte, lintero corpo docente.
E un ritorno alle origini.
A quel modo, forse, difficile ma sicuramente esaltante di democrazia che consiste nel dare
conto puntualmente e correttamente del proprio operato e delle proprie scelte a coloro che
si pretende di rappresentare.
Perché, proprio perché provvisorio (come scrive il prof. Marabini), del "potere si
deve rendere conto".
Già
il "conto" !!
E quello che il 17 febbraio 2000 abbiamo
chiesto in tanti: al Ministro, alla CGIL, alla CISL alla UIL e allo SNALS.