Direzione didattica di Pavone Canavese

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(03.11.2004)

Il disagio del dirigente scolastico "confederale"
di GrilloParlante (dal sito
ScuolaOggi)


Dopo aver parlato in un precedente articolo della condizione di "solitudine" del dirigente scolastico nell’esercizio del proprio ruolo e nei rapporti con l’Amministrazione centrale, prendiamo ora in considerazione un altro stato di "disagio" particolare, quello determinato dalla collocazione sindacale dei dirigenti scolastici.

Sul fronte sindacale i dirigenti scolastici si dividono grosso modo in tre categorie: quelli che fanno riferimento all’Associazione Nazionale Presidi, quelli che sono iscritti ai sindacati scuola, in particolare Cgil-Cisl-Uil ma anche Snals, e quelli che non fanno e non sono, un’esigua minoranza. C’è anche l’Andis, ma è un’associazione professionale, non un sindacato. I primi hanno una dislocazione ben precisa: l’A.N.P. è il sindacato maggiore, per numero di iscritti. Sindacato di categoria per eccellenza, per non dire apertamente sindacato "corporativo". Questi non avvertono proprio alcun disagio, convinti come sono di rappresentare il management della scuola. Non a caso aderiscono alla Cida (Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità), ponendosi sulla stessa lunghezza d’onda dei dirigenti d’azienda. Modello Confindustria. Un bel salto di fantasia, ma tant’é…

I dirigenti scolastici iscritti alla Cgil scuola, alla Cisl o alla Uil hanno inteso fare invece una scelta diversa, quella di collocarsi dentro un sindacato confederale, accanto ai lavoratori delle altre categorie. Fanno parte quindi dei sindacati scuola accanto ai docenti e al personale ATA.

Bene, si dirà, e allora qual è il problema? Basta parlare con qualche dirigente scolastico Cgil-Cisl o

Uil per rendersene conto, per avvertire una strana sensazione. Da un lato l’orgoglio di far parte di una grande Confederazione, dall’altro uno stato di malessere abbastanza diffuso dovuto proprio al fatto di appartenere ai sindacati scuola. Come mai?

Il problema sta nella diversità dei ruoli e delle funzioni. Se già prima l’appartenenza allo stesso comparto di direttori didattici e presidi insieme a insegnanti e collaboratori scolastici dava adito a qualche perplessità, ora con la dirigenza scolastica la questione si fa più seria. Il dirigente scolastico infatti è titolare di competenze esclusive e funzionali quali quelle di indirizzo, di gestione e di controllo, che, anche se esercitate con il massimo di trasparenza e di spirito democratico, possono entrare oggettivamente in rotta di collisione con alcuni comportamenti del restante personale della scuola. Non solo, ma la creazione delle RSU nelle scuole determina una vera e propria anomalia. Nella contrattazione di istituto da una parte del tavolo stanno le rappresentanze sindacali unitarie dei lavoratori della scuola (docenti e collaboratori scolastici), dall’altra il dirigente scolastico, come controparte. Eppure tutti quanti appartengono agli stessi sindacati scuola. Qui c’è qualcosa che non torna…

Se da un lato le problematiche sono comuni (sempre di scuola si tratta) dall’altro i punti vista e gli approcci sono sicuramente diversi (il problema della gestione del servizio pubblico in primis da un lato, gli interessi specifici di categoria nell’organizzazione del lavoro dall’altro). Non solo, ma spesso questa diversità di "prospettiva" emerge come contraddizione in caso di contenzioso, quando il sindacato scuola deve scegliere tra la tutela degli interessi del singolo lavoratore o la funzionalità generale del servizio.

Appare chiaramente che per chi ha scelto di non farsi attrarre dalle sirene dell’ANP decidendo di stare dentro un sindacato confederale, un sindacato unitario di tutti i lavoratori, spesso il ménage quotidiano è difficile. L’attuale rappresentanza sindacale dei dirigenti scolastici confederali è indubbiamente debole, anche per il peso specifico, quantitativo, che hanno all’interno dei sindacati scuola. Di qui l’esigenza di costituire dei Coordinamenti unitari dei dirigenti scolastici confederali, sorti ormai da alcuni anni nelle principali città.

Si tratta in ogni caso di un’anomalia che va risolta, di una collocazione impropria, inadeguata. Forse la costituzione della nuova Federazione dei Lavoratori della Conoscenza della CGIL potrebbe rappresentare una soluzione positiva di questo dilemma. Se nella Federazione ci stanno dentro, ciascuno con una propria autonomia, universitari, ricercatori, docenti e non docenti, perché non dovrebbero trovarvi posto, con uno spazio proprio, unitario ma distinto, anche i dirigenti scolastici?

Perché l’esigenza di una marcata distinzione dei dirigenti scolastici all’interno della FLC sarebbe così decisamente necessaria? Perché si tratta dell’unica figura, tra tutti gli iscritti alla Federazione, connotata, se così si può dire, da una doppia natura: è portatrice come tutti gli altri (docenti, ata, ricercatori e insegnanti universitari) di istanze rivendicative settoriali pur inquadrate in una visione degli interessi generali del servizio, ma è anche rappresentante istituzionale del diritto prioritario degli alunni ad una prestazione qualificata del servizio pubblico scuola. In questa seconda veste, il dirigente scolastico esprime il massimo tasso di confederalità tra tutte le categorie del comparto scuola e può entrare facilmente in conflitto con le rivendicazioni settoriali dei docenti e degli ata dell’istituzione.

La domanda che si pone allora è: non é il caso di pensarci, non è il caso di rivedere le forme della collocazione dei dirigenti scolastici all’interno del sindacato, prima che il disagio diventi insostenibile?

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