Direzione didattica di Pavone Canavese

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ESSERE STRANIERI IN ITALIA
QUATTRO IPOTESI IDENTITARIE

 

Il progetto di educazione interculturale, in quanto interazione tra identità, richiede di indagare il processo di costruzione della identità nei bambini e nei ragazzi stranieri presenti in Italia.

L’istituto di ricerca Degli Innocenti ha curato per la Presidenza dei Ministri, Dipartimento degli affari sociali, Rapporto 1997 sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, Firenze 1997) intitolato emblematicamente Un volto o una maschera? I percorsi di costruzione dell’identità. Il rapporto dedica un intero capitolo allo studio delle diverse ipotesi identitarie con cui si confrontano i ragazzi stranieri in Italia.

Secondo il rapporto "I bambini e le bambine [stranieri], nel corso della loro socializzazione devono confrontarsi con diverse ipotesi di identità etnica: quella originaria, quella del paese d’arrivo, quella che nel paese d’arrivo è ritenuta l’etnicità presente nel paese di partenza, quella che la famiglia ritiene essere l’etnicità del paese d’immigrazione." (pag 43). Ne derivano 4 possibili ipotesi identitarie. Quattro percorsi che delineano quattro speficiche interazioni comunicative, quattro modalità di relazionarsi tra stranieri e non stranieri. Quattro modi di costruire e riconoscere identità. Ma anche quattro diversi modelli di società, quattro diversi riferimenti teorici.

 

1. Resistenza culturale

2. Assimilazione

3. Marginalità

4. La doppia etnicità

 

 1. Resistenza culturale

l’atteggiamento prevalente dello straniero è quello di continaure a fare riferimento soprattutto alla cultura ed all’identità etnica dei propri genitori riducendo al minimo i rapporti ed i contatti con la società ospitante. Crescono così comunità incapsulate che spesso abitano in zone circoscritte. Secondo alcuni studiosi - critici della società occidentale e dei sui processi di omologazione - la resistenza culturale dovrebbe rappresentare un preciso obiettivo delle politiche sociali ed educative poichè mira a rafforzare l’identità originaria, permettendo al bambino di sviluppare una maggiore stima di sé, unica garanzia per rapportarsi poi alla società multiculutrale senza incappare in percorsi di marginalizzazione. La proposta di rafforzare la resistenza culturale è assunta tuttavia anche dai sostenitori del razzismo differenzialista (link to), per i quali l’etnicità è un obbligo, correlato ad un altro obbligo, quella di andare a realizzare questa etnicità - per il bene dell’immigrato - a casa propria, nel paese di provenienza.

 

2. Assimilazione

il minore straniero aderisce pienamente alla proposta identitaria che gli viene dalla società d’arrivo e rifiuta, anzi rinnega, tutto ciò che ha a che fare con la cultura d’origine. IN alcuni casi si parla perinso di socializzazione anticipatoria, ovvero il processo mediante il quale chi intende emigrare assume già nel proprio paese i valori e gli orientamenti del paese d’arrivo omologandosi ad essi in anticipo (soprattutto grazie ai media).

L’assimilazione è stata per decenni l’obiettivo principale della politica migratoria proposta dai governi dei paesi occidentali. Oggi il modello dell’integrazione mediante assimilazione è tramontato. Ciò ha significative conseguenze sui minori, in partiocolare della seconda generazione, che da un lato chiedono assimilazione (persino giungendo a disprezzare le proprie origini) dall’altro la sopcietà d’arrivo non è disposta a concederla se non a parole.

 

3. Marginalità

Si tratta della condizione più frequente: i ragazzi vino al di fuori ed ai margini sia della cultura d’ orgine che di quella di arrivo, incapaci di proporre essi stessi una reale proposta identitaria alternativa. A questo livello l’Istituto degli Innocenti distingue due tipi di marginalità: la marginalità da frustrazione e la marginalità da passaggio. Nel primo caso la marginalità è soluzione adottata a seguito di rustrazione subita nel tentativo di inserirsi nella nuova società. La seconda invece identifica la fase di passaggio verso una nuova identità e non necessarimente va intesa come momento negativo o patologico.

"Tutto questo - scrive il rapporto sull’infanzia, pag. 53 - sembrerebbe confermare che l’identità sta diventando sempre più simbolica... D’altra parte, l’ipotesi della possibilità di un’identità plurima per molti studiosi rappresenta la soluzione più idonea per una società come quella moderna, in cui le rapide trasformazioni che la interessano, rendono estremamente difficile sviluppare un reale e costante sentimento di appartenenza, nella quale si ha, almeno apparentemente, maggiore libertà di modellare la propria identità e la propria vita. Il passaggio dalla marginalità all’identità plurima può rappresentare una soluzione assai vicina all’identità proposta nella società segnata dalla modernità, dove però la stessa scelta di non appartenenza appare una possibilità di sottrarsi alle identità costituite, con l’obiettivo di formarne delle nuove" (vedi transuclturalità)

 

4. La doppia etnicità

In genere frutto di un lento e profondo lavoro analitico in cui l’identità viene formata dal continuo confronto fra i due mondo. E’ frutto di una strategia relazionale che è risultata idonea nel processo di integrazione nella società d’arrivo, evitando l’appiattimento folklorico e la marginalità. In questo secondo caso è anche merito della società l’esser riuscita a favorire questa doppiezza, senza farla divenire una condizione schizofrenica. In genere la doppia etnicità è ritenuta la soluzione migliore, perchè permette al ragazzo un maggiore equilibrio, una maggiore capacità critica, una maggiore obiettività e sensibilità. La critica, ovviamente, è che questa soluzione rappresenti una aspirazione difficilmente realizzabile.