(10.01.05)
Di cosa abbiamo paura quando parliamo di portfolio?
Sto constatando che in TUTTE le sedi la discussione sul portfolio (come sulla riforma) suscita forti reazioni emotive, per molti motivi: politici, di reazione alla novità, di poca voglia di lavorare di più, di timore di pericoli reali, ma anche di iperprotezione nei confronti dei ns ragazzi che prima o poi dovranno andarsene per il mondo senza di noi.
Reazioni emotive
Il dato interessante sono le reazioni emotive legate a 3 fattori:
Banalizzo volutamente, ma trovo questo giocare a nascondino anziché cercare di costruire, insieme, strumenti di comunicazione e valutazione fra scuole, come si sta cercando di fare in diverse realtà, pericoloso: ancor più nel contesto della riforma.
Oltre ad essere una presentazione poco educativa e rassicurante del "dopo" trasmessa ai ragazzi è anche una spia del fatto che:
a) si ritiene che "senza di me" o fuori di qui" ci siano
solo pericoli
b) tra ordini di scuola ci stiamo prendendo per i fondelli per scarsa fiducia (scarsa
conoscenza) come prassi.
Lo trovo ridicolo, controproducente e poco educativo (prima ancora che
poco funzionale).
Dei limiti e rischi dello strumento abbiamo già discusso e nessuno nega il contesto
di una riforma pessima e pericolosissima.
Allora una cosa è separare le funzioni interne del PF da quelle
esterne, "sterilizzandolo" dai materiali che sono stati utili per un pezzo
(interno) del processo; un'altra è pensare di essere gli unici insegnanti al mondo e
temere di comunicare con altri (ragazzi, docenti, genitori).
In questo contesto, un insieme di strumenti modificabili (togli e metti) articolati per
funzione (valutazione formativa, autovalutazione, dossier, comunicazione e certificazione)
è meglio che un mega portfolio ingestibile.
Stiamo proteggendo solo i ragazzi o anche un po' noi stessi e l'immagine che abbiamo del
ns lavoro?
I nostri ragazzi si aiutano, credo, con colloqui cauti, ma franchi, trasmettendo messaggi
a chi viene dopo, costruendo insieme strumenti paragonabili di valutazione e di
comunicazione su parametri condivisi:
io ho sempre imparato un sacco di cose dai colleghi/e della elementari con cui
collaboriamo da 15 anni (iniziando col sederci insieme a fare gli stessi corsi di
aggiornamento per scoprire che siamo tutti insegnanti, con problemi simili).
Ma anche educandoli a cavarsela anche senza di noi, dopo.
La circolare 85
Ancor più dopo la circ 85 sulla abolizione delle schede e sulla valutazione (non a caso scritta da Criscuoli e non da Bertagna o da un politico) io sono convinto che occorra costruire strumenti diversi per funzioni diverse e un p flessibile, semistrutturato, "togli e metti". Il resto è un problema più politico o emotivo che metodologico che va affrontato con strumenti differenti.La circolare (che non condivido) se non altro:
a) prende atto che la scheda di valutazione è stata abolita (da anni e dai passati
governi)
b) cerca con una certa lucidità di fare il punto della situazione c) propone delle schede
di cui non vale la pena di discutere molto (basta fare quello che abbiamo sempre fatto e
ragionare su tempi più lunghi per eventuali modifiche motivate). Come tutta la riforma
penso vada interpretata a modo nostro (sono solo "suggerimenti" quelli della
circolari, per ora) e con tempi almeno medi.
La riforma si che va "sterilizzata".
Tener conto delle reazioni emotive
Il tema della forti reazioni emotive cui sono molto sensibile da sempre e che considero l'elemento "in ultima analisi determinante" nelle comunità degli uomini (e quindi nella scuola) credo si affronti evitando di forzare i tempi e passando attraverso momenti di formazione o riflessione, alternando esperti esterni e riflessioni interne, su tempi almeno medi e pensando non al p. della Moratti, ma ad un "altro p possibile". Occorre oltre che chiarirsi le idee, anche capire quale tipo di metodo o strumento possa essere condiviso e intuire "quando". Il problema non è tanto costruire il p. migliore, ma: a) che ogni scuola costruisca il suo PF (finché è in tempo); la circ. dice fra le righe che questanno si sperimenta, ma il prossimo si applica. Allora le scuole che avranno un loro metodo di valutazione e loro strumenti, come una loro interpretazione della struttura oraria, avranno qualcosa da opporre. Le altre applicheranno, aspettando (vanamente?) le elezioni. b) Che ogni scuola costruisca il metodo e lo strumento/gli strumenti migliori nel suo contesto e che maggiormente possano essere condivisi.Resta il fatto, mi pare condiviso da molti di noi, che la valutazione così come funziona oggi fa acqua e non aiuta nessuno.
Quindi lavorando sulle paure e usando le cautele necessarie verso le riforma ed il p. qualcosa dobbiamo fare. La prossima volta parleremo della struttura di un possibile portfolio.