16.04.2010
BIMBI BUONI
Le incredibili vicende di Montecchio Maggiore, Adro e Pordenone
di Giancarlo Cavinato
Così faceva una vecchia canzone
del maestro Gualtiero Bertelli (altri tempi: ora alla ex Mira Lanza, quella
di Calimero, c’è un centro fittness di lusso di sapore orientale).
Ed è immediato recuperare alla memoria il Patronato scolastico con il
‘dono’ di un quaderno ( quelli con la copertina nera e il bordo rosso,
individuabili subito come i ‘quaderni dei poveri e bisognosi’) e di una
penna e con la mensa assistenziale per quelli che si fermavano al
doposcuola. Bisognosi: una parola scomparsa dal lessico corrente. Ma a volte
le parole tornano, a significare arretramenti nel costume e nella vita
civile.
Le cose sono cambiate profondamente nel tempo così che la scuola pubblica è
uscita dall’assistenzialismo. Ai bambini poveri veniva solitamente anche
additato ad esempio di pulizia, disciplina, ordine e moralità qualche
compagno ( in genere il figlio di un avvocato, un ingegnere o un politico)
ed è indelebilmente scolpita nella memoria personale la foto di classe
seconda del 1956 con trentatré bambini col loro bravo grembiulino nero e
colletto bianco e di uno, al centro della foto, alla destra della maestra,
in maglioncino dolcevita ( era un principe siciliano).
Quanto successo ad Adro, Montecchio, ( bambini ‘esclusi’ dalla mensa per
punire genitori insolventi) e Pordenone ( discriminazione fra ricchi e
poveri in un istituto superiore con due canali di fruizione di una gita di
istruzione) colpisce in particolare perché, se Gelmini ha proprio in mente
quei modelli di assistenza pietosa ( pelosa) per il futuro della scuola (
con i figli dei ricchi alle private) stupisce che amministrazioni locali,
ancorché leghiste, che dovrebbero essere particolarmente vicine e sensibili
ai problemi della gente ( per non parlare di dirigenti scolastici
funzionari pubblici), applichino freddamente una logica di stampo nazista:
le colpe dei padri ricadono sui figli.
A Montecchio maggiore c’è una dirigente scolastica sensibile e preparata che
ha inteso rimediare i danno, abbiamo lavorato assieme nell’IRRE sui progetti
bullismo e in tempi lontani nel Movimento di cooperazione educativa.
A Adro, tutto tace ( ma forse sono disinformato). Viene però alla mente che
Alfio Zoi, per Scuola italiana moderna, pubblicò negli anni ’70 un testo
‘cult’ per gli insegnanti, ‘ADRO: TEMPO PIENO’ e che nella zona operava un
forte nucleo di insegnanti AIMC particolarmente sensibili alle tematiche
sociali e al rinnovamento della scuola. Cosa può essere successo?
Un sospetto orribile: e se gli
amministratori che hanno compiuto una simile barbarie fossero stati alunni
del tempo pieno di Adro?
Quello che è certo è che ai danni psicologici arrecati ai bambini
difficilmente si potrà riparare in tempi brevi: la vergogna, l’essere
additati pubblicamente, il senso di colpa, di esclusione da quello che è uno
dei momenti più gioiosi della giornata, lo sfregio ( pane e acqua, in un
caso), l’insensibilità verso problemi familiari a volte drammatici ( si
ricevono spesso segnalazioni nelle scuole di difficoltà familiari, madri
separate con più figli, padri disoccupati, certificazioni ISEE relative allo
scorso anno, quando il lavoro c’era e quindi non riconoscimento da parte dei
comuni dello stato di necessità,…).
E anche se fra quelle famiglie ci sono dei furbi, è il caso di segnare a
dito e marcare i figli?
Dov’è la ‘pietas’, il senso di carità, la cura e la responsabilità per quei
futuri cittadini? O erano tutti figli di clandestini e quindi da espellere (
dopo però averlo bollati con infamia)?
Gli adulti, scriveva Annah Arendt, sono responsabili del mondo che consegnano ai ragazzi; un brutto mondo, ad Adro, a Montecchio, a Pordenone: un mondo diviso in classi, ferocemente segnato dal discrimine e dalla competitività. Un dirigente scolastico che separa e disunisce quello che la scuola pubblica ha l’alto compito di tenere insieme, che vergogna!
C’ERA UNA
GENEROSITA’ CIVILE NELLA SCUOLA PUBBLICA,
GRATUITA, CHE PERMETTEVA A UNO COME ME DI IMPARARE.
CI ERO CRESCIUTO DENTRO E NON MI ACCORGEVO DELLO
SFORZO DI UNA SOCIETA’ PER METTERE IN PRATICA IL COMPITO.
L’ISTRUZIONE DAVA IMPORTANZA A NOI POVERI.
I RICCHI SI SAREBBERO ISTRUITI COMUNQUE.
LA SCUOLA DAVA PESO A CHI NON NE AVEVA, FACEVA UGUAGLIANZA.
NON ABOLIVA LA MISERIA, PERO’ TRA LE SUE MURA
PERMETTEVA IL PARI. IL DISPARI COMINCIAVA FUORI.
(ERRI DE LUCA, ‘IL GIORNO
PRIMA DELLA FELICITA’’, FELTRINELLI, MILANO, 2009, PAG. 125)
Meno male che in questo deserto
c’è stato il cittadino di Adro ( proveniente da una famiglia di mezzadri)
che ha reagito all’intolleranza con un gesto simbolico di altissimo valore
civile e senso dell’etica della responsabilità.
Non azzardiamoci a declassare quel gesto ad atto privato di carità
cristiana: la sua lettera bellissima e provocatoria non va in questa
direzione.
Un corpo docente consapevole dei danni psicologici arrecati ai propri alunni
avrebbe potuto, con uno scatto di dignità, non andare in mensa con nessun
alunno fino a che non fosse garantito il ripristino della dignità per tutti
gli alunni: forse lo hanno fatto, chissà. Se invece la risposta è stata il
silenzio, ebbene, bisogna dire che automaticamente è un silenzio assenso,
tanto più pericoloso in quanto volutamente si è parlato con questo gesto
alle pance e non alla ragione e alla com-passione. Lo dimostrano i
capannelli di genitori stizziti per il gesto solidale che dicevano: ‘Allora
non paghiamo neanche noi’. Ma il compito di un’amministrazione e di
un’istituzione educativa è di dividere, di fomentare discordie?
Da ultimo, ricordiamo la canzone di Gaber ‘Non insegnate ai bambini….’