01.02.2009
Ma si può dare una
definizione di "tempo pieno" ?
di Reginaldo Palermo
In uno dei siti che frequento per
tenermi al corrente di cosa pensa e come si muove oggi il “popolo della
scuola” ho trovato un link che mi ha incuriosito
http://it.wikipedia.org/wiki/Tempo_pieno
Ci sono subito andato e devo dire che ne sono rimasto un po’ deluso.
Pensavo di trovare una cronistoria serena di quanto accaduto nella scuola
italiana a partire dagli anni Settanta. Soprattutto pensavo che la “voce”
fosse utilmente corredata da una sintetica bibliografia che potesse servire
agli insegnanti più giovani per conoscere meglio una fase importante della
storia recente della scuola italiana.
Nulla di tutto questo.
Ci ho trovato solo alcune definizioni un po’ apodittiche e – a mio parere –
neppure troppo azzeccate. E ci ho trovato anche qualche errore di
ricostruzione storica (ma questo sarebbe il meno, perché come tutti sanno,
le ricostruzioni storiche “esatte” non esistono proprio…)
Ma ciò che mi ha stupito più di ogni altra cosa è stato il tono risoluto e
definitorio dell’intera voce, quasi che si stesse parlando della formula
dell’acido solforico o del secondo teorema di Euclide. Nella voce di
Wikipedia manca completamente il senso della ricerca che invece sta nella
nascita del tempo pieno e che stava anche nell’animo e nella testa di chi
quella esperienza la stava vivendo in prima persona.
Insomma non pretendevo di trovare in Wikipedia lo stile de “Il mestiere di
maestro” di Fiorenzo Alfieri ma non pensavo neppure di leggere una pagina in
cui sono del tutto assenti il senso della ricerca pedagogica e quello della
ricostruzione storica (anche solo per gli aspetti legislativi).
Nel timore che la mia reazione fosse
legata a miei pregiudizi mentali, ho chiesto un parere all’amico Marco
Guastavigna, che è ormai considerato da molti uno dei massimi esperti
italiani di tecnologie dell’informazione applicate alla didattica.
La sua risposta è stata lapidaria, ma del tutto limpida: “La questione
della dimensione ‘amatoriale’ della conoscenza spacciata per inclusione
democratica è uno dei risultati negativi della scarsa riflessione sul
web
2.0, di cui si valorizzano solo gli effetti speciali. Si è completamente
perso di vista il problema dell'autorevolezza degli autori: quella voce è
uno degli esempi di questo processo”.