17.04.2007
Dalla filosofia alle risorse. Un problema complesso
di Rodolfo Marchisio
1- Un progetto di riforma della scuola presuppone una
"filosofia" della scuola, del suo compito o ruolo, un’idea di scuola che è
collegata ad una idea della società e della cultura che esprime.
Non è un caso che le riforme della scuola che sono durate derivassero, nel
bene e nel male (riforma Gentile) da una visione della società e da una
filosofia.
Nel suo modo tecnomanageriale, integralista, riduttivo la stessa riforma
Moratti si era data il compito di "cambiare la scuola per cambiare la
società" (Bertagna); anche se la riforma conteneva forti coercizioni e
contraddizioni, aveva il difetto di non essere condivisa ed ancora oggi
nessuno ha capito quale modello di società avesse in testa il governo
precedente.
Per coerenza occorre domandarsi quale scuola e quale società siano in grado
di condividere la scuola attuale (che ha rifiutato 3 riforme di 2 diversi
schieramenti), la nostra società (non solo così complessa, ma anche così
conflittuale e incoerente) o anche solo la coalizione di forze che formano
questo governo.
2- Sono molto contento che la scuola (o meglio il
Ministero) comincino ad usare, per ragionare sulla scuola (e sulla società),
concetti fondamentali della cultura moderna come quello di complessità, che
credo sia una delle chiavi di volta del pensiero e della comprensione del
mondo attuale. Concetto che ho imparato da Mao ai suoi tempi ("la semplicità
non esiste se non come prodotto della complessità") e poi da Freud, Einstein
ecc…fino ad arrivare alla pedagogia attraverso la filosofia ("la verità è
interpretazione", Pareyson). Si arriva alla semplicità, alla sintesi,
partendo dal riconoscimento della e lavorando sulla complessità.
Complesso è, per definizione, un essere umano, un bambino, preadolescente o
adolescente.
Complessa è la nostra società, questo mondo (globalizzato) in cui vive, con
cui interagisce, in cui si forma e per cui dovrebbe formarsi (anche a
scuola).
Sono realtà che cerchiamo di comprendere con categorie spesso vecchie o
inadatte sia perché stiamo ancora cercando le nuove, sia perché talora non
accettiamo che il concetto di complessità porti con sé, inevitabilmente, un
atteggiamento relativistico, di rinuncia alla Verità unica, sia essa
religiosa, filosofica, politica, scientifica. Chi semplifica rifugiandosi in
una qualunque verità si allontana dalla comprensione dei fenomeni complessi,
diventa inevitabilmente un po’ (o molto) integralista, non parte dal
rispetto e dalla attenzione nei confronti dei molti sguardi e delle molte
spiegazioni possibili. Che bisogna riconoscere per tentare una disamina e
una sintesi.
In una cultura "laica", non solo la scienza (che può essere anch’essa
integralista, come tutto il pensiero umano), ma la cultura in generale,
filosofia e politica comprese, possono dare un contributo alla comprensione
passando attraverso il confronto, la discussione, la condivisione e le
scelte. Valide, come i modelli da cui nascono, fino a prova contraria (Popper).
Lavorando sulla complessità si può cercare di comprendere e di fare una
sintesi (semplificare). Naturalmente non sto parlando dell’essere nichilisti
o agnostici, ma di avere un atteggiamento di ricerca rispettoso ed aperto,
tendente al confronto, alla sintesi, alla comprensione, alla produzione
culturale, alla formazione.
3- La complessità della nostra cultura e della nostra
società deriva da alcune fratture culturali forti che hanno prodotto
concetti che la scuola, ma anche la politica non hanno fatto propri.
Ma anche da tante (talora micro) fratture che si susseguono a livello
storico e sociale da tempo che hanno portato a questo mondo globalizzato, a
questa società con tecnologie, media potenti, problemi complessi (ecologia,
guerra diffusa, economia travolgente, difficile identificazione e
condivisione di valori….) in cui viviamo, ma che stentiamo a capire. A
questi bambini/ragazzi che stentano a capire il mondo (come noi, credo, ma
con problemi diversi) e che tendono a vivere un po’ a modo loro.
Nella rubrica di
Storia del 900 di questo sito, sto cercando, nel mio piccolo
ambito divulgativo, di dimostrare che se vogliamo comprendere le guerre
terribili e complesse di oggi, dobbiamo studiare quelle precedenti, ma usare
nuovi concetti – chiave. Perché non esiste la guerra, ma esistono le guerre,
diverse fra loro.
Poi ci sarebbe da parlare di quali sono i valori da condividere a scuola:
con la difficoltà di scontrarsi con la mancanza di condivisione di valori
della società attuale.
4- Altri concetti fondamentali sono quelli non solo di competenze, ma delle competenze sociali, di cittadinanza critica e consapevole di cui parla anche Tirittico e su cui insistiamo da tempo, nei confronti della società, del mondo, delle tecnologie complesse: sembra che il Ministro cominci ad occuparsene (vedi documento su Curricoli e autonomia).
5- In genere penso sia piu’ concreto parlare di uomini e non di Umanesimo (periodo storico abbastanza concreto, categoria filosofica un po’ vaga), ma un "nuovo umanesimo" potrebbe essere fatto di umanesimi cioè di visioni diverse che si confrontano per cercare, pur nella complessità ed ai vari livelli (società, Europa, mondo…), valori condivisi nell’interesse ed a tutela di tutte le persone: cosa difficile nel mondo attuale, ma necessaria, non solo per capire, ma anche per sopravvivere (vedi urgenza dei problemi ecologici). Trovare valori condivisi significa anche proporre (in questo mondo confuso) orizzonti ai nostri ragazzi e continuare a discuterne con loro. Per non parlare "sempre solo di morti, guerre e disgrazie ecologiche" (Elisa), ma anche di speranze da perseguire a livello sociale. Sto facendo diverse ricerche in questo periodo, ma quelle sulla storia moderna portano alle conclusioni di Elisa e quella che usa l’ironia per sottolineare temi di attualità ha visto 50 ragazzi di 2 diversi paesi europei individuare come temi di attualità 50 problemi complessi.
Riepilogando:
Mi domando
- E adesso? Qual è il percorso, qual è il metodo proposto? Perché non è stato illustrato?
- Temo si ondeggi tra momenti decisionisti e tentazioni filosofiche belle, ma troppo vaghe, troppo "a monte". Che si passi dal pensiero troppo ristretto della Moratti a quello troppo ampio e vago di questo Ministro un po’ minimalista un po’ filosofo.
- Come tutti i docenti , dopo la boccata di ossigeno filosofico, tendo a giudicare i Ministri dai fatti, cominciando dalle risorse: organico funzionale, risorse economiche (ampiamente tagliate anche quest’anno) con cui costruire questa bella scuola. Per evitare che l’autonomia sia sempre e solo la libertà di gestire meno risorse e quindi una illusione e perché la scuola ha bisogno di ossigeno filosofico, ma ha ancora piu’ bisogno di risorse concrete, per evitare di tagliare le compresenze (e quindi laboratori, ricerche, personalizzazione, lavoro coi disabili), per pagare le supplenze e la Tarsu. "La libertà non è pane" diceva il frate siciliano al garibaldino entusiasta
- Infine. Sarebbe bello che la scuola (non il Ministero ed alcune decine di persone che siconoscono) discutessero di queste ed altre cose: pluralità delle intelligenze, competenze, intelligenza emotiva, assenza del corpo e quindi di una parte dell’uomo, dalla nostra scuola ecc…)
Purtroppo credo che se discutono e scrivono alcune decine (o centinaia) di persone, saranno centinaia o forse migliaia quelle che leggeranno e discuteranno. Il ministro convoca esperti, associazioni ed enti. Proveremo, nella mia scuola, a stimolare il dibattito e mettere fuori alcune schede da leggere: ne farò 90 per i miei colleghi, per raggiungere le solite 20 persone.
Ma dov’è la scuola dei docenti in questi anni?