30.07.2009
La
leggerezza della lingua italiana
di Stefano Stefanel
La Lega Nord ha proposto l’esame di dialetto per gli insegnanti. Il Consiglio Provinciale di Vicenza ha votato un ordine del giorno per stigmatizzare l’ondata di arrivi di dirigenti scolastici meridionali al Nord. Sempre la Lega Nord aveva proposto le classi per soli stranieri. Il Ministro Gelmini ha dichiarato che i dirigenti scolastici italiani devono cambiare mestiere se non sanno far funzionare le scuole con i soldi che gli vengono dati. Il Ministro Brunetta vuole che i dirigenti scolastici mettano on line i propri compensi (lo accontento da qui, visto che il webmaster della scuola che dirigo è in ferie: prendo meno di 3.000 euro netti al mese e dirigo in Scuola secondaria udinese su due sedi con 800 alunni e sono reggente di un Istituto comprensivo collinare con 13 sedi e 1.100 alunni, ma non mi pare mi debba vergognare del mio stipendio).
L’accanimento – non proprio terapeutico – nei confronti della scuola italiana credo parta dall’idea generalizzata che a scuola oggi non si insegni molto di utile e dunque le categorie che vi operano possono al massimo essere considerate parcheggiatori. La testimonianza di quanto dico viene dal volantino elettorale che ho trovato nella mia buca delle lettere una mattina di fine maggio nell’ambito della campagna elettorale del Comune di cui vivo. Poiché il candidato lo ha infilato nella mia cassetta delle lettere non c’è alcuna privacy da garantire. L’unica alterazione rispetto al documento originale (che tengo gelosamente) è la cerchiatura intorno ad “ai”, perché l’H davanti alla preposizione l’ha sbanchettata in forma incompleta il candidato stesso, senza neppure curarsi che non si notasse. L’inizio del volantino è straordinario: “Lo spazio nelle case è sempre poco, come già mi conoscete e non”: cambi di soggetto, nessuna connessione tra le due frasi, ecc. Ma tutto il volantino è un inno all’inutilità della lingua italiana e della sua punteggiatura.
Fino a non molto tempo fa chi redigeva un volantino da distribuire in pubblico e non aveva una particolare padronanza con la lingua italiana andava da qualche insegnante a farsi “correggere” ( = scrivere) il testo. Lui ci metteva le idee e qualcun altro l’italiano. Ma poiché l’italiano “corretto” è diventato una merce inutile è possibile trovare simili testi nella propria cassetta delle lettere. Il volantino per me è da antologia e da libro di esercizi: facile riscriverlo, quasi impossibile correggerlo. Credo che questo volantino possa essere un chiaro esempio di come idee anche corrette una volta veicolate da un italiano incomprensibile o troppo “leggero” diventino veri sassi contro la convivenza civile.
Ci sono molti insegnanti meridionali che hanno un rapporto linguistico difficile con gli alunni di madrelingua dialettale o ladina: questo dato di fatto viene trasformato dalla Lega Nord in una campagna assurda per l’esame di dialetto. Servirebbe un’attenzione maggiore da parte dei docenti per le reali competenze linguistiche dei ragazzi e invece si propone l’esame di dialetto. Quattro regioni italiane hanno licenziato molti idonei nei vari concorsi per dirigenti, anche ammettendo all’esame docenti che non avevano titolo e che sono ricorsi al Tar (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia). Il Governo Prodi ha sanato tutto questo con la Finanziaria del 2007: a questo dato di fatto e di malcostume viene oggi data una connotazione razziale, perché si mettono sullo stesso piano linguistico le sanatorie e la meridionalità. Servirebbe maggiore rigore nei concorsi, non la caccia al dirigente meridionale. C’è un evidente problema per l’eccessivo numero di alunni stranieri senza o con pochissime competenze linguistiche nelle nostre scuole e questa non è una risorsa per nessuno: da qui alle classi ghetto ci passa però un oceano, visto che invece servirebbero risorse, corsi di inserimento, didattica differenziata, percorsi realmente individualizzati.
I Ministri Gelmini e Brunetta non hanno molta stima per i dirigenti scolastici e non credo che su questo si possa fare dello scandalo: ognuno di noi nel suo piccolo cercherà di dimostrare che hanno torto. Ma l’aggressione linguistica non può essere ignorata: il mio stipendio è on line e la mia capacità dirigenziale a disposizione di ogni ispezione possibile e immaginabile. E invece vengono usate contro di me parole ad effetto, quasi che io avessi nascosto chissà quali fonti di reddito o che avessi speso soldi dello Stato per organizzare gite in Egitto e non per nominare supplenti quando qualcuno si è ammalato.
A differenza del candidato alle elezioni comunali io non posso dire: “Per che questo non avvenga, chiedo la continuità dandomi un voto di fiducia sul simbolo sotto elencato, e scrivere la preferenza, come da fac-simile”. Posso solo sperare che un migliore rapporto con la lingua italiana porti tutti a riconoscere le competenze degli altri senza dare per scontate che non ci siano. Se il candidato non proprio ferrato in italiano avesse cercato una consulenza linguistica avrebbe potuto esprimere le sue idee anche condivisibili in altro modo, senza questa sfida alla cultura che avvilisce chi queste cose le insegna a scuola. E a poco serve sapere se il candidato è stato o meno bocciato ed ha o meno un titolo di studio secondario: la realtà è che ritiene l’italiano una merce leggera, da trattare con noncuranza e senza cura. Tanto comunque chi vuol capire capisce e chi vuol votare vota lo stesso.