09.07.2012
Meriti ed
eccellenze
di Giancarlo Cavinato
‘Vostra eccellenza che mi sta in cagnesco…’ ( G.Giusti)
MERITO = azione o qualità
che rende degno di lode; diritto alla lode, alla stima, dovuto alle qualità
di una persona o cosa; valore, pregio; riconoscerlo apertamente; ricompensa,
premio ( ‘Dio ve ne renda merito!’)
ECCELLENZA = condizione e qualità di eccellente, persona che ha
titolo di eccellenza, titolo dato anticamente a imperatori, re, pontefici e
oggi a ministri, alti funzionari e simili
(Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana)
Un genitore a un ragazzo che sta partendo con un gruppo come rappresentanti di una intera scuola vincitrice di un concorso: ‘Sei stato scelto perché sei the best, the winner, il migliore, vai avanti così e fatti strada!’
Ogni Ministro dell’Istruzione si vuole distinguere per una sua missione che viene propugnata come salvifica.. Lombardi fece una convenzione con la Confcooperative e per qualche anno vennero istituite le ‘cooperative di classe’. Poi i fondi vennero meno e il tutto fu dimenticato. D’Onofrio introdusse il sistema dei crediti e dei debiti ma fu soprattutto la campagna dello zainetto a immortalarne l’opera.
Berlinguer istituì la commissione dei saggi invitata a indicare i ‘saperi essenziali’ e volle ristrutturare la scuola invece che su un sei più sei su un più arduo sette più cinque (e si incagliò sull’onda anomala). Ma più ancora segnò il suo ministero l’equiparazione pubblico-privato con la legge di parità che però non vide mai sancito il dovere delle scuole paritarie di uniformarsi alle modalità di reclutamento e all’organizzazione della scuola statale. Il coronamento del suo mandato fu l’autonomia scolastica. De Mauro si cimentò nella commissione per i curricoli ma le consorterie universitarie si impegnarono in una guerra di rivendicazioni di spazi cattedre poteri. Ambedue valorizzarono i ‘gioielli di famiglia’, in particolare la scuola dell’infanzia e la primaria proponedo quali modelli pedagogico-didattici Lodi e don Milani.
La Moratti ammantò la sua destrutturazione della scuola statale con fumosi e improbabili pedagogismi misticheggianti sui ‘talenti’, stravolgendo l’aspirazione che fu di don Milani per ‘una scuola per tutti e per ciascuno’ divenuta ‘una scuola per ciascuno e per tutti’. Volle introdurre, nel mentre eliminava le condizioni operative per una scuola inclusiva, i ‘piani personalizzati’, le ‘équipes pedagogiche’, il portfolio e, avvalendosi di nomi quali quello di Hillmann, e del più modesto Bertagna, accreditare in grandi conventions le scuole paritarie come grandi comunità. Il suo modello, più che liberista, era la pedagogia dell’Opus Dei e di San Patrignano. Con le Indicazioni nazionali del 2004 abrogò i programmi preesistenti, fingendo di ignorare quelli De Mauro.
Fioroni volle agire, da gentleman, ‘di cacciavite’, non smantellò la ‘riforma’ Moratti come lei aveva fatto di quella Berlinguer-De Mauro, ma volle ridare credibilità e dignità ai percorsi scolastici istituendo fondi per il benessere e le attività extracurricolari. Si fissò su episodi di bullismo presentando come compito precipuo della scuola la sconfitta di tali forme di anomia e trasgressione, plaudito da una campagna mediatica senza precedenti su allagamenti di scuole e persecuzione di indifesi disabili, su spogliarelli e procaci professoresse . Volle ridare ‘severità’ e con ciò dignità alla scuola reintroducendo norme e sanzioni e sovraccaricando all’inverosimile gli esami di terza media e reintroducendo un peso decisivo attribuito al voto di condotta quale ‘rimedio’ contro atti trasgressivi.
Emanò le Indicazioni per il curricolo, in parte migliori e più aperte, in parte ricalcanti, fatte salve le splendide premesse, quelle Moratti nelle parti più ‘tecniche’.
Gelmini… che dire di Gelmini? Basti una parola: ‘voti numerici’., perché il resto lo hanno imposto Tremonti e Brunetta. Tagli, tagli, ancora tagli. E una grande incompetenza, da tutti riconosciutale.
Al suo confronto, i ministri Bodrato, Malfatti, Falcucci, Galloni, perfino la Russo Jervolino, sembrano luminari della pedagogia.
Ora il ministro Profumo, che sta rimettendo mano alle Indicazioni, chiedendo anche un parere alle associazioni professionali e lanciando i ‘focus group’ nelle scuole, dà già un segnale diverso.
Ma poi arriva come una doccia fredda la ‘novità’ della valorizzazione del merito, del premio alle eccellenze. Davvero il ministro ritiene che, con tutti i mali antichi e recenti della scuola italiana, ben evidenziati da Alba Sasso nell’articolo sul Manifesto del 5/06, sia questo il toccasana che fa fare un balzo in avanti alla scuola italiana, che induce tutti all’emulazione, che riduce abbandoni e disaffezione, che fa iscrivere all’Università più di oggi? Don Milani si rivolterà nella tomba.
Cos’è, il merito, in definitiva, se non la conferma che Pierino, il figlio del dottore, è proprio come vorremmo noi lo studente modello ( contratto formativo, effetto Pigmalione) mentre Gianni, figlio di un esodato o di un lavoratore a contratto a termine, vive in un ambiente che non ne stimola l’affezione alla cultura e la docilità a un sistema di regole vissute come esterne?
E la scuola che è passata attraverso tutti i ribaltoni su descritti, siamo sicuri che grazie a questo ‘supercredito’ possa tornare indietro e ridivenire quella ‘comunità di pratiche’ e di apprendimenti di cui parlavano le Indicazioni Fioroni?
Non è forse suo compito seguire tutti, occuparsi maggiormente ‘dei malati, non dei sani’ ( ‘Lettera a una professoressa’), operare in trasparenza cercando per tutti le strategie migliori, facendo emergere le potenzialità nascoste, intervenendo a colmare differenze ( la Costituzione), evitando rischi di demotivazione, saturazione, autoattribuzione di insuccesso?
Il merito dovrebbe essere di stimolo al demerito, in una scuola che è ridotta a un deserto di opportunità differenziate. Siamo sicuri che si manterrà così un livello di stima reciproca, di relazione di aiuto,di ‘peer education’, di co-costruzione di conoscenze, o non si alimenteranno invece rivalità, gelosie, distanze?
Si parla, ovviamente, di scuola secondaria e,nelle intenzioni del ministro, di facilitazioni ai ‘meritevoli’ per l’accesso all’Università. Ma sappiamo bene che, lanciato il sasso, questo propaga onde a cerchi concentrici nello stagno e, a cascata, la ‘buona pratica’ dell’incentivazione dei ‘migliori’ si diffonde a catena dalla secondaria superiore a quella di primo grado e, chissà forse anche alla primaria. Un esercito di piccoli eroi, tamburini sardi e sangui romagnoli del dovere si profila all’orizzonte. Le conseguenze possono essere gratificanti per qualche docente, ma molto preoccupanti per l’insieme del delicato sistema scolastico dove, oggi più che mai, non si può procedere per ‘spiritose invenzioni’ e ‘pazze idee’. L’’eccellenza’ può rivelarsi una patacca, perché i ragazzi sono complessi come noi adulti e, spesso, imprevedibili. Noi dobbiamo ricondurli a una forma di condivisione empatica, di reciprocità, di assunzione di responsabilità. Questa è la formazione alla cittadinanza che vogliamo, ministro. Non i palchi dei ‘migliori’. Lo dica, per favore, alle scuole, che anche Lei la pensa così. Non si accodi a madama Letizia e a madamigella Maria Stella. Non si fidi troppo dell’INVALSI. Non sempre le ‘eccellenze’ sono quelle che emergono dai dati quantitativi.