05.05.2009
Merito,
demerito e autonomia
di Maurizio Tiriticco
Sono in molti – anche se non tantissimi – a pensare che l’insistenza sul merito, di cui l’attuale Amministrazione si fa paladina, contribuisca a rendere più efficiente ed efficace il nostro sistema di istruzione, che da troppi anni promuoverebbe i suoi alunni sempre e comunque indipendentemente da un reale incremento di conoscenze, competenze, cultura. E i risultati di Pisa, da alcuni anni ad oggi, confermerebbero tale stato di fatto. Pertanto, occorrerebbe ricostruire una scuola “seria” e “severa”, come quella pressessantotto, che sappia in primo luogo promuovere il merito!
Ma, se promuoviamo il merito, che ne facciamo del demerito? Promuoviamo pure i meritevoli, ma vogliamo anche permettere che vengano prodotti immeritevoli? Questa era la scuola di un tempo, funzionale ad un contesto socioeconomico in cui non tutti dovevano essere meritevoli perché gli immeritevoli avrebbero costituito comunque e sempre quella forza/lavoro manuale di cui il sistema aveva necessità.
Del resto a capaci e meritevoli – quindi distinti dagli incapaci e dagli immeritevoli – pensavano anche i Padri costituenti quando vollero che la Repubblica garantisse loro, se privi di mezzi, il raggiungimento dei gradi più alti degli studi (Cost. 34). Ma occorre ricordare che negli anni Quaranta, usciti dal disastro della guerra, non potevamo sapere che gli incapaci e gli immeritevoli non esistono per nascita, ma in forza di un’attenta e sapiente selezione sociale che da sempre ha creato classi di ricchi e di poveri, quindi di “intelligenti” e di “ingenui”, di meritevoli e non meritevoli.
La ricerca socio-antropologica e le numerose scienze dell’educazione solo negli ultimi decenni ci hanno insegnato come stanno effettivamente le cose e, se Don Milani non avesse aspramente redarguito la professoressa della scuola media, o meglio la struttura e l’ordinamento stesso della scuola obbligatoria ottonale, non avremmo mai dato vita alla cosiddetta “scuola del curricolo”. La grande sfida si ebbe negli anni Settanta quando decidemmo che la scuola obbligatoria non avrebbe più dovuto bocciare e produrre immeritevoli, purché, ovviamente, adottasse la strategia del curricolo e, con essa, nuovi modi di accogliere, di insegnare e, soprattutto, nuovi modi di valutare. Ed anche i portatori di handicap avrebbero potuto/dovuto raggiungere il loro “personale” successo formativo!
Ed è stata proprio l’istruzione obbligatoria ottonnale che ha permesso di sconfiggere in pochi anni quell’analfabetismo “strumentale” di massa che da sempre ha caratterizzato la “cultura” della nostra popolazione. La strada della scuola del curricolo era l’unica che avrebbe potuto promuovere l’intero nostro sistema di istruzione, ma così, purtroppo, non fu! La scuola del curricolo avrebbe dovuto farsi carico delle diseguaglianze sociali di ingresso e batterle. Laddove, invece, la scuola della tradizione si limitava a confermarle e legittimarle.
Ma la scuola del curricolo si è fermata a mezza strada! La riforma dell’istruzione di secondo grado non si è mai effettuata ed ancora oggi tutto il nostro secondo grado è ordinato secondo i criteri di Giovanni Gentile, funzionali – siamo negli anni Venti del secolo scorso – ad una società divisa in classi in cui c’è chi pensa e c’è chi fa, il meritevole che riflette e comanda e l’immeritevole che obbedisce ed esegue.
Questo divario profondo tra un primo ciclo orientato verso il “nuovo” ed un secondo ciclo ancorato saldamente al “vecchio” ha pesato e pesa tuttora negativamente sull’intero nostro sistema di istruzione. Da un lato c’è una scuola che “promuove” o che intende “promuovere”, pur tra mille difficoltà, dall’altro una scuola che non sa accogliere i “promossi”, non sa insegnare e non sa valutare. E quest’ultima poi, stretta tra un mare di “debiti” non riscossi ed un esame che dovrebbe certificare competenze ma che amministra solo punteggi, si autoassolve con le promozioni bulgare poco al di sotto del 100%.
Il vero malanno della scuola italiana è tutto qui: un primo ciclo “disordinato” da una normativa convulsa e contraddittoria, un secondo ciclo in perenne attesa di un fantomatico Godot! A fronte di questo reale stato di cose, l’attuale amministrazione agita la bandierina salvifica del merito, una trappola in cui molti sono bellamente caduti!
Ed è opportuno ricordare che la svolta del curricolo e di una scuola effettivamente aperta a tutti e che tutti fosse capace di promuovere è stata confermata e rafforzata da quei provvedimenti che nell’ultimo decennio hanno varato l’autonomia! Il dpr 275/99 recita testualmente all’articolo 1, comma 2: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche… si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, istruzione e formazione mirati allo sviluppo della persona umana… al fine di garantire ai soggetti coinvolti il successo formativo”. Il che significa che la scuola non può e non deve più limitarsi alla sola istruzione, ma deve anche attendere alla formazione della persona e all’educazione del cittadino ai valori della democrazia. E deve adoperarsi perché ciascuno realizzi il suo personale successo formativo. Di merito non si parla e non si deve parlare! E’ un concetto estraneo alle finalità del nostro sistema scolastico!
Ed ancora! Nel 2001 il novellato Titolo V Cost. non solo recepisce l’autonomia delle istituzioni scolastiche, ma indica anche quale deve essere la nuova organizzazione dell’intero Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione. Non è più compito dello Stato, o di un suo ministero, amministrare direttamente l’istruzione, l’educazione e la formazione. Lo Stato deve limitarsi a dare le linee di indirizzo, quelle che alcuni ministri hanno poi chiamato Indicazioni nazionali – che non sono e non devono essere i Programmi ministeriali di vecchia memoria! Non faccia più lo Stato quello che, invece, devono fare le scuole. Ed è a queste che, in forza della loro autonomia, tocca progettare e realizzare i percorsi curricolari.
Tutta questa costruzione culturale, educativa e normativa a cui abbiamo dato faticosamente vita negli ultimi decenni è oggi seriamente messa in discussione ed aggredita! Abbiamo voluto costruire – pur tra mille difficoltà – una scuola che fosse veramente aperta a tutti e che promuovesse tutti, non uno di meno, nella convinzione assoluta che tutti sono meritevoli di fruire del diritto/dovere dell’istruzione. Se su questa strada abbiamo incontrato mille difficoltà, ciò non significa che non sia questa la strada da percorrere! Quello che invece vuole sostenere l’attuale Amministrazione è che questa strada è errata! Che le differenze socioculturali sono differenze genetiche, per cui alcuni meriterebbero, altri no! A che vale la scoperta della Levi Montalcini, in forza della quale non esiste un dna che predetermini il successo o l’insuccesso di ciascuno di noi? Dov’è il fattore di crescita delle cellule nervose se poi un Ministro dell’Università e della Ricerca dimostra di essere ancora legato a meriti e a demeriti?
Per queste ragioni l’esaltazione del merito è un attacco all’intero nostro sistema di istruzione, è un attacco all’autonomia delle nostre istituzioni scolastiche, è un attacco alla stessa democrazia del nostro ordinamento. Dov’è più la Repubblica che deve rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza dei suoi cittadini e che deve garantire il pieno sviluppo della persona umana (Cost. 3)? E l’istituzione scolastica non è una delle formazioni sociali in cui la Repubblica deve riconoscere e garantire i diritti inviolabili di ciascun cittadino (Cost. 2)?
I recenti copiosi provvedimenti hanno inferto colpi duri al sistema di istruzione dell’intero primo ciclo, colpi di cui tutti, alunni, famiglie, docenti e dirigenti stanno subendo i dolorosi effetti che, per altro, non sono ancora del tutto consumati. Ciò che si sta predisponendo per il secondo ciclo – stando almeno ai documenti ufficiosi che sono in circolazione – non lascia affatto bene a sperare! Non si stanno scrivendo Indicazioni nazionali per il curricolo – come si dovrebbe, bensì nuovi Programmi ministeriali, forse più rigidi e circostanziati di quelli di un tempo.
In questo scenario sembra che la questione del merito sia solo uno specchietto per le allodole, con cui si intende nascondere abilmente ciò che si sta preparando per la nostra scuola e per i nostri ragazzi. Il potere centrale vuole riappropriarsi di un bene che, invece, appartiene ai cittadini tutti, alle comunità, ai territori. Ed il merito è lo spartiacque tra i nuovi ricchi e i nuovi poveri di una società in cui pochi dovrebbero decidere e molti obbedire. E’ uno dei tanti aspetti della svolta autoritaria che viene imposta al nostro Paese!