24.12.2012
Il Ministro che tastava il polso
alla scuola
di Aristarco Ammazzacaffè
Adesso che il Ministro Prof. Umo ci
lascia con reciproco piacere e soddisfazione, vogliamo ricordarlo
soprattutto come il Ministro ‘consapevole’.
D’altra parte lui stesso, nell’ultima lettera a studenti e docenti, a
seguito delle manifestazioni del mese scorso, ha voluto ribadire questa
immagine di sè.
E questo è ammirevole. Anche per l’oggetto: Sono consapevole del
grande disagio che le piazze esprimono… [e che] trascende dalle politiche
scolastiche”.
Così. Un incipit folgorante. Sia per l’originalità del pensiero, sia per
l’appropriatezza lessicale. Tanto che uno non crede che un ministro
dell’Istruzione possa tanto.
Però, grazie a Dio, succede.
Sul fatto che lui è ‘consapevole, va rimarcato poi un altro aspetto.
Diciamocela tutta: poteva anche non esserlo, consapevole. È stata una sua
libera scelta.
“Nessuno mi obbligava – ha infatti dichiarato in proposito a non so chi -
ma l’ho fatto lo stesso. D’altra parte, è una di quelle cose - a costo
zero, ovviamente - di cui nel governo mi è stata concessa ampia facoltà.
Facoltà che io ho sempre sfruttato in toto. E su questo insisto ”.
E fa bene.
Ma noi lo vogliamo ricordare anche come uomo dell’ascolto e della buona
volontà.
Una forte testimonianza, al riguardo, sempre nella lettera citata: “L’ascolto
- ribadisce - è parte del mio compito. E molte volte ho dialogato col
mondo della scuola e continuerò a farlo”.
Così. Testuale.
Ammirevole anche quello che gli attribuiscono a commento di questa frase: “Al
momento, l’ascolto, è il mio compito esclusivo, non consentendomene altri,
almeno fino a febbraio. Poi, sia chiaro, batterò i pugni per farmi valere.
Anche in queste ultime settimane, in verità, ho provato a sbattere i pugni
sul tavolo di Monti per impedire ulteriori tagli alla scuola; ma purtroppo
ero in sogno e non ricordo il finale. Che mi hanno raccontato in Consiglio
dei Ministri. È lì che sono stato male e hanno chiamato l’ambulanza”.
Per dire della sua buona volontà.
Povero!
Ci piace ancora ricordare che lui non si limitava ad ascoltare: lui
addirittura “tastava il polso della scuola italiana”, come
letteralmente ebbe a scrivere qualche tempo fa.
Anche se va detto, in confidenza, che non ci ha mai chiarito come e con
quali strumenti. Comunque noi gli abbiamo sempre creduto. Anche quando, a
commento, dicono abbia aggiunto di averne auscultato - della scuola- la
grande sofferenza e di averci molto solidarizzato - “Perché, anche su
questo, ho avuto dal governo ampia facoltà”.
Quasi testuale.
Ma noi vogliamo ricordarlo anche
come il Ministro che le cose che doveva dire le diceva. Quando gli capitava.
Ricorderemo il suo monito agli studenti sempre per le manifestazione di
novembre: “La democrazia - ha ben scritto - ha anche il dovere di
regolare le forme della protesta, in modo da garantire i diritti di tutti i
cittadini. Anche di quanti, come gli agenti di pubblica sicurezza - ha
aggiunto - sono stati e sono nelle piazze per garantire manifestanti e
cittadini”. Così di filato.
Sul piano concettuale, uno potrebbe dire che qualcosa non gira: mettere
insieme capre e cavoli e farci un paragone, non è propriamente cosa da
Emmanuel Kant. Però non è questo che per lui contava. Contava il fatto che
lui le cose che doveva dire le diceva. Senza guardare in faccia a nessuno.
Neanche alla logica.
E, anche sull’idea di aumentare di un terzo l’orario di lezione dei
docenti, ha dimostrato chiaramente che sulle cose ci ragionava sempre. Sia
prima, quando un’idea gli veniva , sia dopo, quando questa, per
incompatibilità, se ne scappava.
Rimarchevole anche la sua ultima dichiarazione di ieri, in Trastevere, a
un gruppo di persone di passaggio: “Comunque, adesso che il mio ministero
chiude i battenti, di una cosa sono orgoglioso: non ho mai chiesto niente a
nessuno, anche nell’attuale situazione di disastro della scuola italiana.
Ho dimostrato che bisogna saper soffrire in silenzio e con dignità e che il
batter cassa per un dicastero, per quanto disastrato, non è da ministro
consapevole. Anche se il contrario - ha aggiunto - non è proprio da
buon ministro”.
In effetti.
Non ci resta quindi che ringraziarla di cuore, Signor Ministro, per quello
che avrebbe potuto fare, ed esprimerle un rinnovato apprezzamento anche per
il suo linguaggio: sempre inventivo, a volte sportivo, comunque recidivo.
Così.