04.11.2006
Elevamento dell'obbligo scolastico
Obbligo di riflessione
di Pasquale D'Avolio, dirigente scolastico dell'I.C. Arta-Paularo
Chi non è d’accordo nell’elevare il livello culturale dei giovani ampliando la loro formazione culturale e civile? Sembra che a mettere in discussione l’elevamento dell’obbligo "scolastico" a 16 anni sin dall’anno prossimo si faccia parte subito della schiera dei conservatori o peggio reazionari. L’accusa era stata ripetuta più volte all’indirizzo della Moratti la quale aveva sostituto l’obbligo con il "diritto-dovere" alla formazione per almeno 12 anni, (ben oltre i 16 anni quindi), ma aveva previsto il "doppio sistema", altrimenti chiamato doppio canale, pur parlando di pari dignità e di profilo unitario in uscita. Non ritorno sulle polemiche del passato; ma ciò che non accetto è che si demonizzi chi, anche a sinistra, invita a una serena riflessione sul modo e sui tempi per arrivare a dare a tutti una formazione di più alto livello rispetto all’attuale e che non è necessariamente, almeno nell’immediato, obbligare tutti a frequentare la Scuola fino a 16 anni.
Diceva Gramsci quasi un secolo fa "La legge è
un'imposizione: può importi di frequentare la scuola, non può obbligarti a
imparare, e, quando abbia imparato, a [non] dimenticare"
E aggiungeva: "Ha più giovato all'alfabetismo la propaganda socialista di
tutte le leggi sull'insegnamento"
Parafrasando quest’ultima affermazione, diremo che giova di più
all’alfabetismo la necessità di tenere il passo con l’evoluzione tecnologica
e dei lavori che una legge dello Stato.
E allora cerchiamo di affrontare con realismo la questione, rifuggendo dagli
anatemi
I Punto: quale "obbligo"?
Nelle discussioni circa l’ "elevamento dell’obbligo" si
usano indifferentemente due espressioni non proprio coincidenti. La
Finanziaria parla di un obbligo di istruzione di 10 anni, mentre il
programma dell’Unione parla di "obbligo scolastico fino a 16 anni". Intanto
obbligo di istruzione e obbligo scolastico non sono la stessa cosa, a meno
che non si intenda che l’unica agenzia in grado di fornire istruzione sia la
Scuola statale (ma l’istruzione informale e non formale dove la mettiamo?).
Obbligare tutti i giovani a frequentare la Scuola fino a 16 anni non vuol
dire necessariamente che tutti percorrano i dieci anni di formazione, dalla
prima elementare alla seconda superiore. Altro è l’assolvimento
dell’obbligo (che si conseguirebbe comunque a 16 anni), altro l’
adempimento (che comporterebbe la promozione alla fine del biennio
superiore). Si può restare 10 anni a scuola e non raggiungere nemmeno
il diploma di scuola media; succede in pochissimi casi, ma esistono anche
quelli (anche perché la licenza media non viene di fatto negata a nessuno
dopo due anni di ripetenza nel primo ciclo).
I tassi sulle ripetenze nei primi due anni delle superiori ci attestano che
a 16 anni un buon 25% degli alunni può essere prosciolto dall’obbligo con il
solo titolo di licenza media, dopo un anno di frequenza obbligatoria, magari
con bocciatura, oltre la scuola media. Se si ritiene davvero indispensabile
che tutti frequentino almeno 10 anni di scuola (un curricolo decennale
intendo) occorrerebbe spostare l’obbligo in avanti … e non è detto che alla
fine venga raggiunto da tutti l’adempimento e non il semplice
proscioglimento! Pensare che, una volta fatta la legge, tutti a 16 anni
possano raggiungere il secondo anno delle superiori o è una illusione o è
una presa in giro!
Il concetto di obbligo andrebbe riferito, a mio parere,
più che agli anni (15 o 16) , al raggiungimento delle competenze essenziali
del cittadino del nuovo millennio. E allora bisognerebbe definire
innanzitutto quali sono tali competenze (quelli che si chiamavano i "saperi
essenziali") e "prosciogliere dall’obbligo scolastico" tutti quelli che li
hanno raggiunti. Come dice giustamente De Anna "la categoria "obbligo
scolastico" per come la si è conosciuta e praticata nel dibattito storico di
politica scolastica è oggi largamente inutilizzabile. Per esempio non si può
ridurre a una definizione quantitativa… in una età particolare.
La questione obbligo, si trasforma dunque. Non una età di soglia, ma la
questione di definizione di quale sia la "piattaforma" di saperi, competenze
conoscenze comuni che appartengono a tutti i cittadini., sulle quali si
costruiscono le opzioni, le vocazioni, le potenzialità attitudinali
individuali.
…Addivenire ad una sorta di definizione di tale piattaforma curricolare
comune è oggi il modo più corretto (e più difficile…) di definire che cosa
si intenda per "obbligo" al di la delle definizioni formali"
Se si partisse da qui forse la questione dei 14 o 16 anni perderebbe gran parte del suo valore Potremmo convenire che per tali saperi occorrano normalmente un curricolo di 8 anni che per la maggioranza degli studenti significa 14 anni, mentre per tutti vale FINO ALLA TERZA MEDIA; dopodiché rimane l’obbligo formativo almeno per altri due anni, da spendere nella scuola o nella FP, come prescrive la 144/99 e come prevedeva la stessa riforma Berlinguer e la L. 53. Scompare a questo punto il limite degli anni; solo il superamento dell’esame di Stato in III media proscioglie dall’obbligo scolastico e permette l’iscrizione o a Scuola o alla FP.
Se veramente fosse indispensabile percorrere un curricolo decennale, se cioè per acquisire i "saperi di cittadinanza" fosse necessario conseguire la promozione alla fine del secondo anno delle superiori, allora dovremmo rassegnarci ad avere dei cittadini formati in maniera "incompleta" . A meno che non si stabilisca per legge che TUTTI siano promossi per 10 anni di seguito!!! Forse qualcuno riuscirà a spiegare questo arcano.
II Punto: quali tempi
Affermare che dal prossimo anno dovrebbe essere
introdotto l’obbligo di frequentare una scuola superiore dopo la III media,
impedire cioè la iscrizione ai corsi di formazione professionale o
addirittura i "percorsi integrati", nelle condizioni attuali della scuola
superiore, è un vero salto nel buio. Significa consegnare i più deboli
culturalmente alla falcidia delle superiori, o rassegnarsi all’abbandono
precoce di ogni tipo di formazione quanti sarebbero "recuperabili" a un
percorso formativo. I dati sulle bocciature non solo, ma anche
l’atteggiamento di una buona parte degli studenti quindicenni verso la
scuola (Indagine OCSE 2003: 38% dei nostri studenti si annoiano a scuola!) o
la situazione di ingestibilità in molte classi delle Professionali (come
viene riferito da quanti ci insegnano) dovrebbero far riflettere.
Conoscono l’obiezione di quanti avversano qualsiasi forma di "separazione"
tra scuola e formazione: i "dualisti" darebbero per scontato che una parte
dei ragazzi è "negata" per lo studio e utilizzerebbero la "diversità delle
intelligenze" non per una maggiore individualizzazione dell’insegnamento ma
per giustificare le disuguaglianze. Si assolverebbero in questo modo la
Scuola Media e le superiori da ogni responsabilità per gli insuccessi e gli
"abbandoni" . Purtroppo a tale situazione non si ovvia con una legge, ma
come dirò dopo, impegnandosi in una battaglia politico-culturale e
pedagogico-didattica al fine di espellere dalla scuole le teorie
neo-darwiniane presenti in molti docenti soprattutto della secondaria
Allo stato attuale è possibile? Non credo
In effetti le voci preoccupate non mancano, anche da parte dei più decisi
sostenitori del biennio obbligatorio dopo le Medie.
Non bastano purtroppo le buone intenzioni enunciate nella stessa finanziaria
all’art 68 per realizzare davvero una Scuola a misura dei ragazzi più
"deboli". E’ apprezzabile quanto si dice nello stesso articolo che
l’elevamento dell’obbligo dovrebbe prevedere nel biennio "attività
di accoglienza, rimotivazione e riorientamento, nonché l'individualizzazione
della didattica in modo da tener conto delle diverse forme di intelligenza e
dei diversi stili di apprendimento"". Sono passati anni, decenni direi
dalla 517 ; si sono spesi miliardi per "progetti antidispersione"
soprattutto nelle superiori fino agli ultimi "infausti" corsi IDEI. Qualcuno
ha fatto una verifica dello spreco di risorse e di intelligenze?
Il rischio quindi è che, come giustamente fa notare la Cinzia Mion, che pure
è a favore dell’elevamento a 16 anni da subito, magari proponendo quello che
viene chiamato l’apprendistato cognitivo, si riproporrebbe quello che è già
avvenuto nel corso degli anni 60 e 70 con la Riforma della scuola media
unica, che avrà avuto indubbiamente i suoi meriti, ma è stata causa di tanti
fallimenti individuali. D. Milani scrive la sua "Lettera a una
professoressa" qualche anno dopo la Grande Riforma della Scuola media unica
E si è dovuto attendere il 1979 per la revisione dei programmi, rimasti per
lo più inapplicati negli anni successivi, salvo la bella stagione della
programmazione e delle schede di valutazione (interrotta inopinatamente da
Berlinguer negli anni 90). Oggi la Scuola Media è la vera "emergenza",
ma non se ne vuole prendere atto, e si continuano a sperperare miliardi per
contrastare la dispersione nel biennio delle superiori quando i guasti sono
a monte.
Una vera riforma della Scuola secondaria (sulla primaria comunque non sono
tutte rose e fiori, ma non è qui il momento di parlarne) si avrà quando si
passerà dalle questioni ordinamentali al cuore della didattica, rimasta
inalterata negli anni dopo la "rivoluzione cognitivista " di cui parla
Bottani nel bellissimo saggio "Insegnanti al timone?" Si leggano al
proposito le dolenti note sempre della Cinzia Mion, di Allulli o della
Farinelli. La prima parla di alunni "dimessi mentalmente" dai propri docenti
fin dalle Scuole Medie, e propone per il biennio l’"apprendistato cognitivo"
(ma chi si impegnerà da subito?) mentre la Farinelli in un recente
intervento su "Scuola e didattica" ha fustigato a dovere gli impazienti
sostenitori del biennio unitario obbligatorio, soffermandosi sui problemi
lasciati insoluti dalla "nuova" scuola media
".. col suo frequente relegare in bricolage quell’"operatività"
fortemente raccomandata fin dai programmi del 1979, con la sua prevalente
tendenza a fare di ogni lezione una conferenza e a tenere separate le
discipline, con il privilegio dei linguaggi astratti e con la riduzione a
mera applicazione , o a mero strumento, di ogni tecnologia. Sono qui le
radici concrete dei processi di licealizzazione che ormai affliggono, nella
scuola superiore, persino l’istruzione tecnica". La conclusione della
Farinelli è che il "biennio unitario" non è la soluzione, ma il problema
L’ultimo documento della Segreteria nazionale FLC (CGIL scuola) su tale
questione è estremamente interessante e indica quali siano le condizioni per
un serio e produttivo avvio dell’elevamento dell’obbligo a 16 anni; la
preoccupazione è quella di evitare la "dispersione" che, come già avvenuto
negli anni 200 e 2001 a seguito della L. 9 /99 (obbligo a 15 anni) è
aumentata invece di diminuire
Perché ciò avvenga, dice la Segreteria FLC, occorre fra le altre cose "Saper
rispondere con modelli inclusivi, ai diversi modi di apprendere, alle
diverse individualità, ai diversi bisogni" e continua dicendo che
condizioni essenziali perché ciò si verifichi è che venga superata
"l’impostazione trasmissiva e nozionistica dell’insegnamento in favore di
una dimensione attiva dell’insegnamento/apprendimento… favorire la
dimensione attiva dell’apprendimento, attraverso un uso della didattica
laboratoriale e dei lavori di gruppo "
Ho riportato solo alcune indicazioni fondamentali a mio parere che
richiederebbero tuttavia un modello di scuola superiore diverso da quello
attuale e … una classe docente di ben altra formazione e professionalità. Il
fatto è che tali condizioni oggi non esistono che in minima parte neanche
nella Scuola Media. Eppure la FLC respinge qualsiasi "compromesso" e insiste
per l’avvio immediato del biennio obbligatorio!
Occorrerebbe a mio parere che le Indicazioni suesposte riguardassero non
solo la scuola superiore ma l’intera scuola secondaria. E’ qui, come ho
detto più volte, che si annida il vero problema della dispersione.
Ma allora occorre "una formazione in servizio e una formazione iniziale dei
docenti coerente con questa impostazione.. con un forte carattere didattico
e non solo funzionale-organizzativo " come afferma il documento sindacale.
Non basta "proporre" nuove metodologie; occorre che esse diventino
patrimonio reale dei docenti della secondaria e per farlo occorrerà
impegnarsi massicciamente in una operazione di "aggiornamento metodologico e
didattico" OBBLIGATORIO a partire dalla Scuola Media. Senza di ciò
non se ne esce; il vero "obbligo" è quello della formazione dei docenti. Su
questo l’ANDIS, l’associazione professionale dei DS, ha proposto la modifica
del "diritto-dovere" all’aggiornamento previsto dal Contratto dei docenti
(qui l’espressione diritto-dovere va bene per le OOSS!) in obbligo.
Se la sente la FLC di proporre un piano di formazione obbligatorio per i
docenti delle Medie e delle superiori? A tal proposito l’indicazione è
abbastanza vaga: si ritiene che il Ministero debba promuoverla, ma non si
dice nulla sulla obbligatorietà
Perché invece non far precedere l’obbligo scolastico da un vero piano di
formazione dei docenti? Fu questo l’errore commesso ai tempi della Scuola
Media, errore che non fu ripetuto negli anni 80/90 per la Scuola elementare,
dove i docenti furono "costretti" a frequentare per 4 anni moduli formativi
obbligatori.
Il curricolo verticale
Ultima questione, ma non meno importante: si parla di un
curricolo 6/16 anni, altri vorrebbero 3/16 anni, altri ancora 11/19 anni. Se
il biennio rientrerà nell’istruzione obbligatoria, esso non può che
collegarsi alla scuola di base elementare-media. Ma mi chiedo: è possibile
realizzare davvero un curricolo verticale con tre scuole diverse:
elementari, medie e superiori? E’ la vecchia questione sulla definizione
della "scuola dell’obbligo" che torna
E invece nei documenti si parla di un biennio con una propria identità!
D.Chiesa, già presidente del CIDI e attualmente consigliere del viceministro
Bastico, lo va affermando da tempo. "Il biennio viene valutato, in questa
impostazione, come la fascia scolare, dotata di propria identità curricolare,
che rappresenta lo snodo non sostituibile per il compimento e lo sviluppo di
alcune funzioni centrali della scuola"
Ora un curricolo unitario richiede una scuola "unitaria". Un "biennio
unitario" che voglia definirsi con una propria "identità curricolare" è, a
parere di chi scrive, un non senso pedagogico-didattico se non altro perché
dovrebbe essere contemporaneamente terminale e propedeutico. A meno che non
si immagini un biennio "Istituto biennale" a cui seguano "Licei triennali",
ma si sa che in questo modo si solleverebbe ancora una volta i licealisti.
In effetti nessuno ha parlato di come avverrà il passaggio dal biennio
unitario ai vari Licei. Quanto più sarà "unitario" tanto più diventerà
problematico il proseguimento in uno dei Licei "specialisti"; quanto più
sarà "articolato", finirà per prefigurare una "scelta precoce" che si
criticava nella riforma Moratti e che invece, a parere del sottoscritto,
sarà impossibile da evitare
La questione ordinamentale
Mi sono soffermato sugli aspetti di carattere pedagogico e culturale, ma ciò
non toglie che occorra por mano anche a una revisione non solo dei
curricoli, ma anche degli ordinamenti. Anche a tal proposito il documento
della FLC dice alcune cose interessanti, che qui non riporto. Ma anche qui
mi pongo la questione se tutto ciò possa essere fatto in un anno, vale a
dire prima del 1 settembre 2007!
Sugli ordinamenti poche cose: francamente non capisco perché si continui a
parlare di indirizzo tecnico e professionale come di due percorsi
differenti. Quale è il senso di questa separazione dopo tutto quello che è
successo nelle Professionali, dopo il Progetto 92? Ma poi l’istruzione e la
formazione professionale (quella che rilascia qualifiche e non diplomi per
intenderci) non doveva appartenere alle Regioni già prima e ancor più dopo
la riforma del Titolo V?
L’Italia è rimasta l’unica Nazione a distinguere "istruzione" e
"formazione", che mantengono inalterati i significati che avevano nella
legislazione del dopoguerra. Su questo rimando a quanto chiaramente espone
Tiriticco in uno dei suoi ultimi interventi, laddove si mette in risalto
l’equivoco di una "formazione" tipo anni 50 (formazione per il lavoro) a
fronte di una "istruzione" di tipo "disinteressata" prettamente liceale.
Quanto ai Licei o Istituti superiori infine, come si vorrà chiamarli, avremo
finalmente quella unitarietà che inseguivamo già dagli anni 70 e poi con il
Progetto Brocca e che con l’ultima vicenda della Moratti si è voluti tornare
a distinguere tra "generalisti" e "vocazionali", vale a dire propedeutici e
terminali? Un bel passo indietro voluto congiuntamente da Confindustria e
Sindacati sulla pelle dei Licei storici, tornati ad essere il regno della
"cultura disinteressata" dopo tutte le sperimentazioni degli anni 80!
I nodi come si vede sono ancora tanti e per scioglierli credo che occorrano
anni; la soluzione prospettata nelle Finanziaria (possibilità di assolvere
l’obbligo anche al di fuori della Scuola o nei percorsi integrati) mi sembra
la più realistica in attesa che si creino tutte le condizioni sopra
enunciate e nascano eventualmente i campus; la proposta ha il solo difetto
di richiamare troppo la riforma Moratti e il "doppio canale" . Ma bisogna
che i sostenitori dell’obbligo scolastico a 16 anni si convincano che non è
con le "barricate ideologiche " che si risolvono i problemi dei ragazzi e
del paese