30.04.2007
Per un
sapere competente
di Maurizio Tiriticco
Prosdocimo Ranocchietti wrote
Gentile Ispettore,
io e mia moglie riceviamo puntualmente le Sue riflessioni
e mia moglie in particolare La ringrazia vivamente per le Sue osservazioni
critiche sulla circolare 28 relativa al nuovo esame di licenza media che da
quest’anno dovrebbe concludersi con la certificazione delle competenze
acquisite dagli alunni. Come sa, lei insegna in una scuola media e si trova
in grande difficoltà – insieme ai suoi colleghi – per essere tenuta ad una
operazione del tutto nuova e di indubbia difficoltà senza avere avuto alcuna
informazione all’inizio dell’anno scolastico. Come Lei acutamente
puntualizza, non si può spostare il traguardo quando gli atleti corrono:
significa alterare la natura e l’esito della gara.
Per non dire della estrema grossolanità e superficialità con cui la
circolare 28 affronta la questione. Se di competenze si deve parlare, se ne
parli, ma su un terreno che sia argomentato, documentato, propositivo! Non
con un improvvisato dossier di oggetti eterogenei che il Mpi ci fornisce sul
sito. Si tratta di un’innovazione che implica concetti e procedure nuove che
richiedono interventi mirati e i tempi necessari perché alunni, insegnanti e
genitori comprendano la svolta a cui andiamo incontro. Le assicuro che mia
moglie si sente profondamente offesa.
Come tanti, è disponibile al cambiamento, ma l’Amministrazione fa del tutto
per confonderla e dissuaderla!
Ma non è di questo che volevo parlarLe! Ho dato retta ai suoi consigli e ho
cominciato i miei giri sul web… mirabile visu!
Dal sito www.adiscuola.it ho scaricato il documento del gruppo di lavoro del
nostro Ministero sull’innalzamento dell’obbligo di istruzione nonché tutta
la documentazione connessa, le Raccomandazioni europee, lo "zoccolo duro"
francese, gli "insegnamenti minimi" spagnoli. E ho letto tutto avidamente!
Quante cose non so! Molti dubbi che Le avevo manifestato al nostro primo
incontro – era lo scorso gennaio – sono stati chiariti, ma…
E vengo al dunque: le esprimo due perplessità, e non di poco conto.
1) Premetto di avere molto apprezzato la Sua sintesi
sulla storia della nostra scuola che mi piace riportare:
a) dall’Unità nazionale agli anni Sessanta gli insegnamenti erano impartiti
in base a Programmi ministeriali e si fondavano su precisi
contenuti che gli alunni dovevano acquisire, pena l’esclusione;
b) poi c’è stata la grande svolta della Programmazione curricolare e
degli obiettivi, in larga misura cognitivi;
c) oggi, dopo l’autonomia, dopo la necessità di un allineamento in
dimensione europea, dopo gli apporti delle neuroscienze che ci hanno fatto
capire che i processi di costruzione della conoscenza sono assai complessi,
che vi sono intelligenze multiple e che non si apprende solo con il
pensiero lineare, diventano centrali le competenze e la loro
certificazione. Ma sono veramente cose del tutto nuove? In effetti,
quando noi insegnanti lavoravamo sui contenuti prima, sugli obiettivi poi,
di fatto, non sollecitavamo già competenze, anche se non le si chiamava
così? Lei stesso osservò che una buona traduzione dal greco all’italiano è
pur sempre una competenza!
2) Ho letto attentamente le innovazioni francese e spagnola sull’obbligo, ma ho anche notato che vi sono alcune preoccupazioni: il rischio che la corsa alla competenza indebolisca la priorità di conoscenze che tutti riteniamo fondamentali; ed il rischio che l’inseguire competenze a largo spettro valide per tutti finirebbe con l’abbassare ulteriormente la qualità dei livelli di uscita, per cui il limite di cui soffre ogni scuola di massa non sarebbe liquidato in via definitiva, anzi!
Non so se mi vorrà rispondere Vorrei almeno che rilevasse che non credo di essere più l’ingenuo sprovveduto dello scorso gennaio. Avvertirà che ce la sto mettendo tutta per capirci qualcosa!
Roma, 25 aprile 2007
Suo Prosdocimo Ranocchietti
Maurizio Tiriticco risponde
Caro Professore!
Prima di tutto, non Le permetto di pensare a Lei come ad
uno sprovveduto. La questione è più semplice: carenza di informazioni! Ma,
se un professionista è tale quale Lei è, l’essenziale è non stare mai con le
mani in mano e capire, capire, capire, sempre! Un professionista, oggi, non
può non avere gli occhi e le orecchie sempre vigili su ciò che cambia,
giorno dopo giorno! Soprattutto se è un insegnante, perché ha responsabilità
maggiori di un meccanico o di un dentista! E’ un lavoro di frontiera il
nostro, perché lavoriamo con le materie prime della società della
conoscenza, l’intelligenza e la competenza. Del resto, nessun titolo di
studio può durare per tutta la vita! E il convegno di gennaio per Lei è
stato una salutare frustata!
Ma veniamo ai suoi dubbi, che ovviamente non saranno soltanto due! D’altra
parte, il dubbio è la condizione dell’uomo contemporaneo e Brecht ne ha
tessuto anche una lode che tutte le antologie scolastiche riportano. Io ne
ho molti di più! Uno dei più rilevanti – sotto il profilo dei fini
dell’educazione – è come creare le condizioni di una autentica laicità, sul
fronte degli insegnamenti, della ricerca, della politica complessiva
dell’istruire e del formare. Sì, laicità e pluralismo, a fronte dei tanti
fondamentalismi vecchi e nuovi! Ma ora torniamo a noi! Provo a rispondere
alle Sue domande.
1) Pensiamo ad un nostro studente. E’ certo che una
bella traduzione dal greco come un’argomentata dissertazione sulla Critica
del giudizio sono precise performance nonché segnali di altrettante
competenze in fieri, se confermate da performance analoghe! Ma
la questione è un’altra! Che non tutte le competenze – quelle che a noi oggi
interessa attivare – hanno un rapporto diretto con un’unica disciplina od
area disciplinare! In effetti, sono sempre più conoscenze disciplinari, tra
loro connesse pluri- od interdisciplinarmente, per di più implementate da
altre caratteristiche della persona (abilità, capacità, potenzialità, stili
cognitivi, inclinazioni, atteggiamenti, attitudini et al) che danno
luogo ad una competenza. Se Lei ci pensa bene, la "tesina" che il candidato
all’esame di Stato presenta sulla relatività o su Le Corbusier, quante
discipline coinvolge? Ed ancora – al di là dell’istruzione – quante
discipline concorrono al progetto di un architetto? O a quello di un
urbanista? O ad una operazione di alta chirurgia alla quale concorrono più
specalisti? E’ chiaro che il bambino che acquista Topolino deve saper
contare per pagare e leggere per non confonderlo con il Corriere
dello sport. Insomma, vi è un crescendo nel campo delle competenze, da
quelle più semplici a quelle più complesse.
Ed è questo crescendo che dobbiamo considerare, oggi, quando attiviamo
apprendimenti. Certamente, la scuola elementare obbligatoria biennale della
legge Casati puntava su conoscenze elementari, appunto, spendibili in quelle
competenze semplici necessarie per la prima sopravvivenza in un’Italia
postunitaria! L’Italia di oggi è tutt’altra cosa e, se parliamo di obbligo
decennale, è perché noi tutti oggi necessitiamo di competenze funzionali ad
una sopravvivenza che si fa sempre più difficile e complicata. Per queste
ragioni, non possiamo più contentarci di competenze semplici, lineari,
direi, leggere scrivere e far di conto, ma di competenze altre ed alte, che
riguardano essenzialmente due ampie macroaree: quella dei saperi che ci
consentono di misurarci con professionalità sempre più complesse; quella del
saper essere cittadini in una società sempre più globalizzata.
Ricorro ad un esempio: il fatto che un Suo alunno, in sede di
interrogazione, Le dimostri di sapere tutto della Seconda guerra punica è un
fatto indubbiamente importante e va premiato! Si tratta di una
performance linguistica e storica. Ma Lei ben sa che a distanza di tempo
questa brillante e puntuale conoscenza è destinata a deteriorarsi, ed è bene
che sia così, perché il data base della nostra memoria non è quella
di un disco rigido. Noi archiviamo, ma selezioniamo anche, e cancelliamo,
forse in via non definitiva, per far posto ad altri dati, più utili – nel
senso migliore del termine – a salvaguardare una sopravvivenza che si fa
sempre più esigente. Ed allora, a me insegnante interessa verificare se il
mio bravo alunno, passato attraverso lo studio di mille guerre e mille paci,
su quei dati prima memorizzati e poi decaduti ha costruito qualcosa di
altro, che concorra a quella competenza etico-civile che ci fa distinguere i
disvalori delle guerre dai valori della pace. In tale ottica, può anche
darsi che dieci otto presi in storia dal "bravo" alunno corrispondano ad un
unico zero in competenza etico-civile. E’ il caso dell’ufficiale delle
Esseesse che al piano suona, tutto ispirato, Per Elisa, dopo aver ordinato
l’accensione del forno crematorio!
2). Un tempo potevamo parlare di saperi, e molti
autori, anche autorevoli, parlavano di saperi disinteressati, finalizzati
all’otium, diversi da quelli interessati, finalizzati al negotium,
all’esercizio di una professione, qualunque essa fosse. Se ci pensa bene,
non è stato mai così veramente! In effetti, i saperi "disinteressati"
conducevano dritto dritto alle professioni "liberali", tutte intellettuali,
mentre quelli "interessati" – guarda caso – conducevano dritto dritto ai
lavori manuali. E lo stesso sistema scolastico rifletteva puntualmente tale
divisione: da un lato il liceo, dall’altro l’avviamento al lavoro. Quando
sarebbe stato più corretto affermare che il liceo avviava ad un lavoro di
serie A e l’avviamento ad un lavoro di serie B. Oggi dobbiamo guardarci bene
da questa trappola che da sempre le classi dominanti hanno sapientemente
costruito ed ostinatamente difeso. La lotta di classe – è una terminologia
non più di moda, ma in questo caso è calzante! – forse ha perduto tante
battaglie, ma questa l’ha vinta!
Siamo tutti convinti, ormai, che non c’è sapere che non comporti un
interesse, che non "serva" a risolvere uno o più problemi, piccoli o grandi
che siano… anche se, oggi, i problemi sono tutti di portata mondiale! Per
queste ragioni possiamo affermare che dalla molteplicità dei tanti saperi
"disinteressati", di cui una certa cultura ci ha sempre voluto convincere,
stiamo passando alla consapevolezza di un sapere complessivo e complesso, di
un sapere competente, in quanto finalizzato pur sempre ad un
qualcosa: che sarà materiale (dalla costruzione di un ponte alla riparazione
di una caffettiera) ed immateriale (godere di una lettura, di un’opera
d’arte). Si tratta di un nuovo autentico sapere competente di cui
tutti debbono godere, perché questo è il primo fondamento delle democrazia,
che ci fa liberi ed eguali (dall’articolo 3 della nostra
Costituzione)! La centralità delle competenze, oggi, nell’educazione,
istruzione e formazione (il richiamo è al comma 2
dell’articolo 1 del Regolamento dell’autonomia scolastica!) non è affatto un
optional! Significa restituire ai saperi quella unitarietà e quella
dignità che da sempre i ceti dominanti hanno voluto misconoscere per puri
interessi di classe! Oggi la conoscenza deve essere per tutti, non uno di
meno, dalla nascita e per tutta la vita. E’ un’affermazione che implica una
sfida, sulla quale ci stiamo misurando qui e in tutti i Paesi ad alto
sviluppo. E’ una sfida difficile, che incontra forti resistenze, proprio
perché il sistema neocapitalistico mondiale non fa sconti, ed è allarmante
constatare che la morte per fame e le calamità naturali sono tuttora
fenomeni inarrestabili! Sono le nuove frontiere di quelle lotte che un tempo
erano più semplicemente – si fa per dire – lotte di classe!
Non voglio andare troppo lontano! L’essenziale è comprendere che questa terza fase del nostro sistema educativo – dopo quella dei programmi e quella della programmazione – questa fase delle Indicazioni nazionali e della certificazione delle competenze non è un salto nel buio, anche se costituisce un passaggio difficile. Come, del resto, fu difficile per i nostri Comuni negli anni Sessanta di due secoli fa trovare tra tanti analfabeti persone che sapessero leggere e scrivere e che potessero essere "patentate" per insegnare i primi elementi del sapere, e reperire spazi per raccogliervi i primi alunni obbligati della nostra prima scuola nazionale! Dopo millenni di ignoranza! Sono battaglie che si vincono, se siamo consapevoli che sono più che sacrosante!
Con viva cordialità
Roma, 29 aprile 2007