09.08.2010
Tecnici,
licei e ... Gentile
(risposta a Stefano Stefanel)
di Pasquale D'Avolio
Lo stimolante intervento di Stefanel sui “tecnici e professionali” parte da un assunto che da sempre si può dire angustia coloro che si occupano della scuola italiana: “La mentalità “gentiliana” che voleva l’umanesimo come punto più alto della cultura nazionale. ha lasciato un solco profondo e indelebile nella scuola e nella società italiana e così i migliori alunni sono spinti da tutta la società verso i Licei”. E questo naturalmente è visto come un fatto negativo. Si dà il caso che la maggioranza dei critici, tra cui Stefanel, abbiano frequentato i Licei!
A questo punto direi che le questioni sono due: il perché i ragazzi migliori scelgono i Licei e se davvero nella nostra società l’umanesimo rappresenti davvero il punto più alto nella cultura italiana. Sul primo punto credo non esistano dubbi e le statistiche sulle iscrizioni alle superiori dimostrano inequivocabilmente tale assunto[i]; quanto al secondo punto, direi che il discorso andrebbe suddiviso per aree geografiche. Nel senso che al Sud ancora oggi la prevalenza della cultura umanistica (letteraria-filosofica) è fuori discussione, mentre al Nord possiamo affermare che ciò non sia del tutto vero, almeno dagli anni 50 in poi. La prova è anche data dal fatto che le “professioni liberali” che un tempo andavano per la maggiore, anche al Nord, sono in netto calo rispetto a professioni più legate al mondo economico-produttivo. Non inganni il numero di iscritti alle facoltà umanistiche, con un’alta percentuale femminile e con tassi di abbandono o di disoccupazioni elevatissimi!
Ma qual è il vizio vero dello “gentilismo”? Più che nella presunta superiorità degli studi umanistico-letterari, direi che esso risiede nella separazione tra le “due culture”. Ma di questo soffre non solo l’istruzione tecnico-professionale, bensì anche quella liceale. Il dibattito sulla riforma degli istituti di istruzione secondaria si è purtroppo concentrato solo sui tecnici, mentre sulla riforma dei Licei pochi si sono interessati, con il risultato che il Regolamento dei Licei (era Gelmini) rappresenta la più grossa delusione per coloro che avevano puntato a un rinnovamento reale di tali studi.
Eppure le iscrizioni ai Licei (specie quello scientifico) salgono e gli insegnanti delle Medie inevitabilmente indirizzano i “migliori” studenti al Liceo.
Uno dei motivi lo riconosce lo stesso Stefanel: “la preparazione indubbiamente migliore al fine dell’accesso all’Università che i Licei danno” anche se, aggiunge Stefanel “i Licei possono far raggiungere risultati migliori ai propri studenti soprattutto perché hanno gli studenti migliori” E’ insomma un “circolo virtuoso”, potremmo dire, quello che favorisce i Licei,mentre diventa “vizioso” per i Tecnici.
Ci sono soluzioni? Direi che ce ne sarebbe, o meglio sarebbe stata, una sola ed era la soluzione “Bertagna-Moratti”, avversata un po’ da tutti, dalla sinistra in primo luogo, ma anche da Confindustria e Sindacati. Si è agitato lo spauracchio della “licealizzazione” dei tecnici e non si è pensato che con quella Riforma anche i Licei avrebbero dovuto a loro volta “tecnicizzarsi” (uso un termine improprio). D’altronde era questo l’obiettivo del progetto Brocca degli anni 90 e credo della stessa Riforma Berlinguer, il quale aboliva addirittura il nome di Liceo (tutti chiamati “Istituti”, lasciando fuori l’istruzione e la formazione professionale, di cui non si occupava infatti la L. 30/2000), mentre con Moratti tutta l’istruzione superiore diventava “liceale” e rimaneva fuori la sola Istruzione professionale, che adeguatamente riformata avrebbe consentito di avere quei “tecnici” intermedi (con la qualifica triennale) e anche superiori (con adeguati “passaggi”), di cui aveva ed ha bisogno il nostro sistema produttivo. E invece con Fioroni e Gelmini siamo tornati alla “separazione”e alla vecchia tripartizione, questa sì di gentiliana memoria, andando oltre e contro lo stesso Titolo V e mantenendo una distinzione poco comprensibile tra istruzione tecnica e professionale all’interno dell’istruzione statale.
Non mi soffermo sul “tradimento” dei Licei mentre trovo abbastanza strana la proposta Stefanel sui Tecnici. “Gli studenti dei tecnici e dei professionali devono imparare a leggere il mondo, non a leggere Verga, Pirandello o Dante”: Passi per l’istruzione e la formazione professionale di primo livello, ma per l’istruzione tecnica non posso essere d’accordo. E come si “legge il mondo”, caro Stefano? “Attraverso la multimedialità, la conoscenza delle lingue, la comprensione di modelli di sviluppo e dei cambiamenti storico sociali”? La multimedialità da sola, se non sostenuta da solide basi culturali, anche letterarie (ma non solo si intende), non produce bravi tecnici, ma semplici esecutori di programmi costruiti da altri. Quanto allo studio delle lingue, occorre intendersi: non credo tutto debba ridursi al possesso degli strumenti comunicativi moderni, ma ancora una volta bisogna insistere su una educazione linguistica completa, quella che aiuta non solo a esprimersi correttamente, ma anche a “leggere” il mondo. Se è vero che tra pensiero e linguaggio corre un filo diretto, “ è l’organizzazione intelligente dei connettivi logici, come dice Tiriticco, soprattutto di quelli della subordinazione, che incrementa la produzione intellettuale, che si fonda su interrogativi, ipotesi, dubbi, argomentazione, quindi ricerca e soluzione progressiva ai problemi dello studio, ma anche del vivere quotidiano” Per leggere il mondo bisogna avere le “lenti” adatte e l’educazione linguistica, così come lo studio dei grandi autori della letteratura, non solo italiana, non solo moderna o contemporanea, aiuta moltissimo. E come si può acquisire “la comprensione dei modelli di sviluppo e dei cambiamenti sociali” se non impadronendosi degli strumenti interpretativi che solo la storia, unita alle scienze sociali, può darci?
I nuovi Tecnici tutto questo lo prevedono nei programmi, ma sarà possibile davvero sviluppare tale “materia” (come la chiama Stefanel) quando la realtà dei frequentanti tale tipo di scuola è quella che è?[ii] E che lo si riconosca senza infingimenti è prova di onestà intellettuale, di cui a volte difettano gli estensori delle Indicazioni. I Dirigenti e i docenti dei tecnici e professionali privatamente o confidenzialmente lo ammettono, salvo poi a propagandare il loro istituto richiamandosi alle elevate enunciazioni dei programmi.
Cambiare i Tecnici, ma cambiare anche i Licei, ricostruire l’unità della cultura che comprende l’umanesimo letterario, l’umanesimo scientifico e quello tecnologico: era la grande scommessa degli anni 90, ritentata da Bertagna e Moratti, ma ahimé abortita.
Quando si riparlerà di una Riforma vera dell’istruzione superiore?
[i] Che poi i “migliori” appartengano per lo più ai figli di famiglie benestanti o soprattutto “acculturate”, la dice lunga sulla “unitarietà” della scuola di base e sulla “pari dignità” dei percorsi superiori
[ii] La prova ne è che gli Istituti tecnici nella maggior parte delle Regioni sono riusciti ad accaparrarsi il “Liceo delle scienze applicate” sottraendoli ai Licei. Così all’interno degli istituti tecnici avremo due opzioni, quella tradizionale (seppur rinnovata “sulla carta”) e quella liceale. Sarebbe interessante sapere come si distribuiscono le iscrizioni tra le due opzioni tenendo conto dei giudizi finali delle Medie!