Le convergenze etiche
nella gestione e valorizzazione delle risorse umane nella scuola
Ho sostenuto recentemente la necessità di recuperare in educazione una etica forte
riferendomi in particolare all'etica dell' "essere per gli altri".
Ritengo infatti indispensabile in questo momento di trasformazioni del mondo della scuola
non sempre orientate dalla bussola del buon senso e da certezze, avviare un
discorso sul comportamento indispensabile per guidare i processi innovativi in atto nel
nostro sistema educativo, nelle nostre scuole che occorre sicuramente considerare come
comunità educanti.
La ricerca appassionata e qualche volte, se così posso dire, ossessionata della qualità
in educazione può far dimenticare l'esigenza che i nostri comportamenti, i comportamenti
di quanti lavorano nel sistema educativo in particolare dirigenti ed insegnanti, siano in
qualche modo regolati non certo dall' "etica dell'amor proprio" di cui parla
Savater in un recente saggio ma da un 'etica dell'agire comunicativo (Habermas) non certo
dalla ricerca di un'impossibile "razionalità assoluta" quanto da una più
conveniente realizzazione di una"razionalità limitata" o possibile .
L'emozione ed il sentimento, sempre individuali e ribelli ad ogni legge, hanno preso il
posto della consapevolezza basata sul pensiero in questa società caratterizzata dalla
diversità, dall'opposizione, dalla frantumazione.
Siamo spesso l'un contro l'altro armati, le parole sono urlate pù che dette,
l'insulto,la polemica solo per la polemica, al posto del rispetto dell'altro e la
ricerca costante della comprensione reciproca hanno sopraffatto gli antichi segni della
nostra civiltà.
Nel lavoro a scuola spesso si cerca l'autoaffermazione anzichè la collaborazione
per il successo comune e non solo personale, e questo vale sia per gli insegnanti che per
gli alunni.
La sola consapevolezza ,attraverso uno studio psicologico avanzato, delle dinamiche che
regolano la comunicazione interpersonale nella scuola, intesa come organizzazione e
sistema di competenze, non è sufficiente: ad esempio, un approccio sulla persona di tipo
rogerersiano con tutta la metodica applicativa conseguente non aiuta a ridurre la
complessità anzi rende quasi il sistema artificiale : ogni volta si pone un problema,
l'uomo agisce in maniera spontanea , normalmente non compie un'analisi di tipo
psicoanalitico del suo o dell'altrui comportamento.
Non basta inoltre ritenere che tutto nella scuola è "risorsa" comprendendo in
questo termine anche la persona, perchè esso è debitore della condivisione e del
riconoscimento di tutti.
Occorre invece verificare la possibilità di "convergenze etiche".
Il mio lavoro è infatti per me soddisfacente non solo e non tanto perchè soddisfa la mia
persona ma perchè riconosco che attraverso l'altro e con l'altro rendo un servizio
significativo alla società.
Non "chiedo" soltanto agli altri ma "rispondo" agli altri. Non ho solo
diritti ma rispondo a doveri precisi.
Non dobbiamo tuttavia incorrere nell'errore di considerare una contrapposizione
netta tra "l'etica della virtù" di cui parlava MacIntyre e "l'etica
delle regole" . La verità non sta mai da una parte. Le due morali non sono
contrapposte come può apparire ad una prima lettura. "Tanto l'una quanto l'altra
hanno per oggetto l'azione buona, intesa come azione che ha per motivo la ricerca e per
fine il conseguimento del Bene. Con questa differenza: che la prima la descrive, la
indica, la propone comne esempio; la seconda la prescrive, come un comportamento che si
deve tenere, come un dovere" (N.Bobbio, Elogio della mitezza ed altri scritti morali,
ed. LINEA D'OMBRA, 1994 ).
Non dobbiamo contrapporre dunque la virtù alle regole ma occorre cumulare la loro
efficacia.
E' un compito eccezionale per tutti noi in un momento, forse il più alto, della crisi
dell'uomo.
Italo Mancini aveva descritto magistralmente in un breve passo il volto attuale della
crisi, soprattutto nei mondi cosiddetti dell'autonomia...
La formuletta di cui ha fatto uso è quella di "asignificanza delle
rotture" tratta da un libretto di Deleuze e Guattari chiamato "Rizoma".
"Sembrano due parolette, ma in realtà si tratta di una cosa tragica. Qui si tocca il
fondo dello smarrimento; oltre c'è solo la follia del vivere senza normalità. Cerchiamo
di chiarire questo senso con parole semplici. Nella storia dell'occidente, nella voce
della coscienza comune, e soprattutto nella rivelazione del Signore, pensate al tema delle
due vie, la gente ha sempre distinto tra buono e cattivo, tra giusto ed ingiusto. La
distinzione tra bene e male era significante. Il rimorso aveva una voce, l'espiazione era
cercata, la pena giustificata(...) Ebbene questa significanza delle rotture oggi è messa
in crisi.( ...) Che bene e male, giusto ed ingiusto non abbiano alcun senso, e tutto sia
innocente, buono, purchè si riesca a sopportarlo, questo ha effetti davvero devastanti.
Concetti come dovere, impegno, fedeltà, lealtà, fini da raggiungere, neanche si nominano
più; volerli far valere è appendere la giacca all'attaccapanni riflesso nello
specchio." ("Asignificanza delle rotture" in Tre follie, Italo MANCINI,Ed.
Camunia, 1986, pag.137)
Il rizoma è un paradosso botanico , una pianta che vive con le radici pendule nell'aria e
il tronco che si nasconde sotto gli arenili.
Il significato è chiaro, avvertiva don Italo,"l'uomo non ha e non deve avere più
radici, non ha e non deve avere una direzione verso l'alto. Non ha fondamento e non
ammette autorità. Nessuno è più responsabile di lui, nè Dio, nè i genitori, nè i
maestri; ha la sua vita nelle mani come un pezzo di carta; un pezzo di carta su cui si
può scrivere un pensiero, di cui si può fare una barchetta, ma che può anche essere
strappato a pezzettini, e buttato nel cestino..."(op.citata, pag.139)
E allora vediamo se possiamo trovare la soluzione in un etica dell' "agire
comunicativo" diretto all'intesa per battere l'"egoismo autoaffermativo".
Ciò è indispensabile per superare gli ostacoli che inevitabilmente si incontrano nella
prassi dei "luoghi pedagogici" quando ad esempio tra gli educatori prevalgono
comportamenti egocentrici su quelli invece improntati a collaborazione e
reciprocità.
Ed ecco che l'etica dell'"essere per gli altri" si impone anche a chi non è
cristiano.
In questo contesto l'agire sovrasta per importanza il semplice dire. Non solo dunque la
parola , ma soprattutto l'azione è ciò che illumina l'essere per gli altri....
E' necessario ritengo assumere la parola e l'azione a criterio dell'intero comportamento
appellandosi alla volontà e al cuore, all'integrità dell'uomo.
Chi ha bisogno di me? Ciò che ci guida è essenzialmente la disponibilità verso il
prossimo, verso chi ci è vicini.
So infatti fin troppo bene cosa devo a me stesso ; so anche altrettanto bene,
che cosa mi devono gli altri. E' naturale la tendenza a conservarci, a favorirci, a
custodire e coltivare il nostro io.
Identica attenzione ci viene chiesta nei confronti del prossimo. Deve cadere ogni
barriera: assumere il punto di vista dell'altro; dare all'altro ciò che crediamo di
dovere a noi stessi.
E' un orientare l'io in direzione dell'altro senza rinuncia alla consapevolezza di sè; un
essere vigili, aperti, disponibili.
Questa disponibilità è servizio...chi ha bisogno di me? (si veda Hans Kung
"Essere Cristiani", Arnoldo Mondadori editore, pag.283)
E' un servizio altruistico che non conosce rapporti gerarchici.
E' per il dirigente scolastico ad esempio un costruire l'autorità non fondata
semplicemente sul diritto o sul potere e neppure semplicemente sulla dottrina e sulla
dignità ma costruita insieme agli altri con spirito di servizio...
Chi ha bisogno di me? E' un mettersi al servizio non solo dei forti e dei sani ma
soprattutto dei deboli: è costruire insieme una "scuola più forte per gli
alunni più deboli"
E' un sogno? forse , ma facciamo che sia il sogno lucido del giorno.
Vorrei tornare ad Italo Mancini per riscoprire un altro concetto la riconciliazione. E'
quello del grande filosofo urbinate un vero e proprio elogio alla riconciliazione:
"...Riconciliazione vuol dire vivere insieme senza rotture, senza odii , con vera
fraternità senza terrore, in cui tutti, mano nella mano, si danno da fare per alleggerire
le fatiche terrene(...).
La prima cosa è darsi da fare per ricostruire una cultura della riconciliazione. Saranno
magari delle tracce, piccoli segni, piccoli gesti, come sentieri nel bosco, ma avranno una
grande importanza. raccogliersi intorno alle parole pace, lavoro, bene, disciplina,
dialogo, comunione; camminare eretti dopo i mille servaggi che hanno incurvato l'uomo nel
corso della storia: ecco alcune tracce per la riconciliazione.
Capirsi,parlarci, riconoscere un unico padre , un unico destino, i grani diritti
fondamentali del vivere insieme; ecco altre tracce per la riconciliazione.(...)
(ibidem, pagg.18,19,20)
Il filosofo ci ha avvertiti che nessuno può farcela da solo nella complessità del
mondo.
Occorre attuare dunque delle "convergenze etiche" ricordando che etico è il
comportamento guidato dalla morale.
Ancora don Italo "Dovunque albeggia una luce, dovunque un uomo agisce lealmente,
dovunque c'è qualcuno che il ripete il motto (fatto scrivere anche da don Milani
nell'aula di Barbiana) I Care, mi preme, mi preoccupo, sono sensibile a te; lì si deve
riconoscere un fratello, uno con cui fare un fronte di lotta comune "