27.11.2005
Nessuna continuità
fra Berlinguer e Moratti
di Vittorio Delmoro
Non spetterebbe a me, umile maestro di scuola elementare, mettere mano alla
tastiera per rispondere all'esimio Scalfari, oppure al dirigente D'Avolio che ci
ripropongono l'ennesima rilettura della riforma Moratti in senso continuista .
Spetterebbe invece a menti più attrezzate (e ascoltate), nel momento in cui si sta
elaborando il programma di governo del prossimo centrosinistra, ma temo che queste siano
più attente ad altre faccende (le compatibilità, gli accordi, i vincoli europei, ...).
All'estemporanea uscita di Scalfari, che nell'editoriale di domenica scorsa definisce la
riforma Moratti una rispolverata della riforma Berlinguer accentuandone il peggio e
attenuandone il meglio, arriva a sostegno l'articolo di Pasquale D'Avolio.
Se la dichiarazione di Scalfari si può annoverare fra le
semplificazioni giornalistiche, dovute più che altro ad incompetenza e alla necessità di
sostenere comunque una tesi, quelle di D'Avolio sono certo più precise e circostanziate e
sono riconducibili grosso modo a questo: consideriamo la Moratti solo una parentesi, una
specie di battuta d'arresto, dovuta più ai fatti che alla volontà; riprendiamo invece la
gloriosa marcia iniziata dal centrosinistra con la riforma dell'Autonomia e la riforma
Berlinguer.
Quella era la strada giusta, su quella strada si poteva già incontrare il porfolio
morattiano, le opzionalità offerte alle famiglie, il taglio dei curricoli, una certa
personalizzazione, e persino i percorsi separati.
La Moratti sarà forse stata eccessiva (pensiero unico), avrà preso tutto questo con
troppo fervore (familismo), ma è sotto gli occhi di tutti come non abbia fatto (neppure
lei) troppa strada : da un lato i poteri forti (l'Amministrazione di viale Trastevere e la
Confindustria di viale dell'Astronomia), dall'altro i contestatori, cui non va mai bene
niente; sta di fatto che siamo sempre al punto di partenza.
Quindi - sostiene D'Avolio - altro che abrogare o riformare, qui occorre riprendere il
cammino !
Si vuol mica tornare alle tranquillizzanti prassi didattiche di un tempo ?
Certo, caro D'Avolio, vogliamo proprio tornare a quelle tranquillizzanti pratiche
didattiche!
Tranquillizzanti, nel senso che non vogliamo sentirci il fiato sul collo da parte
di nessuno, tantomeno del MIUR, dell'INVALSI, del dirigente scolastico.
Tranquillizzanti, nel senso che vogliamo tornare a fare scuola in silenzio, senza i
clamori mediatici, le incursioni parlamentari, le ambizioni politiche.
Tranquillizzanti, nel senso che la relazione educativa di cui si nutre il rapporto
fra noi e gli alunni ha bisogno di un contesto di certezze, di fiducia reciproca, di mutuo
soccorso, di apertura solidale.
Tranquillizzanti, nel senso che le risorse necessarie indispensabili a realizzare
l'apprendimento e l'educazione delle giovani generazioni sia un dato di fatto e non
un'ipotesi o uno scambio.
Pratiche, perché questo è il nostro pane quotidiano, il nostro lavoro, il nostro
modo di esprimerci.
Pratiche, perché, al contrario di molti decisori politici, pensatori e ispiratori
di riforme, giornalisti e persino dirigenti scolastici, solo noi conosciamo cosa significa
stare in classe ogni giorno, ogni anno, per trenta/quaranta anni.
Pratiche, perché qualunque idea, per quanto brillante, se non sfocia in un
miglioramento delle condizioni di vita, nel nostro caso di lavoro, di professione, non
porta poi un gran contributo e risulta pertanto sprecata.
Didattiche, che sono le essenze della nostra professione, quello che ci fa essere
maestri.
Didattiche, che sono il fondamento del nostro essere vicini all'inizio di un
lungo percorso nella cittadinanza attiva.
Didattiche, che sono l'espressione della nostra idea di scuola, spesso del tutto
diversa da quella di chi guarda all'Europa.
Non c'è prospettiva in questo modo di pensare, vero?
Non c'è lungimiranza, non c'è una visione globale di dove va il mondo.
Con simile atteggiamento non solo non s'entra in Europa, ma neppure nel Parlamento
italiano, e meno ancora in una dirigenza scolastica, vero?
Cosa ci vuol fare, caro D'Avolio, siamo immobili, irremovibili, non percepiamo il
continuismo; siamo iconoclasti, parliamo per slogan e siamo fermamente abrogazionisti: non
abbiamo futuro.
Il futuro è invece nelle mani sue, di Scalfari, dei buonsensisti, del Bertagna buono, dei
Rutelli-margheriti, dei Riformisti doc e persino dei Ranieri che distinguono.
Noi siamo cocciuti, vecchi, estremisti e radicali; abbiamo accolto con molto senso critico
(che grazie a Dio non ci manca) l'Autonomia scolastica, preoccupati dalle conseguenze
delle disuguaglianze fra scuola e scuola; abbiamo visto di cattivo occhio la dirigenza
scolastica, perché trasformava un uomo di scuola in manager aziendale; abbiamo respinto
al mittente il concorsone, come respingiamo le prove Invalsi, perché valutare non
significa competere; sulla riforma Berlinguer, abbiamo avuto pareri interlocutori, ma
disponibili a vedere che succedeva.
Ma sulla Moratti tutto è stato chiaro fin dal principio: tentativo di distruzione della
scuola pubblica di stato.
Altro che continuismo.
E da ultimo: siamo noi che continuiamo ad entrare ogni giorno nelle aule scolastiche, è
con noi che ogni giorno convivono milioni di ragazzi; nonostante i vincoli europei, le
compatibilità, gli accordi di governo, è con noi che dovrete continuare a confrontarvi.