02.02.2015
Aboliamo il voto numerico: i commenti sulla nostra campagna
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Il professore Benedetto Vertecchi,
docente di Pedagogia sperimentale presso l'Università di Roma 2, docimologo
di chiara fama, ci ha inviato questo commento
Premetto che le mie riserve sui voti numerici sono anteriori
all'approvazione della legge del 1977, con la quale le vecchie pagelle erano
sostituite da schede per l'espressione di giudizi verbali.
Non starò qui a ricordare come quella legge sia stata fondamentalmente
snaturata col passare degli anni. Nè ripeterò che, per essere attuata
coerentemente con gli intenti che si prefiggeva, quella legge doveva avviare
un percorso virtuoso di ricerca e di sperimentazione, al quale
partecipassero le scuole e le istituzioni per la ricerca. Abbiamo, invece,
assistito al trionfo di una psicopedaburocrazia, che ha risolto un problema
di interpretazione e di analisi in adempimenti formalistici, sotto i quali
si riconosce il significato di bastone da maresciallo che tradizionalmente
era conferito alla valutazione.
Oggi, se possibile, le cose vanno ancora peggio, perché il bastone da
maresciallo colpisce sia in direzione degli allievi, sia - tramite le
cosiddette valutazioni di sistema - in direzione delle scuole e degli
insegnanti. Ciò che non vorrei è che il confronto sulla valutazione si
riducesse, ancora una volta, alla contrapposizione nominalistica tra voti
numerici e giudizi verbali, senza uno progetto che richieda un salto
qualitativo nelle interpretazioni.
Il 16 febbraio farò una lezione per gli studenti di dottorato e per quelli
di master, che ho intitolato "La valutazione fra didattica e sistema". Mi
propongo di affrontare molte delle questioni alle quali ho accennato.
Raffaele Iosa (ispettore
in pensione, ma ancora vivo, come lui stesso firma il suo messaggio) ha
aderito inviandoci questa riflessione
Aderisco con molto piacere alla campagna “Aboliamo i voti”. E vien da dire
finalmente! In questi anni mi sono sentito spesso da solo, nella mia regione, a
parlare contro l’uso dei voti. Ne ho anche visto continuamente gli effetti
nefasti: dalla mania di competizione, all’uso strumentale come ricatto del
vivere la scuola, al rendere i bambini ruffiani e servili. Ne ho anche visto
l’uso emotivo in molti insegnanti, e poca deontologia nel comprendere che se il
bambino impara o no dipende (anche) da come l’insegnante insegna. Nella scuola
superiore, per esempio, la valutazione è un caos individualistico casuale. Ho
anche sentito rassegnazione o peggio cinico realismo davanti allo sfasciarsi
dei valori civili dell’educazione.
Questo non vuol affatto dire che non sia necessaria una valutazione. Ma sappiamo
da sempre che l’unica valutazione che serve davvero è quella formativa, dove
l’asimmetria di chi impara e di chi insegna si incontra sul comprendere il
perché dell’errore, dov’è la difficoltà e come venirne fuori. Insieme, chi
impara e chi insegna. Perché a me e a noi interessa promuovere tutti i ragazzi,
che non è regalare pagelle ma far crescere i talenti individuali e la resilienza
alle difficoltà della vita, che sono gli unici tesori che abbiamo dai nostri
ragazzi.
Non c’è dunque nessuna espressione ideologica né romantica nella mia adesione
alla campagna, ma un sano buon senso sul valore formativo della valutazione,
quando sa comprendere la dinamica della relazione e costruire una didattica
aperta alla crescita reale di ognuno. Pensiamo, ad esempio, alla vigotskiana
area di sviluppo prossimale come azione e reazione nel circuito
insegnare-apprendere. Circuito che non è, appunto, lineare ma circolare.
Battiamoci contro i tempi che mettono al centro della scuola il “Dio Misura”,
mettiamoci invece “la persona educante”, che è insieme l’adulto e il bambino.
Insieme.
L'ispettore Maurizio Tiriticco ha
aderito inviandoci anche questa riflessione
Un conto è valutare, altro conto assegnare voti! Che siano decimali o meno ha scarsa importanza. Il “dramma” ha radici lontane: non si è mai riflettuto sul fatto che un conto è misurare o, se si vuole, fare la conta degli errori di un “compito”, scritto, orale o pratico che sia, altro conto è valutare, quindi esprimere giudizi articolati sull’esito di una o più misurazioni. In effetti, nella nostra scuola da sempre le due operazioni “combaciano” e con il voto numerico “si fa ...tutto”! Si decide su una singola prestazione e sulla promozione o bocciatura finale! La questione, a mio parere, non è quella – o solo quella – di abolire i voti nella scuola primaria (a volte la fantasia di improvvisati pedagoghi non ha limiti). Occorre avviare una riflessione complessiva sui processi valutativi, che hanno come oggetto non solo singole prestazioni, ma anche atteggiamenti e comportamenti che, nell’età evolutiva soprattutto, sono soggetti a cambiamenti di cui non è sempre facile individuare la natura. Ben venga, quindi, una riflessione sulla natura e sulle finalità della valutazione, ma a tutto campo! Sarebbe ora! La scuola, ma soprattutto i nostri studenti, non possono attendere oltre! Anche e soprattutto perché siamo alla vigilia di un’altra operazione, che è quella di accertare e certificare competenze! E su questa il silenzio, come si suol dire, è assordante!
Il prof.
Roberto Maragliano, docente
di pedagogia presso l'Università di Roma, aderisce e ci invia questa sua
considerazione
Sul tema della valutazione è stato detto tutto e il contrario di tutto.
Il fatto è che è difficile scinderlo dal tema più generale del senso della
scuola e del fare scuola.
Quando viene meno l'impegno a definire il significato della scuola in
relazione ad una società che cambia allora ci si illude che la valutazione
possa essere risolta adottando schemi univoci ed oggettivi: lì allora fanno
capolino i voti numerici.
Quando invece ci si interroga sul perché e il come della scuola è giocoforza
interrogarsi sulla qualità della didattica e, di riflesso, su quella della
valutazione. Ecco allora che i voti numerici appaiono in tutta la loro
ambiguità e (perché no?) pericolosità.
Se oggi risolleviamo interrogativi sui voti significa che, dopo tanta
ideologia deteriore, siamo disposti a fare discorsi più seri più fondati
sulla scuola.
E dunque, un 10 e lode alla vostra iniziativa!
Questo il commento di Vanna Cercenà, ispettrice in pensione
Ho sempre ritenuto la valutazione numerica “incompatibile” con la fascia di
alunni della scuola primaria.
Sono tali e tante le variabili che compongono il giudizio degli insegnanti
su ciascun alunno, che esprimerle con un numero finisce col renderle prive
di significato dal punto di vista della reale situazione scolastica del
bambino. Il decreto legge 1° settembre 2008, n. 137 del Ministro Gelmini
(che ha fatto forse la peggiore riforma della scuola elementare) ispirato a
valori di tipo anglosassone senza il supporto dei criteri didattici ed
educativi che regolano quelle società, mi è sembrata un modo superficiale di
scimmiottare gli altri. Credo che la campagna per l’abolizione del voto
numerico nella scuola del primo ciclo di istruzione, che sarà lanciata il
21 marzo a Roma, messa ora in atto dal movimento di cooperazione educativa,
sia il modo migliore di prendere in esame questa delicata materia, alla luce
di una riflessione pacata e non ideologica sul modo migliore di giudicare il
rendimento scolastico di un bambino nel pieno rispetto del suo diritto ad
una autentica formazione.