09.02.2009
Condotta
degli studenti: che pasticcio, Onorevole Ministro!
Lettera aperta al
Ministro dell'Istruzione
di Serafina Gnech
(per Gruppo Professione Insegnante)
Onorevole Ministro,
Gli insegnanti hanno
considerato positivamente l‘attenzione che Ella ha prestato alla condotta
degli studenti, quel male della scuola d’oggi che mina alla base
ogni volontà di costruire un buon rapporto di istruzione-educazione.
Quegli stessi insegnanti non possono oggi nascondere la loro incredulità e
il loro stupore nel constatare come i provvedimenti legislativi emanati in
questo delicato settore impediscano di fatto la valutazione della condotta.
La legislazione vigente prevede per la condotta una gamma di voti che di
fatto va dal 5 al 10. Teoricamente anche altre insufficienze sono
possibili, ma va da sé che se al 5 viene collegata la punizione massima per
la condotta peggiore, non ha alcun senso ricorrere al 4 al 3 o a
quant’altro.
Escluso il 5, esclusi i voti ad esso inferiori, per i motivi suddetti, resta
a disposizione dei docenti la gamma di voti – sufficienti – dal 6 al 10.
Gamma con la quale i docenti possono valutare gli allievi che usano un
linguaggio volgare e pesante, quelli che disturbano senza tregua, quelli
che studiano (?!) altre discipline, quelli che mangiano in classe, quelli
che ritoccano la pettinatura, quelli che escono senza permesso, quelli che
pasticciano il registro di classe o ne strappano le pagine e così via...
A tutti questi può essere dato solo un voto di condotta sufficiente nelle
sue varie gradazioni.
E così i lavativi e gli svogliati vedranno lievitare la loro media, sia pure
in presenza di una cattiva condotta...
Onorevole Ministro, gli insegnanti Le chiedono di voler considerare che il
lato buio della scuola non ha solo il volto della ‘violenza’ o del
‘bullismo’; queste non sono che le punte estreme di un fenomeno di ben più
ampia portata.
E di questo fenomeno solo gli insegnanti hanno la concreta percezione.
Ad essi dunque va affidata la valutazione della condotta, senza paletti
legislativi, nell’ambito di quella autonomia professionale che
risulta essere condizione ineludibile per l’espletamento di un ruolo sempre
più difficile e gravoso.