E-book, LIM e social network.
Nostra intervista esclusiva a Roberto Maragliano
a cura di Reginaldo Palermo
Oggi il ministro Carrozza ha detto (anzi twittato) di essere al lavoro per affrontare le urgenze della scuola
La prima che ha citato sono gli ebook. Condivide ?
Sì e no. Sì, nel senso che il passaggio al digitale è davvero un tema/problema cruciale. No, perché il passaggio al digitale non significa passare dai manuali cartacei a quelli fatti di bit e accessibili in rete. Significa, dovrebbe significare il passaggio ad un modello di cultura e di apprendimento diverso da quello fondato sulla fissità dei testi e dei saperi. Parlo di una cultura, quella che poggia sull'infrastruttura del digitale e della rete (e che oggi costituisce un fenomeno di massa in ragione dell'uso dei software sociali), che si basa sull'articolazione di rete dei saperi, sulla collaborazione, sulla commistione, sulla partecipazione e che trova i suoi contenuti non su astratti e chiusi ordinamenti disciplinari ma su oggetti culturali mobili e aperti. Se in termini tecnologici il ritardo della nostra scuola (per non dire dell'università) è di venti/trent'anni, il suo ritardo epistemologico (che la società di rete rende sempre più drammatico) è come minimo di un secolo e mezzo.
Sulla base delle esperienze e delle ricerche condotte dal vostro Istituto si può affermare con una certa sicurezza che l’uso dei libri digitali migliora l’apprendimento ?
Non faccio ricerche, nel senso di "osservazioni oggettive". Piuttosto mi preme, ci preme (a me e al mio gruppo: per chi ci vuole seguire http://LTAonline.wordpress.com) indagare su due prospettive: quella che chiamerei filosofica (del contrasto, o conflitto o composizione di più e diverse interpretazioni del sapere e dell'apprendimento) e quella produttiva. Su questo secondo versante stiamo attualmente lavorando a realizzare e sperimentare ambienti e oggetti per la condivisione della lettura e dello studio. Per questo ormai da due anni non pubblico più su carta: non mi interessa confrontarmi con ciò che il digitale avrebbe in meno rispetto al libro fisico, mi interessa mettere alla prova ciò che il digitale ha in più e che il libro fisico mai potrebbe avere. Naturalmente perché queste prospettive si concretizzino e diventino impegno politico e culturale di tipo generale occorrerebbe una profonda revisione dei modi di pensare e di agire degli editori (e delle loro ancelle intellettuali).
Per ora non se ne parla, almeno da noi, sono troppo impegnati a rallentare l'attuazione di un destino che comunque, nel loro intimo, sanno essere segnato.
E, già che ci siamo, che dire delle LIM? Rappresentano davvero la soluzione ai problemi della didattica ?
Le LIM hanno avuto il grosso merito di portare il digitale in classe, liberandolo dalla gabbia dei laboratori. Hanno però grosse limitazioni, per esempio di essere macchine fisse, costose e "dedicate", tre caratteristiche che sono esattamente il contrario di quel che sta avvenendo nel campo della cultura sostenuta dai software sociali (ovvero, se ci pensiamo bene e fuori di ogni pregiudizio, della cultura tutta, oggi), dove si affermano la mobilità e la perenne connessione, l'economia degli strumenti e delle applicazioni, il carattere generalista delle strumentazioni. Con un tablet o un cell si fanno infinite cose, che secondo una visione industriale di tipo conservatore rappresentano una distrazione rispetto allo studio, mentre in una prospettiva di tipo progressivo ne potrebbero rappresentare un fondamentale arricchimento.