30.07.2014
Spunti e
idee per il Piano Scuola del Governo
di
Antonio Valentino
Da quando
il sottosegretario Roberto Reggi ne ha parlato nel corso di alcune
interviste circa un mese fa, si è sviluppato, tra gli addetti ai
lavori, un dibattito in parte critico e in parte propositivo
rispetto al Piano Scuola che sta elaborando il governo. O meglio,
rispetto a quanto era dato di conoscere attraverso gli organi di
informazione.
Ne ho scritto in precedenti
contributi.
Qui riprendo sinteticamente alcuni orientamenti meglio precisati in
queste settimane.
Li ho enucleati in cinque parti solo per rendere più evidente la linea di ragionamento, che si propone come un insieme tendenzialmente organico di pochi punti, che qui si considerano centrali, e di alcune idee, proposte come idee guida (almeno nelle intenzioni chi scrive).
1. Senza il coinvolgimento responsabile dei docenti nell'organizzazione scolatica - da promuovere attraverso misure e indirizzi di politica nazionale e di gestione funzionale da parte del DS - non c'è riforma che tenga.
2.
L'insegnante - come singolo e come
parte di una squadra -
è
tenuto a rispondere, per la sua parte, del successo
o dell'insuccesso di ciascun allievo della propria classe.
Motivazione, sostegno, recupero e tutoring sono funzioni
connaturate al lavoro docente. E aspetti coessenziali del suo stato
giuridico.
3.
Una scuola pubblica che funzioni
è
la scuola del "Non uno di meno".
Non
è
più
pensabile perciò
una scuola che consenta il blocco totale dell'attività
didattica per più
di due messi all'anno e bocci studenti in numero esorbitante, come
nel nostro paese; attestandosi, tra l’altro,
su livelli complessivi di mediocrità
nelle rilevazioni internazionali e nazionali.
4. Nessuna riforma, comunque, potrà introdurre cambiamenti e miglioramenti significativi, se non si impegna a definire, in tempi certi, profili e prestazioni essenziali per i suoi operatori e a introdurre dispositivi di controllo sulla loro applicazione.
5. Il ridisegno della progressione di carriera va certamente inserita tra le priorità. Purchè si configuri però - in primo luogo (anche se non esclusivamente) - come misura motivante per funzioni organizzative riconosciute e stabili (di sistema). E ciò per la consapevolezza che, senza di esse, le complessità della scuola attuale non potranno essere governate efficacemente.
6.
La formazione continua e
obbligatoria
è
senza dubbio un imperativo per la professione docente e per una
scuola riformata. Obbligatoria per l'istituzione, obbligatoria per
docente. Ma l'obbligatorietà
ha senso se assume come criterio organizzativo fondante, anche se
non unico, la possibilità
di realizzarsi come auto-formazione all'interno delle specifiche
unità
operative di scuola (da sole o associate), supportate da esperti e
formatori specialistici (prevedibilmente esterni), e la previsione
di ricadute nella didattica ordinaria degli apprendimenti
professionali maturati nei percorsi formativi.
Ricerca, sperimentazione e apprendimento cooperativo sono modalità
principi di ogni progetto di formazione / auto formazione.
7. La
consapevolezza da promuovere e incrementare è che, se manca il
lavoro di squadra su obiettivi condivisi, i risultati educativi
sono improbabili.
Individualismo e autoreferenzialitá sono la tomba di ogni progetto
educativo di scuola
8. La scuola come impresa collettiva non è comunque la negazione della soggettività e della creatività individuale, che va in ogni caso riconosciuta e valorizzata. La ricerca di un sano equilibrio tra dimensione collettiva e dimensione individuale è impegno prioritario di ogni politica scolastica nazionale e di istituto.
9.
L'idea da mettere al centro di una
riforma potenzialmente efficace
è
quella di una scuola come trama / rete di unità
operative
(gruppi di lavoro) che funzionino come unità
di pratiche e di apprendimento reciproco. Collettivi potenzialmente
sensati e responsabili sono quelli dei piccoli gruppi impegnati su
progetti comuni e condivisi (consigli di classe, gruppi disciplinari
o curricolari, commissioni su progetti strategici di scuola ...).
La collegialità
plenaria ha senso solo per le proposte di governo complessivo
dell'organizzazione didattica.
10 . La scuola come trama di relazioni implica pertanto l'idea di scuola come organizzazione; e quindi figure di presidio (di collaborazione e di tenuta organizzativa) delle singole unità operative. Le figure di presidio non prefigurano necessariamente una struttura gerarchica. La loro formazione e il loro profilo - e quindi le loro attività e il loro riconoscimento - hanno senso se finalizzati al funzionamento del gruppo e producono risultati.
11. Una leadership educativa (LE) per l'apprendimento o è "plurale" (diffusa, distribuita) o non è.
12
. La LE del DS si configura
piuttosto come valore aggiunto di una dirigenza "democratica" e si
caratterizza, sotto questo versante, per l'attenzione e l'impegno a
promuovere un'idea di scuola come impresa collettiva, organizzata
come rete di unità
operative coordinate e presidiate da apposite figure di sistema.
Diventano, in questa ottica, aspetti / tratti importanti di un
profilo DS rivisitato le competenze e responsabilità
organizzative funzionali ad una gestione unitaria volta a
contrastare - attraverso un opportuno utilizzo del personale e
dell'insieme della risorse - opportunità
diseguali dell'offerta formativa e a rendere possibili risultati in
uscita tendenzialmente omogenei .
13. Andrebbe ripresa e riconsiderata la scelta dell’autonomia statutaria, già inserita nell’articolato delle Norme per l’autogoverno delle scuole (ddl sulla Riforma degli OOCC della scorsa legislatura). E ciò allo scopo di permettere alle scuole di darsi concretamente una loro più precisa identità e possibilità di autogoverno.
Rispetto ad esempio
a modalità e criteri valutativi vincolanti per tutti (prove comuni per classi parallele a conclusione di trimestri o quadrimestri, autovalutazione degli studenti come scelta di scuola ....),
al coinvolgimento dei docenti nella gestione didattico-organizzativa delle scuole,
alle forme di collaborazione in una leadership diffusa come scelta statutaria e quindi alle figure interne di sistema da privilegiare e al loro ruolo nel l'assetto organizzativo dell'istituto
alle forme e ai livelli di prestazione da mettere in primo piano,
ai modi e alle ricadute dei percorsi di formazione,
ai vincoli di scuola relativi all'assunzione del personale (ad esempio, chi sceglie di trasferirsi deve sottoscrivere per accettazione lo statuto della scuola, che potrebbe comportare anche l'anno di prova prima del riconoscimento della titolarità piena presso l’istituto scelto, sempre ovviamente che non siano violate norme di stato giuridico),
Molte di queste cose si leggono anche nei POF di scuola. Il delta dovrebbe essere dato dalla natura vincolante degli impegni che derivano per gli operatori da norme statutarie che privilegino
l'unitarietà di gestione,
i diritti prioritari degli studenti,
il dovere costituzionale di garantire un'istruzione che formi alla cittadinanza e che dia a ciascuno secondo i propri bisogni formativi e i propri “talenti”.
Punto delicato e "sensibile", ma
anche complesso, difficile e scivoloso. Però,
forse, leva potenzialmente formidabile, se ben studiata e
condivisa, per costruire scuole più
consapevoli delle loro responsabilità
e sviluppare professionalità
e figure istituzionali più
dentro ai loro compiti non solo professionali, ma anche
istituzionali.
Va comunque preliminarmente precisato e assunto come elemento
fondante che l'autonomia statutaria non intacca il profilo
istituzionale dell'insegnante, nè
modifica obiettivi e missione della scuola. Ma ne vuole essere la
leva concreta e possibile.
Un piano di rinnovamento profondo del sistema scuola non potrà, in ogni caso, tralasciare, da parte di chi ha responsabilità di governo, di mettere nero su bianco, oltre alle regole nuove per chi è impegnato nelle varie articolazioni del sistema, anche e chiaramente regole nuove per il suo stesso funzionamento, perché risulti coerente con l’idea di scuola a cui tende. Come, per esempio, concentrarsi sugli obiettivi principali della sua ragione sociale; attrezzarsi non solo per rilevare bisogni, attese e difficoltà delle scuole, ma anche e soprattutto per dare loro risposte non formali, né finte, né improbabili; praticare anche per sé la valutazione che chiede agli altri settori dell’amministrazione e rendicontare rispetto alle scelte e ai risultati della sua azione; ecc..
Potrebbero essere - queste - le migliori credenziali per far capire al mondo della scuola che si vuole veramente voltar pagina e vincere resistenze e opacità.