18.12.2013
Questione
docente e Leadership educativa di scuola
di Antonio Bettoni e
Antonio Valentino
I termini della riflessione
Recentemente (dal 5 al 7 dicembre scorso) si è svolto a
Roma un Convegno Internazionale su “La Leadership educativa nei Paesi
dell’Europa Latina: autonomie, identità, responsabilità” (capofila dei
soggetti organizzatori l’Università Roma Tre e European Policy Network on
School Leadership EPNoSL) che ha visto la partecipazione di 16 paesi
dell’Unione Europea.
In quella circostanza l’Associazione professionale Proteo Fare Sapere,
coinvolta anche nell’organizzazione, ha presentato un proprio contributo che
prende le mosse da un’indagine condotta su e con un gruppo di
Dirigenti Scolastici (DS) e docenti di varie regioni (28 in totale, 12
dirigenti e 16 docenti impegnati a vario titolo o iscritti
all’Associazione Proteo) e che nasce in prima battuta come risultato
della rielaborazione di una pluralità di apporti raccolti attraverso
questionari e interviste in profondità.
L’ipotesi di lavoro che ha guidato l’indagine e il contributo presentato
può essere così sintetizzata:
individuare
i
tasselli più significativi
di una gestione democratica (versus
gestione leaderistica) delle scuole, considerata non solo come opportuna ma
anche potenzialmente più efficace, e di un modello
organizzativo
(figure
e dispositivi, relazioni e condizioni di successo)
su cui sollecitare successivamente riflessioni e approfondimenti su una più
ampia platea di DS, docenti, altre professionalità della scuola (con
particolare riferimento ai Direttore Servizi Generali Amministrativi - DSGA
-) ed esperti.
Se ne riportano di seguito in estrema sintesi (tutte le
tabelle e le analisi specifiche si potranno trovare sul sito di Proteo Fare
Sapere) i risultati dell’indagine e, in modo più disteso, considerazioni e
proposte sul tema, sollecitate in gran parte da tali risultati.
Pare utile, rispetto all’indagine e all’ipotesi di lavoro, dare risalto a
quanto emerge a proposito dello staff di scuola, che rappresenta una
modalità diffusa di organizzazione dei nostri Istituti, per considerarne i
diversi modelli e capire se e in che modo possa offrire indicazioni per i
nostri ragionamenti.
Aspetti dell’indagine
Lo staff
L’idea prevalente di staff che emerge gli attribuisce le seguenti caratteristiche:
- è comprensivo, oltre che dei 2 collaboratori scelti, anche delle Funzioni Strumentali – FS - (opzione pressocchè plebiscitaria; e non era scontato), anche, per quanto in misura ridotta, del DSGA, ma non dei coordinatori di dipartimento e dei consigli di classe. Scelta quest’ultima che pone interrogativi, ma che è tuttavia comprensibile perché lascia intravedere una visione dello staff come organismo ‘agevole’ e ‘veloce’;
- in esso i ruoli tendono a rimanere stabili (la rotazione è praticata piuttosto raramente anche per ragioni legate – viene ricordato in qualche risposta - alla precarietà, e quindi al carosello di un buon 20-30% del personale, e, in parte. alle vicende connesse, in questa fase, col fenomeno delle reggenze);
- rispetto alle funzioni, le risposte al questionario presentano diversificazioni tra DS e docenti su alcuni aspetti che vale la pena richiamare. Entrambi ritengono, a maggioranza, che lo staff sia, nella loro esperienza (che probabilmente coincide con la loro visione), “Strumento di collaborazione col DS sul funzionamento didattico-organizzativo della scuola”. Ma, stranamente (?), i DS considerano lo staff meno rilevante come “Strumento di collaborazione col DS sul funzionamento organizzativo-gestionale della scuola” e più funzionale rispetto alla prospettiva di una “leadership aperta, allargata”.
Da annotare qui una voce di dissenso
rispetto alla posizione più ‘gettonata’, perché solleva un problema con il
quale dovere fare i conti nella costruzione di una ipotesi di lavoro che
abbia gambe solide per camminare.
Il dirigente che l’ha espressa così ne parla: “Sono contrario al concetto di
staff. Il rischio è che diventi un “cerchio magico” e che allontani la
collegialità per arrivare ad una sorta di dirigismo delegato”.
Quanto poi ai dispositivi legati allo staff emerge che:
a. quasi ovunque non ci sono criteri codificati per la scelta di funzioni e figure;
b. i compiti non sono sempre declinati in termini di risultati attesi di cui rendere conto al DS o al CD (anche se alla rendicontazione viene data grande importanza soprattutto dai docenti nel funzionamento dello staff);
c. le riunioni sono saltuarie e raramente legate alla preparazione dei Collegi.
Profilo DS e Leadership educativa
Si può dire – è l’interrogativo - che dai
comportamenti e dalle scelte operative non sembra emergere con sufficiente
chiarezza una consapevole strategia di allargamento effettivo e di
condivisione costruita (attraverso una partecipazione diffusa) dell’area
delle decisioni?
Difficile una risposta univoca. Anzi si coglie piuttosto, ancora largamente
prevalente, un’ idea di Leadership della scuola che sembra ruotare
sostanzialmente attorno alla figura del DS. Al quale si richiede da parte
dei docenti – ma dentro la stessa logica si muovono i DS – di essere anche
garante della gestione didattica ed educativa della scuola. Nessun
riferimento, nelle considerazioni di entrambe le figure, a responsabilità
condivise.
Ma, forse, con maggiori probabilità, l’interpretazione dell’oscillazione tra
le due posizioni - che si riscontra soprattutto nelle risposte al
questionario - è da ricondurre al fatto che ci si muove ancora su un terreno
non completamente esplorato ai vari livelli.
Indicazioni comunque utili per dare al quadro fin qui emerso maggiore
chiarezza vengono dalle posizioni raccolte a proposito del ruolo specifico
da affidare al DS nella eventuale prospettiva di una Leadership che
interpelli contemporaneamente e contestualmente DS e docenti.
La maggior parte sia dei DS che dei docenti dà per scontato che la direzione
di lavoro sia la costruzione di una Leadership Educativa Diffusa (LED) e che
sia prioritario compito del DS costituire a tal fine, con l’assenso del
Collegio Docenti, un gruppo di lavoro formato dalle figure di coordinamento
e collaborazione dell’Istituto.
Tendenze condivise, incertezze, ambiguità
Ma le posizioni più interessanti al riguardo sono quelle espresse dai docenti. Delle quali si riportano quelle più significative, anche ai fini della costruzione di una proposta operativa. E che fanno riferimento ad azioni:
- di coinvolgimento attivo nella promozione di una LE, sia pure con ruoli e funzioni diverse, del personale e dei “portatori d'interesse”, tramite articolazioni organizzative (Collegio, Staff, Dipartimenti, Consigli di Classe - inclusi Consiglio d'Istituto, staff di Segreteria, RSU, Comitati di genitori), intese anche come contesti di relazione;
- tese (le azioni) a costruire una rete di soggetti dialoganti (collaboratori, FS, DSGA, referenti di progetto, responsabili di dipartimento, coordinatori di classe), capaci di riflettere e progettare, a partire da una continua analisi del lavoro svolto (autovalutazione), al fine di individuare i bisogni che via via emergono e cercare di dare ad essi risposta.
Da sottolineare anche - e conclusivamente - l’orientamento plebiscitario di docenti e DS (tutti) per i riconoscimenti di tipo giuridico - ai fini della progressione di carriera - ed economico, legati all’esercizio – da parte degli insegnanti - di responsabilità connesse a compiti di coordinamento specifico e di leadership condivisa.
Considerazioni
provvisorie in 4 punti.
Ai fini di un ulteriore approfondimento e di una proposta operativa al riguardo, sono stati di seguito condensati in 3 punti sia il tipo di approccio specifico alla teoria della LE, sia gli aspetti dell’indagine considerati più interessanti:
1.
Una LED se vuole essere effettivamente
educativa e centrata sull’apprendimento deve puntare in modo non
equivoco sul protagonismo e sulla responsabilità dei docenti.
D’altra
parte abbiamo tutti constatato che nessun rinnovamento si dà avendo gli
insegnanti in posizione defilata e passiva (se non addirittura ostile).
Questo riporta in primo piano una diversa considerazione sociale del
lavoro docente, un diverso modo di reclutamento, strategie incentivanti
e premianti di vario tipo.
Ma anche e contemporaneamente un diverso status in cui peso e
responsabilità nel funzionamento didattico-organizzativo complessivo
della scuola non siano parole vuote o ambigue.Oggi gli insegnanti vivono una
sostanziale situazione di marginalità e impotenza che va superata in tempi
brevi per arrestare l’attuale situazione di declino e rilanciare le sorti
della scuola pubblica.
2. La crescita esponenziale dei livelli di complessità e problematicità del nostro sistema – e dei sistemi di istruzione in generale - è tale che nessun percorso di miglioramento è possibile intravedere all’orizzonte, se non si parte dalla considerazione che nessuna leadership educativa è possibile in assenza di una struttura reticolare interna, nei cui gangli si collochino i docenti come risorsa della scuola come organizzazione.
3. D’altra parte, nessun DS oggi, per quanto attrezzato professionalmente, può da solo pensare di dare corpo ad una LE efficace.
Idea di Leadership Educativa e modello scuola in 10 tesi
A mo’ di sintetiche tesi, si esplicitano di seguito tra le diverse idee sulla LE che vanno per la maggiore, quelle ritenute più coerenti con le considerazioni e gli aspetti di cui ai punti precedenti.
1.
Una LE efficace e promettente o è
diffusa/distribuita o non è (non si dà).
In quanto educativa e centrata
sull’apprendimento[1],
interroga e sollecita nella stessa misura,
anche se in modi diversi, gli attori centrali dei processi formativi. Essa
riguarda perciò in egual misura DS e Insegnanti. E degli insegnanti,
in primo luogo, quanti si dimostrino più disponibili a prendere sul serio le
funzioni proprie di una gestione unitaria della propria scuola. E quindi a
condividere la vision che la caratterizza e le responsabilità che ne
conseguono.
2. L’idea di Leadership che punta a valorizzare essenzialmente la figura del DS e ad attrezzarlo perché si ponga come Leader educativo è certamente un passaggio importante e preliminare, ma non interpreta adeguatamente la radicalità del passaggio che si richiede nell’attuale fase del nostro sistema (e non solo), in fatto di collaborazione e responsabilità diffuse.
3. Una LED necessita di incardinarsi in una struttura organizzativa senza la quale l’attività di coordinamento e sintesi operativa non è in grado di produrre:
a) equità (e quindi il superamento – dentro le scuole - dei disequilibri tra classi e corsi);
b) un tessuto identitario comune;
c) disseminazione interna delle pratiche educative.
4.
La struttura reticolare – che non è qui
mero dispositivo organizzativo - risponde all’idea di scuola in cui le varie
articolazioni del Collegio e della scuola (trama e reti) costituiscono spazi
autonomi di elaborazione, ricerca, verifica e sviluppo professionale,
presidiati da una figura leader riconosciuta che sia espressione del
gruppo, ne favorisca il funzionamento e ne stimoli la produttività. La
scuola tende a configurarsi pertanto come una “costellazione di piccole
comunità autonome“ (Serpieri
[2]),
unità operative le cui figure leader si coordinano all’interno di una
struttura (team) che ha nel capo di istituto il proprio punto di riferimento
organizzativo (e non solo).
La LE espressa da questa struttura si connota pertanto come sostegno e
sviluppo della partecipazione, condivisione e collaborazione
responsabile dei docenti in prima istanza. In altri termini, “è il
contesto scolastico inclusivo che consente una leadership diffusa e
inclusiva” (G. Moretti)[3].
5. La ricerca internazionale ha posto opportunamente l’accento su altri requisiti di una scuola che voglia adottare un modello organizzativo orientato alla LED. In primo luogo, la scuola come comunità di pratica, in cui la progettazione, la sperimentazione e lo scambio di esperienze didattiche e di strategie educative, diventano strumenti e occasioni di sviluppo professionale. Ma anche la scuola come Organizzazione che Apprende (Learning Organization) e mette in circolo le proprie esperienze e i propri apprendimenti in spazi opportuni (Conferenze di Istituto e altro, come luoghi di rendicontazione, bilancio e riprogettazione). Pensare la scuola come Organizzazione che Apprende significa fare riferimento a strategie - come quelle dell’Apprendimento Cooperativo tra adulti - che poggiano su “condizioni positive di setting e di clima relazionale, su pratiche condivise, sulla fiducia e il sostegno tra pari, sull’autovalutazione continua” (V. Ellerani)[4], come dimostrano le esperienze condotte soprattutto in Finlandia.
6. La Leadership – è aspetto metodologicamente e politicamente importante - non deve essere vista come scelta di sistema, ma piuttosto come opportunità, riconosciuta alle scuole, di poterla sviluppare e coltivare come opzione qualificante e identitaria. La sua costruzione va pensata come progetto a medio termine perché fa propria un’idea di scuola che, per diventare pervasiva e solida, necessita di tempi adeguati e politiche scolastiche coerenti.
7. Lo staff aperto alle FS e al DSGA, diffusamente presente nelle nostre scuole, può rappresentare una iniziale, potenziale risorsa – importante ma non sufficiente - in direzione di un modello in funzione di una LED. Ma anche le altre figure di coordinamento, presidio e collaborazione come i coordinatori dei dipartimenti, dei Consigli e dei gruppi di progetto (in altri termini, l’insieme delle funzioni aggiuntive all’insegnamento; cioè di quei docenti più coinvolgibili e interessati a confrontarsi con la scuola come organizzazione complessa) vanno considerati come potenziali risorse da valorizzare. L’esercizio integrato e coordinato delle loro funzioni è leva per un funzionamento più coeso ed efficace dell’organizzazione didattica ed espressione di una Leadership diffusa e non più personale/individuale, come è generalmente oggi.
8.
In un modello organizzativo orientato alla
Leadeship diffusa, quella specifica del DS si connota come valore
aggiunto di una Dirigenza che fa della centralità dell’apprendimento e
della cura della crescita professionale - sua e del personale della scuola -
un valore portante, che valorizza e motiva il personale e fa da interfaccia
tra i vari soggetti coinvolti nel patto educativo. Una scuola organizzata
secondo tale modello non ha bisogno di figure eroiche e necessariamente
carismatiche. Un profilo DS per la LED potrebbe essere individuato in
un agire professionale volto a ricercare un equilibrio tra due dimensioni
tra loro apparentemente divaricate: la direzione, attraverso poteri
autonomi, prevista dal D.Lvo 165 (art. 25) e una leadership distribuita,
“centrata sull’apprendimento”.
Gli
autonomi ed esclusivi compiti del DS vanno visti, in questa ottica, come
l’altra faccia - quella istituzionale - della Leadership, di cui il capo di
Istituto è soggetto motore.
9. I compiti e le funzioni delle figure leader all’interno sia delle loro unità operative, sia del team di coordinamento previsto, dovrebbero connotarsi per la loro natura squisitamente relazionale. Ad esse dovrebbe essere pertanto estranea ogni visione gerarchica e leaderistica dei rapporti nel gruppo. La LED è un’idea di scuola e quindi di relazioni, di organizzazione scolastica e di organizzazione della didattica che si ritengono coerenti e efficaci rispetto alla missione.
10. Puntare sulle figure di coordinamento nella costruzione di una LED non significa relegare sullo sfondo tutti gli altri attori del fare scuola: la scelta della struttura reticolare e delle caratteristiche dei vari nuclei operativi (autonomia coordinata del gruppo e reciprocità nelle relazioni, di cui si dirà più approfonditamente in seguito) ha anche il senso di rendere possibile un protagonismo diffuso degli insegnanti - come gruppo professionale e figure istituzionali - e di una Leadership educativa distribuita.
Una proposta operativa: 3 condizioni e 5 passaggi
In un percorso operativo coerente con i paletti indicati nelle precedenti analisi e considerazioni, c’è da chiarire preliminarmente il discorso sulle condizioni e sugli orientamenti metodologici.
Quanto alle condizioni
1. È già stato segnalato che possibili leve ed elementi motori possano essere quei docenti che in questa fase rivestono funzioni aggiuntive rispetto all’insegnamento; e soprattutto, tra questi, i collaboratori, ‘le funzioni strumentali’ e i coordinatori di dipartimento nella scuola secondaria.
2. Il riferimento al 25-30% - secondo la ricerca Treelle del 2004 - di docenti disponibili per progetti di miglioramento, può valere come possibile punto di forza.
3. È chiaro che funzioni così impegnative che implicano anche responsabilità, per quanto delegate in ordine ai risultati di una LED, vanno riconosciute e valorizzate, prevedento misure incentivanti sia sotto il profilo giuridico che economico. D’altra parte, i risultati dell’indagine, di cui alla prima parte del presente contributo, confermano con pochissimi dubbi quanto il dibattito generale sull’argomento ha evidenziato.
4.
Comunque, in mancanza – soprattutto - di scelte
contrattuali in proposito, ma anche di indicazioni normative adeguate (per
esempio, norme di autogoverno che permettano di inscrivere questa scelta
all’interno di una possibile autonomia statutaria delle scuole, quale
quella prevista dal Disegno di legge approvato, nella scorsa
legislatura, in uno solo dei due rami del Parlamento), resta comunque aperta
la via della sperimentazione che andrebbe in ogni caso
riconosciuta e soprattutto sostenuta economicamente dal Ministero. Non
sembra questa una richiesta da luna nel pozzo. Né può costituire alibi la
pesante situazione economica del Paese.
Si tratta di capire come tale sperimentazione possa essere sostenuta e se associazioni professionali e organizzazioni sindacali di docenti e DS, ma anche reti di scuola interessate, possano sentirsi elementi di pressione radicale per un’operazione di questo tipo.
Quanto alla proposta, se ne indicano di seguito i punti cardine:
1. Lo staff che conosciamo, anche nella versione allargata alle FS e al DSGA, è organismo non adatto per l’obiettivo previsto. Non dovrà trattarsi di una struttura di supporto alla DS, ma finalizzato a sostenere e orientare – sulla base di indicazioni e stimoli “circolari” della scuola – la partecipazione delle varie comunità autonome nelle quali si articola il Collegio docenti sulla base del POF di scuola. In essa il DS, per quanto attiene alla Leadeship educativa, non è “il capo”, ma il primus inter pares con funzioni – e responsabilità primaria, dato il suo ruolo istituzionale -, in ordine agli aspetti di raccordo, di coordinamento, di garanzie rispetto alle condizioni ‘materiali’ di lavoro del team.
2. La struttura o team ( nella letteratura in materia del mondo anglo-sassone si parla di leading group) potrebbe essere costituita dalle figure di coordinamento delle varie Unità operative[5], per usare terminologia e costrutti di Piero Romei[6], già operanti nella maggior parte delle nostre scuole (i collaboratori del dirigente scolastico i coordinatori dei dipartimenti disciplinari, le figure delegate per le FS ...).
3. Il modello proposto può rientrare dentro lo schema di ragionamento della Leadership educativa diffusa, a condizione però che le figure leader si rappresentino e si esprimano in coerenza con i tratti di profilo specifici delle funzioni aggiuntive e di Leadership di scuola, oltre che di quelli del proprio insegnamento disciplinare.
4. La rendicontazione sociale dell’attività della struttura di coordinamento, all’interno di una bilancio complessivo, è momento fondamentale di qualsiasi sperimentazione sul tema, oltre che opzione identitaria qualificante.
Questioni aperte
Nei ragionamenti fatti sono rimaste in ombra
– assieme al tema della formazione che richiede approfondimenti a parte -
soprattutto le questioni che riguardano i rischi possibili del
modello proposto.
Se ne riportano di seguito quelli emersi non solo nell’analisi dei
questionari, ma anche nelle interviste:
1. il rischio che il team di coordinamento (o comunque lo si voglia chiamare) si trasformi in un centro di potere e dia luogo ad una sorta di middle management di ruoli fissi e definiti in cui le figure leader si snaturino nella funzione di controllori;
2. il rischio di una opacizzazione del ruolo del Collegio dei Docenti;
3. il rischio di figure leader cristallizzate, inamovibili; speculare all’altro rischio della temporaneità dell’incarico e della possibile conseguente dispersione delle competenze.
Come pure sono ancora da approfondire le
problematiche riguardanti la formazione dei docenti interessati, le loro
attese, la natura dell’incarico. ecc..
Questioni aperte che il dibattito potrà riprendere e approfondire.
[1] V. su questo, in G. Domenici – G. Moretti (a cura di), Leadership educativa e autonomia scolastica, Armando editore 2011: G. Moretti, Dirigenza scolastica e competenze di leadership, pp. 34 sgg; G. Barzanò, La Leadership tra le culture, pp. 72 sgg; P. Earley, Lo sviluppo di leader con capacità di leadership in campo educativo e centrati sull’apprendimento, pp. 95-117. V. anche gli atti del Convegno 2003 di Massa Carrara: “La leadership collaborativa: scambio internazionale e idee per il cambiamento”, promosso dalla MIUR / USR Toscana (tra i partecipanti per l’Italia: Attilio Monasta, Giancarlo Cerini, Ivana Summa). Fondamentali in esso i contributi di Michael Schrattz, dell’Università di Innsbruck.
[2] V. Atti Convegno di Napoli 2012. V., più in generale, R. Serpieri, Senza leadership: un discorso democratico per la scuola 1. Discorsi e contesti della leadership educativa, Franco Angeli 2008 (testo prezioso per la ricostrizione puntuale dei vari “discorsi” sulla LE) e il recente Senza leadership: la costruzione del dirigente scolastico. Dirigenti e autonomia nella scuola italiana, Franco Angeli 2013.
[3] Sempre di G. Moretti,
illuminanti anche altri passaggi dalla relazione al Convegno 2012 di
Napoli “Indicatore importante della qualità dei contesti scolastici
inclusivi è, per Moretti, la LE tesa a coinvolgere tutti gli attori
in campo.
In una situazione di Leadership diffusa, il DS è leader educativo,
in colloquio costante con la comunità professionale dei docenti,
valorizza e motiva le persone, attiva rapporti orizzontali col
territorio. È il contesto scolastico inclusivo che consente una
leadership diffusa e inclusiva. A caratterizzarla, c'è l'informalità
della comunicazione e delle relazioni (che non sostituisce i luoghi
formali) e l'idea della cultura di rete dove tutti apprendono,
compreso il leader; e c’è l'apertura, la permeabilità,
l'osservazione tra pari, l'autovalutazione.
[4] V. Ellerani, La “Leadership per l’apprendimento” e lo sviluppo professionale del docente, in Atti Convegno di Senigallia, 2013
[5] Quando si parla di UU.OO.
ci si intende quindi riferire non solo ai dipartimenti disciplinari
e di indirizzo e ai CdC, ma anche ai gruppi impegnati in progetti
speciali (europei, scuola lavoro, orientamento, di collaborazione
con altre scuole …) o in progetti riconducibili ad aree per così
dire strategiche e trasversali (piani generali di miglioramento
organizzativo e didattico, il curricolo integrato di istituto,
l’identità di scuola e la vision dell’istituto attraverso il POF).
UU.OO. da assumere, in un discorso di prospettiva come luoghi di
ricerca, sperimentazione e sviluppo professionale. E, sotto il
profilo organizzativo, come nuclei di un assetto reticolare della
scuola, fondamentale per recuperare coesione interna e gestione
unitaria.
[6] Soprattutto in Autonomia e progettualità, La Nuova Italia 1995 (in particolare, pp. 105-139).