Progetto Storia del '900. Dibattito

(26.05.02)

Quale insegnamento
per la storia contemporanea ?
di Gloria Sica

Nelle piovose giornate del 23 e 24 maggio si è svolto ad Ostia il Convegno di presentazione pubblica dei risultati della ricerca "Memoria e insegnamento della storia contemporanea" coordinato e presieduto dalla Ispettrice MIUR Anna Sgherri.

La ricerca è nata da un protocollo d’ intesa stilato nel 1999 tra il Ministero dell’Istruzione e l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione "Ferruccio Parri" e si è sviluppata intorno al tema del rapporto tra memoria ed insegnamento della storia.

Tema davvero fondamentale, se consideriamo l’utilizzo che, nell’insegnamento della storia contemporanea, un docente può fare delle fonti orali, fonti abbastanza difficili da gestire, conoscendo la fragilità e l’imperfezione della memoria e sapendo bene che la storia orale non è da considerarsi come una mera raccolta di testimonianze sui fatti e sugli accadimenti storici, ma una "complessa costruzione dialogica di narrazioni in cui l’intervistatore è altrettanto in gioco, altrettanto coinvolto dell’intervistato…" Infatti è fuor di dubbio che nessuno " può fingere che un dialogo sia un monologo". (A. Portelli, "Sulla diversità della storia orale", in "Introduzione alla storia orale. Storia, conservazione delle fonti e problemi di metodo", a cura di C. Bermani, vol. I, Roma, Odradek, 1999, pag. 152 ).

Negli atti del convegno si legge che questa ricerca è stata impostata come ricerca storica e come ricerca e progettazione didattica finalizzata alla formazione in servizio degli insegnanti di storia.

Inizialmente si è considerata la valenza del fatto che i docenti, quando insegnano storia contemporanea, si trovano ad essere nel medesimo tempo costruttori e mediatori didattici del sapere storico e testimoni degli avvenimenti che presentano agli allievi.

Per noi docenti di storia assume dunque un valore fondamentale il fatto che la nuova storia scaturisca "anche dalla scelta di assumere consapevolmente la propria personalità ed il proprio vissuto come parte integrante del proprio progetto intellettuale di ricerca". (G. De Luna, La passione e la ragione, La Nuova Italia, Milano, 2001, pag. 45 ).

Ma questo arricchimento autobiografico potrebbe costituire anche un problema, dal momento che , come scrive Marc Bloch, " quando è in movimento come una nave che fa acqua, l’intelligenza umana perde i ricordi che ha accumulato e quando invece è ferma, di fronte ai fatti stessi, riesce a percepire soltanto una parte del tutto. Il testimone che si sia trovato esposto con maggiore continuità a un determinato evento è solitamente il meno attendibile ". (Citato in G. De Luna, ibidem, pag. 139 ).

Il lobo temporale del nostro cervello ci permette di immagazzinare dati in memoria decidendo subito cosa scartare ed è anche responsabile della costruzione di ciò che gli studiosi definiscono "falsa memoria" : partendo da questa considerazione il problema potrebbe essere affrontato parlando di "storie" piuttosto che di "storia" – ed alcuni relatori del convegno hanno percorso questa via – e ricorrendo a quella "concezione dinamica delle fonti" che consente una costruzione epistemologica e non ontologica del processo storico-conoscitivo-trasmissivo.  (La proposta di una "concezione dinamica delle fonti" è avanzata da J. Topolski, "La storiografia contemporanea", Roma, Editori Riuniti, 1981).

In qualità di referente provinciale per la didattica della storia della provincia di Frosinone ho partecipato al convegno, come ad alcune delle precedenti tappe del percorso di ricerca, seguendo con interesse e condividendo l’impostazione dell’itinerario proposto.

Dopo la presentazione dei lavori conclusivi vorrei avanzare alcune considerazioni.
L’intero progetto di ricerca è stato basato sul modello formativo legato alla pratica del laboratorio, volendo coniugare ricerca-formazione-autoformazione e azione.
Credo, quindi, che i docenti selezionati dal Ministero per la conduzione del progetto di ricerca avessero esperienza in tale ambito.
Penso soprattutto alla fondamentale revisione e modernizzazione della didattica della storia presentata dai Piani di studio della Scuola secondaria superiore della Commissione Brocca, autentico spartiacque, a mio parere, tra il vecchio modello di trasmissione lineare nell’insegnamento della storia e la nuova impostazione laboratoriale e costruttivista.

Altre importanti novità presentate nel corso del convegno costituiscono ormai da un decennio il normale percorso didattico dei docenti impegnati nella sperimentazione Brocca: mi riferisco, in particolare, alla "strumentazione ermeneutica pluridisciplinare" che l’insegnante di storia deve saper utilizzare e alla fondamentale esperienza didattico-formativa costituita dall’Area di Progetto, autentica ricerca-azione capace di coniugare teoreticità ed operatività e basata su tutte le fasi indicate da K. Lewin. (Cfr. Studi e Documenti degli Annali della Pubblica Istruzione 59/60, Roma, 1992).

Da questo punto di vista alcuni temi e itinerari presentati nel corso del convegno, sicuramente apprezzabili e pregevoli per impegno profuso e capacità informatico-tecnologica di presentazione, non presentavano rilevanti elementi di innovazione didattica, almeno per la formazione degli insegnanti impegnati da vari anni nel progetto di sperimentazione.

Alcuni relatori hanno poi fatto riferimento al decreto Berlinguer del novembre 1996, sottolineando la grande novità dell’obbligatorietà dell’insegnamento della storia contemporanea durante l’ultimo anno del corso di studi: nei programmi Brocca anche questo era già indicato.
A questo punto si potrebbe avanzare al Ministero la richiesta di formalizzare quanto di buono viene riconosciuto nella didattica sperimentale e abbondantemente sperimentata dai docenti dei corsi Brocca ed ipotizzare altri itinerari di formazione in servizio, magari diversificando i livelli dei fruitori.

Oltre alla produzione di materiali didattici – dei quali è stata richiesta la pubblicazione e diffusione - , il progetto di ricerca di cui ci occupiamo ha avuto il grande merito di indagare, attraverso l’utilizzo di interviste e questionari rivolti ai docenti, predisposti e gestiti dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano- Bicocca , sul processo di conoscenza delle varie articolazioni della memoria e del suo utilizzo in funzione della conoscenza storica.

Personalmente mi è sembrato l’aspetto più rilevante del progetto, in quanto ha coinvolto un campione nazionale di circa cinquecento insegnanti ed ha permesso di rilevare e diffondere dati molto significativi e suscettibili di ulteriori riflessioni da parte di noi docenti di storia.

Potrebbe risultare interessante per un prosieguo della ricerca e dell’attività di formazione in servizio dei docenti – aspetto sul quale l’ispettrice Sgherri, con la consueta amabile e inamovibile disponibilità, ha lasciato intravedere qualche spiraglio di speranza – ipotizzare un consolidamento delle competenze richieste ai docenti di storia contemporanea, soprattutto per quanto riguarda il suo rapporto con le fonti, le quali notoriamente, come diceva Bloch, parlano e rivelano cose attendibili e storicamente interessanti, solo quando le si sappia opportunamente interrogare.

In mancanza di una tale solida padronanza metodologica i docenti rischierebbero di trasformarsi in quei nostalgici cultori delle memorie d’infanzia di cui ha parlato nel corso del suo interamente condivisibile intervento lo storico Piero Brunello dell’Università di Venezia, ricordando a tutti, visto che si trattava di memoria, che la storia è una cosa molto seria.


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