ZAPRUDER, Rivista di storia della conflittualità sociale,
n. 3, Odradek, Roma, Gennaio-Aprile 2004, pp. 170, 8,50
a cura di Giovanni Savegnago
È da qualche settimana in libreria (marzo 2004) il terzo numero di Zapruder, una rivista quadrimestrale di storia che ha iniziato le pubblicazioni lo scorso anno e che pone al centro della sua riflessione la conflittualità sociale.
La rivista nasce dalliniziativa di un gruppo di storici e studiosi i quali, insoddisfatti delle tendenze oggi prevalenti nelle discipline storiche (e cioè da un lato quella improntata alluso mediatico della storia, con la conseguente banalizzazione e schematizzazione che ne deriva - segnatamente il dibattito tra "revisionisti" e "antirevisioni-sti", spesso sulla base dello schieramento elettorale di appartenenza - , dallaltro, e in modo speculare, quella caratterizzata dal tentativo di "deideologizzazione" della storiografia), a partire dallinverno 2001-2002 hanno avviato un intenso confronto (sia via mail che attraverso appositi convegni) sulla storia, il passato e i suoi usi pubblici, che ha coinvolto in forme diverse oltre un centinaio di persone. Tale confronto ha portato, nellottobre 2002, alla nascita dellassociazione Storie in movimento - di cui la rivista è una diretta espressione - che mantiene stretti contatti con gli istituti storici della Resistenza e con numerose altre istituzioni e centri di ricerca che si occupano di storia. Le diverse tappe e i numerosissimi contributi del dibattito scaturito dal lungo confronto sono oggi disponibili in rete - per quanti aderiscono al progetto dellassociazione e/o si iscrivono alla mailing list che quasi quotidianamente informa sulle numerose iniziative (convegni, incontri, corsi di formazione e aggiornamento ecc.) che vedono lassociazione stessa promotrice o compartecipe - allindirizzo http://www.storieinmovimento.org/ che presenta anche lindice degli articoli presenti in ciascuno dei tre numeri della rivista finora usciti.
La rivista, diretta da Gabriele Polo e avente tra i suoi collaboratori storici e studiosi largamente noti a quanti di storia si interessano - tra i quali vorremmo ricordare almeno Sandro Bellassai, Cesare Bermani, David Bidussa, Lanfranco Caminiti, Pino Cacucci, Loris Campetti, Paola Di Cori, Paolo Echaurren, Mirco Dondi, Angelo DOrsi, Brunello Mantelli, Claudia Salaris - , fin dal primo numero enuncia chiaramente quali saranno le linee guida che ispireranno lazione della redazione. Innanzi tutto la rottura dei confini oggi esistenti tra storia militante e pratica scientifica, tra sapere riservato ad una ristretta cerchia di specialisti e divulgazione di buon livello; in secondo luogo il ripristino della comunicazione tra luoghi e soggetti diversi della produzione del sapere storico: "Vorremmo essere prefigurazione di una storia che nasca, oltre che dalla riflessione sul presente, dal desiderio di essere presenti, di esercitare qualche forma di azione e diniziativa. Storie in movimento dunque; che sta a significare non solo la vicinanza della storia ai soggetti sociali oggetto di studio, ma anche la dinamicità, la fluidità e la pluralità della disciplina: ci sono tante storie, diverse tra loro nello spazio e nel tempo, sempre in divenire poiché in relazione costante con un presente che le condiziona. Una rivista e un progetto intesi come rete comunicativa multipla, come laboratorio di studio e sperimentazione". Una rivista in cui "ci sarà spazio per tutti. Anche per coloro che non condividono necessariamente le nostre aspirazioni" (dalla Presentazione del n. 1, Maggio-Agosto 2003, pp. 2-3).
Esorcizzato dunque il pericolo, sempre in agguato, della autoreferenzialità, i redattori chiariscono di non voler neppure fornire "letture del passato che canonizzino eventi, processi, dinamiche, interpretazioni": la rivista dovrà essere invece uno "strumento di dibattito attorno alla storia del conflitto sociale, intesa a trecentosessanta gradi [ ]: dal sociale in senso stretto (classi e attori/trici sociali) al sociale in senso lato (dunque anche il politico, il culturale, il non pubblico ecc.); dallo studio di eventi e dinamiche allanalisi di linguaggi e rappresentazioni; in termini cronologici, dalla "notte dei tempi" ai giorni nostri [ ]; a livello espositivo, dai lessici più "canonici" a quelli più innovativi, dalla microstoria alle "grandi narrazioni"; infine, geografica-mente parlando, dallItalia al mondo intero [ ]" (ib.)
La struttura che i redattori hanno dato alla rivista è agile ed efficace, con rubriche "a geometria variabile".
Innanzi tutto uno Zoom nel quale viene approfondito il tema monografico di ciascun numero. "I mestieri del vivere", vale a dire le questioni interne ai modi del lavoro, è il tema trattato in questo terzo numero, che presenta in proposito una riflessione sulla evoluzione della "ideologia del lavoro" dal XVII al XX secolo, due ricerche sulla condizione del lavoro e dei lavoratori rispettivamente nellItalia di fine Novecento e nella Grecia di Senofonte, e una messa a fuoco di una componente del mondo del lavoro non troppo frequentata dalla storiografia, quella degli impiegati, qui esaminata nelle sue articolazioni e nei suoi tentativi di autodefinizione identitaria nel primo Novecento (i numeri precedenti erano stati dedicati rispettivamente alla piazza come luogo centrale della conflittualità e alla guerra)
Il tema trattato nello Zoom viene quindi ogni volta ripreso e completato da uno o più saggi fotografici (rubrica Immagini), coerentemente con la pluralità di linguaggi evocata nella presentazione.Seguono le Schegge, non necessariamente riconducibili al tema portante del numero (ma in questo caso, almeno in senso lato, lo sono, con tre saggi rispettivamente sulle dinamiche conflittuali e migratorie del mondo rurale piacentino negli anni del secondo dopoguerra, sullimpiego dei "triangoli neri" - asociali e renitenti al lavoro - nella Germania nazista e sulla percezione soggettiva di due categorie di lavoratori veneziani, i portuali e le tabacchine, da parte dellopinione pubblica locale allinizio del Novecento).
Seguono quindi altre rubriche: In cantiere, in cui confluiscono anticipazioni di lavori in progress; La ricerca che non cè, in cui si suggeriscono spunti e direzioni di ricerca accompagnati dalla segnalazione delle difficoltà che chi si occupa di ricerca storica deve affrontare sul terreno del reperimento delle fonti e/o dellaccessibilità agli archivi; Altre narrazioni, in cui vengono presentate modalità diverse di fare storia, e che in questo numero propone due riflessioni: una sulle modalità e difficoltà (e ricchezza) connaturate alluso delle fonti orali (esemplificate in questo caso dallincontro tra il ricercatore e un operaio torinese confinato negli anni 50 nel reparto Fiat soprannominato "Stella rossa"), laltra sulla rivisitazione del tempo storico tentata da alcuni film della passata stagione (The dreamers, Buongiorno, notte, e La meglio gioventù). Chiudono la rivista alcune altre rubriche (Interventi, Archivi, Recensioni), tra le quali vorremmo segnalare in particolare La storia al lavoro, un utile osservatorio sugli usi pubblici della storia, che vede in questo numero una intervista allo storico Nicola La Banca sul colonialismo italiano - perennemente oscillante, nella memoria pubblica degli italiani, tra mito e rimozione - , mentre nei numeri precedenti lattenzione era stata focalizzata sullimmagine del fascismo che si può ricavare da due diverse fonti, la science-fiction e i siti web della destra radicale. Insomma, nel pur affollato ambito delle riviste storiche, ci sembra che Zapruder, grazie alla pluralità dei linguaggi impiegati, alla ricchezza di suggestioni e di stimoli presenti nei diversi contributi fin qui pubblicati e allagilità della struttura adottata, abbia le carte in regola per trovare un proprio autonomo spazio, funzionando anche come polo di attrazione per quella ampia cerchia di appassionati di storia i quali, pur non svolgendo professionalmente il mestiere di storico, potrebbero trovarvi possibilità di collaborazione.