Progetto Storia del '900. Strumenti didattici


Una ricerca sull'internamento militare nel Canavese


Riteniamo che i dati che si possono qui scaricare sulla realtà dell’internamento militare nell’area del canavese, rendano possibile realizzare una unità didattica sulla realtà concentrazionaria partendo da elementi di storia locale. Proponiamo pertanto, di seguito, alcune semplici indicazioni per un approfondimento sul tema, realizzato partendo appunto dai dati raccolti.

Premessa.

Il primo problema che sorge nell'affrontare la questione dell'internamento militare italiano è quello relativo alla quantificazione numerica del fenomeno: quanti furono i soldati fatti prigionieri dai tedeschi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943? Questa domanda ne richiama però immediatamente altre: quali sono state le condizioni della loro detenzione? quali gli atteggiamenti politici dei prigionieri? quanti sono morti e quanti sono ritornati?

Come afferma G. Rochat: "Nessun paese e nessun esercito ricorda volentieri i prigionieri di guerra,' ("Una storia di tutti", Franco Angeli, Mi, 1989, pag. 1); i motivi del ritardo nelle ricerche storiche relative al fenomeno “internamento” non sono però solamente riconducibili al bisogno di evitare un'idea di debolezza e di sconfitta nazionale: le ragioni più profonde stanno probabilmente nella impossibilità delle forze politiche, del governo e delle autorità militari che uscivano dal lungo e doloroso conflitto, di affrontare seriamente i problemi e le rivendicazioni di una gamma di prigionieri che spaziava da quelli a suo tempo catturati dagli anglo-americani, ai perseguitati politici e razziali, ai militari partigiani, ai reduci di Salò (sconfitti, questi ultimi, per ben due volte!). Il problema dei reduci venne pertanto accantonato e solo le associazioni che riuscirono a conquistarsi uno spazio politico (per altro fortemente politicizzato e dichiaratamente finalizzato ad un profondo cambiamento politico-sociale), furono in grado di rivestire un ruolo significativo.

La maggior parte degli studi relativi al fenomeno dell'internamento militare italiano nei campi di concentramento tedeschi è pertanto abbastanza recente (anni ottanta) e il merito dei risultati da questi conseguiti va riconosciuto soprattutto agli Istituti Storici per la Resistenza e a quei Consigli Regionali (in particolare quelli del Piemonte e della Toscana) che hanno sponsorizzato e favorito sia ricerche di singoli studiosi sia convegni su specifici argomenti.

Grazie a queste iniziative, anche se non si è ancora in grado di conoscere con esattezza il numero dei militari italiani catturati dai tedeschi nei giorni successivi all'8 settembre, è possibile indicare dati largamente attendibili. Confrontando infatti le cifre ufficiali italiane del 1946/47 con quelle tedesche e con i dati dei singoli reparti, si arriva ad un totale, generalmente accettato come orientativo, di 650.000 uomini. Di questi, 550.000 furono deportati nei lager in Germania e in Polonia e 100.000 trattenuti nei Balcani, in parte in lager veri e propri, in parte alle dipendenze dirette dei reparti tedeschi.

Questi 650.000 soldati catturati furono classificati come Internati militari italiani (I.M.I), anziché prigionieri di guerra, perché i tedeschi negarono loro questa qualifica in quanto li ritenevano sudditi della alleata Repubblica di Salò.

Nel corso della loro detenzione i nostri soldati vennero posti dinnanzi alla scelta tra una dura prigionia e l'adesione al nazifascismo (con conseguente ritorno a casa e miglioramento del tenore di vita). In grande maggioranza preferirono rifiutare l'offerta.

E' questa scelta che colloca gli internati militari italiani in una condizione nuova: la cattura, l'internamento, erano stati infatti episodi e situazioni che i nostri soldati avevano dovuto subire indipendentemente dalle loro scelte individuali e dalla loro collocazione politica. Dire NO! alle sollecitazioni ed alle lusinghe loro rivolte perché aderissero alla neonata repubblica di Salò, significò invece per questi uomini tornare ad interpretare un ruolo attivo; la scelta da loro fatta li colloca pertanto dall'altra parte della barricata, li fa uscire da quel cono d'ombra in cui erano caduti in quanto “oggetti” di un avvenimento che li trascendeva e li colloca a pieno titolo nel ruolo di “Resistenti”; quel NO! era infatti una scelta politica, anche se quella scelta non sempre avveniva in modo esplicito, ma era impastata a motivazioni psicologiche e sociologiche.

Quella scelta fu pagata anche con la vita: circa 40.000 internati sono infatti morti nei campi.

In linea di massima si calcola che tra i soldati coloro che risposero NO! alla richiesta di adesione furono superiori al 90%. La conseguenza di questa scelta fu pagata da tutti con un lavoro massacrante di 12 ore al giorno per sei giorni la settimana.

Le utilizzazioni furono diverse: - lavoro nelle fabbriche; - manutenzione delle linee ferroviarie; -lavori agricoli e forestali; - costruzioni di fortificazioni e sgombero di macerie; - caricamento e scaricamento di navi e di treni; - impiego nelle miniere di carbone della Renania e della Slesia.

1. Commento ai dati contenuti nel file da scaricare

"Iniziavo ad annoiarmi mortalmente, così diventai la scrivana del tenente Palombi, un ufficiale dei carabinieri di Fossano, quasi un conterraneo. Trascrivevo in bella calligrafia tutti i dati richiesti nella scheda, trascrissi centinaia di schede. Mi interessava quel lavoro, dalla storia di ogni soldato interrogato veniva fuori un tassello di storia che non conoscevo, la tragedia dell'esercito italiano dopo I '8 settembre. C'erano internati provenienti da tutti i fronti: dalla Grecia, dai Balcani, dal Brennero, dalle truppe di occupazione in Jugoslavia, dalla Francia; c 'erano alcuni superstiti di Cefalonia e altri arrestati quasi sulla porta di casa a Genova, in Toscan, a Torino. Le loro storie si assomigliavano tutte o quasi, almeno per un particolare: erano rimasti senza ordini, si erano arresi ai tedeschi che li avevano chiusi in carri bestiame e li avevano trasferiti in Germania negli Stalag, poi erano arrivati gli emissari di Mussolini e li avevano invitati ad aderire alla Repubblica di Salò. Pochi avevano accettato, avevano preferito la prigionia, non volevano più combattere per il Duce; allora li avevano avviati al lavoro, chi in fabbrica, chi in campagna, i più sfortunati a togliere macerie, a scavare gallerie, a lavorare in miniera o nelle fabbriche sotterranee”

Così racconta Lidia Rolfi nell'ultimo libro, uscito poco prima della sua morte, L'esile filo della memoria (pag. 64-65).

E' vero, le storie degli internati usciti dagli Stalag "si assomigliavano tutte" per quanto riguardava il momento della cattura, il viaggio, la proposta di aderire al fascismo in cambio della liberazione. Ognuno aveva vissuto circostanze diverse, ognuno aveva percepito con la propria soggettività ciò che stava accadendo, ma le interviste fatte ed i dati raccolti mettono in luce questi elementi comuni. Il primo dato che emerge con evidenza è proprio infatti il tracollo dell'esercito, rimasto senza direttive, che porta alla cattura della maggioranza degli intervistati nel giro delle 24 ore successive all'8 settembre. E' chiaro che il disorientamento, l'assenza di ordini ha paralizzato le truppe e le ha rese facile preda degli ex-alleati tedeschi, i quali hanno potuto così disarmare e fare prigioniere intere divisioni italiane tra il 9 e l' 11-12 settembre: i soldati che non si trovavano a contatto diretto con i tedeschi sono spesso riusciti a nascondersi e, aiutati a travestirsi in abiti civili, sono tornati a casa. Alcuni di questi sono stati catturati in seguito; altri hanno raggiunto le formazioni partigiane.

Le date che ricorrono più frequentemente, dopo quelle del settembre '43, sono quelle dei rastrellamenti della primavera '44, durante i quali sono stati presi molti dei soldati che si trovavano a casa.

Dalle informazioni relative al luogo in cui è avvenuta la cattura si ricava che. pur essendovi una certa dispersione territoriale, tre sono le zone in cui la percentuale è maggiore: in primo luogo i Balcani. dove è stato catturato il 57% dei 458 soggetti per i quali si dispone di questi dati poi l'Italia, dove è stato catturato il 31 %, infine la Francia, con il 9%: solo il 3% è stato fatto prigioniero dai tedeschi in altri luoghi.

Se si va a vedere su una carta dei campi quali sono quelli in cui la presenza degli internati canavesani è stata più numerosa si trova che ci sono campi posti all'estremo limite Nord-Est, come Stablack, e campi situati all'estremo opposto, come Meppen, al confine con l'Olanda, o Forbach, in zona di confine tra Francia e Germania; uno di quelli citati più frequentemente è Khala, un altro è Thorn, a Est della Vistola: i soldati italiani internati sono stati dispersi in campi della Wehrmacht situati su tutto il territorio del Reich.

Ma ci sono stati internati militari anche nei Konzentrationslager gestiti dalle SS come Mauthausen e Auschwitz. In genere ciò avveniva quando erano comminate punizioni o per motivi di lavoro. Dopo la trasformazione in lavoratori “liberi", infatti, una parte degli IMI fu assegnata, sotto giurisdizione civile, ai lager di lavoro che si trovavano sui luoghi delle diverse attività produttive. Auschwitz III-Monowitz-Buna, ad esempio, era annesso alla gigantesca fabbrica I.G.Farben; i prigionieri del campo di Mauthausen erano impiegati nel lavoro alla cava di pietra e quelli di diversi sottocampi lavoravano nelle gallerie di Ebensee per la produzione bellica. Il numero complessivo di IMI inviati in KZ è stato calcolato in 3-5.000 unità, perciò non è strano che questo dato emerga anche dalle nostre testimonianze.Per quanto riguarda poi i dati che si riferiscono alla liberazione emerge con chiarezza che i periodi e le modalità sono state diverse, soprattutto se si confrontano le date della liberazione dal campo con quelle del rientro effettivo in Italia.

Emerge in generale che per i prigionieri liberati dai Russi è trascorso un periodo più lungo prima che potessero rientrare a casa. Dai dati raccolti risulta che la liberazione è avvenuta per il 42% ad opera degli Americani, per il 30% ad opera dei Russi, mentre il 16% dichiara di essere fuggito ed il 12% di essere stato liberato da altri ( C.R.I., Inglesi, Polacchi...), su un totale di 443 dati disponibili.

A proposito di queste ultime informazioni c’è però da osservare che talvolta alcuni dati non coincidono, ad esempio ex-internati prigionieri nello stesso campo dichiarano di essere stati liberati da truppe diverse.

A questo proposito si possono fare alcune ipotesi;

a)      un errore di memoria del testimone;

b)      il prigioniero è stato liberato in un campo differente da quello indicato come campo di permanenza, perché durante la prigionia è   stato trasferito in campi diversi e la liberazione può essere avvenuta in uno di questi ultimi;

c)      nella stessa zona sono giunte truppe appartenenti a diversi paesi alleati.

Circa l'appartenenza militare degli internati emerge che la grande maggioranza (il 66%) faceva parte dell’esercito, il 5% era della marina e il 7% dell'aeronautica; un 5,5% era personale civile, per un 78% complessivo circa di dati disponibili sul totale dei nominativi.

Si può osservare, infine, che il contributo maggiore in termini di prigionieri è stato dato dalle leve che vanno dal 1921 al 1923, con 289 soggetti su 495(58%); e che i deceduti nei campi sono stati 14, cui vanno aggiunti 2 morti per cause di servizio, mentre gli invalidi di guerra risultano 4.

Concludendo queste brevi considerazioni sui dati raccolti e nel ringraziare tutti coloro che con la loro disponibilità a testimoniare o a sostenere l'iniziativa, hanno reso possibile la pubblicazione di questo lavoro, ricordiamo che il presente vuole essere solo un modesto contributo a portare alla luce una parte delle storie e del sacrificio degli internati del Canavese; sappiamo che l'elenco presentato è ancora parziale, ma vogliamo ugualmente farlo conoscere, soprattutto ai giovani, perché qualcosa possa giungere loro della drammatica esperienza di questi uomini, con la speranza che anche ciò contribuisca a rintracciare qualche altro “milite ignoto”, tuttora vittima dell'oblio oltrechè della guerra nazifascista.

2. Unità didattica generale sulla realtà concentrazionaria nel III Reich (esempio)

Classe di utilizzo: ultimo anno di una secondaria superiore (con opportuni adattamenti, soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi, anche una terza media)

Tempo previsto: 8-10 ore

Finalità del lavoro ed obiettivi operativi: avere un quadro della realtà concentrazionaria nelle sue diverse tipologie e nel suo sviluppo nel tempo e nello spazio (1933-1945); saper ricostruire le vicende utilizzando diverse fonti; cogliere le relazioni tra le storie individuali e la storia generale.

Concetti generali di riferimento : totalitarismo, razzismo, nazionalsocialismo, nazionalismo....

Uso di termini e lessico specifici: distinzione tra deportazione politica e razziale ed internamento militare: Konzentrationslager (KZ). campi di lavoro, campi della morte, campi di sterminio attraverso il lavoro, Stalag, campi di internamento militare, IMI, Gestapo, SS, Wehrmacht, Kapò, Kommando, Circolare Pohl, Conferenza di Wannsee, notte dei cristalli, leggi di Norimberga....

Dimensione quantitativa del fenomeno concentrazionario ed ubicazione dei campi.

Strumenti:

·        manuali di storia

·        carte geopolitiche dell’Europa 1914-1919-I 938-1943-1944

·        carte dei campi di internamento militare e di deportazione politica e razziale

·        saggi e testi indicati in bibliografia

·        testimonianze orali

3. Scheda didattica per l'utilizzo dei dati sugli internati militari

Da fornire allo studente.

  • analisi linguistica

  • analisi strutturale (quali sono gli elementi costitutivi del racconto? come si articolano le vicende? quale messaggio vuole trasmettere il narratore?...)

  • analisi storica: confronta i dati raccolti attraverso l’intervista con quelli che puoi ricavare da altre fonti (manuale, saggi sull’argomento, documentari, altre interviste..)

  • utilizzando la bibliografia allegata cerca ulteriori informazioni sul fenomeno dell'internamento militare dei soldati italiani durante la seconda guerra mondiale.

 

4. Introduzione ai dati.

Le prime interviste ad ex-internati militari risalgono all'anno scolastico 1992-93. I dati che qui presentiamo sono stati raccolti nei tre anni seguenti e pur essendo certamente incompleti, rappresentano uno spaccato significativo della realtà dell'internamento militare nel Canavese.

Perché una ricerca sui soldati italiani deportati in Germania e Polonia dopo l'8 settembre '43?

Avevamo contatti con ex-deportati politici nei lager nazisti, con i quali si erano stabiliti un rapporto amichevole ed una collaborazione consolidata: grazie a loro avevamo scoperto il valore umano, storico e didattico dell'incontro con chi è testimone di un passato tragico, da non dimenticare. Fu proprio uno di loro, Italo Tibaldi, a ricordarci che accanto all'esperienza dei deportati civili, politici e razziali, esisteva quella, meno conosciuta e ancora in gran parte da valorizzare. degli internati militari.

Così prendemmo contatto con alcuni esponenti della sezione eporediese dell'A.N.E.I. (Associazione nazionale ex-internati ) e lanciammo un appello attraverso il giornale locale, La sentinella del Canadese, per rintracciare chi aveva vissuto quella drammatica esperienza.

Ricordiamo ancora con emozione la prima intervista a Giovanni Oberto, che ci cercò a scuola dopo aver letto l'articolo sul giornale, e poi quelle con Prosperino Favero, Leo Marra, Ettore Pesando, che subito si resero disponibili a collaborare con noi ed a rispondere alle domande degli studenti. Un aspetto che subito ci colpì, nei loro racconti, fu la vicenda, da tutti ricordata, del rifiuto opposto ai tedeschi che chiedevano loro di arruolarsi nell'esercito nazista o in quello della Repubblica sociale italiana. Non era, anche questa, una forma di resistenza da mettere in luce e di cui cercare le motivazioni?

Così continuammo gli incontri: con il consenso e l'incoraggiamento della Preside, prof. Franca Sossi Marcone e con la collaborazione del Comune di Ivrea, spedimmo una lettera a tutti i comuni del Canavese per raccogliere dati su altri internati e la ricerca si ampliò.

Nel maggio del 1992 venne inaugurata una piazzetta, sita in via Luca e dedicata ai 'Caduti dei Lager"

Durante la manifestazione alcuni studenti vollero portare lo striscione dell'ANEI "Non più reticolati nel mondo"ed ebbero l'opportunità di conoscere personalmente diversi ex internati; furono così coinvolti più direttamente nella ricerca.

Era stata preparata nel frattempo una scheda per la raccolta dei dati relativi a notizie anagrafiche, arma in cui il soggetto aveva prestato servizio, corpo, specialità, categoria,  grado, luogo in cui si trovava l'8 settembre '43, data della cattura, campo di immatricolazione, altri campi di prigionia, data della liberazione e del ritorno, esercito da cui era stato liberato.

Un primo elenco di ex-internati, risalente agli anni sessanta, fu fornito dalla sezione di Ivrea dell'Anei: comprendeva 169 nominativi con relativo indirizzo. Successivamente veniva inviata richiesta alle sezioni canavesane di Castellamonte, Fiorano, Ciriè, Leinì, Locana, Piverone, Pont, Salassa, Palazzo, che risposero quasi tutte inviando i loro elenchi. Vennero interpellati i signori Morozzo di Castellamonte e Rege di Piverone che si assunsero l'onere di girare casa per casa alla ricerca degli IMI, mentre la zona di Ivrea veniva setacciata da Leo Marra. Intanto incominciavano a giungere alcune lettere di risposta dai Comuni, con i nominativi degli ex internati residenti.

Da allora, Leo Marra ha inseguito ogni traccia, contattato persone, raccolto informazioni con pazienza e tenacia.

Alcuni nel frattempo erano deceduti e allora si trattava di parlare con i familiari: non tutti erano subito disponibili ad accogliere la richiesta di intervista perché non desideravano ritornare su un così triste passato.

Poco alla volta emergeva dalle parole degli intervistati, dai loro diari, dai documenti che ci consegnavano, un pezzo di storia che, con gli studenti, abbiamo imparato a conoscere ed a rispettare. Nella primavera del '93 un gruppo di studenti delle nostre due classi quinte partecipava al concorso che ogni anno è indetto dalla Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana.

Tra le testimonianze sulla deportazione nazista avevamo inserito anche quelle degli internati militari: il lavoro fu premiato e gli studenti parteciparono così al viaggio organizzato dalla Regione che aveva come meta la visita al lager di Mauthausen, ai sottocampi di Ebensee e di Gusen e che si soffermava anche a ricordare il sacrificio degli internati, sul luogo in cui sorge ora un cimitero militare.

Gli studenti che hanno svolto quel lavoro, quelli che hanno condotto le prime interviste, sono ormai fuori dalla scuola, ma i dati sugli internati militari continuano ad arrivare

Abbiamo finora raccolto circa settecento nominativi, quota consistente seppur parziale, del tributo di prigionieri militari, neppure riconosciuti come tali dai tedeschi, che il territorio canavesano ha dato alla guerra nazi-fascista..

Nella maggior parte dei casi, insieme ai nominativi abbiamo raccolto le informazioni richieste nella scheda; sulla totalità delle persone interpellate, solo cinque hanno rifiutato l'intervista.

Presentiamo qui l'elenco degli internati del Canavese che siamo riusciti a censire, compresi quelli di cui abbiamo solamente il nome, perché almeno quello sia ricordato.

 

BIBLIOGRAFIA MINIMA SULL’INTERNAMENTO MILITARE

A.N.E.I., Resistenza senz'armi. Un capitolo di storia italiana 1943-45. Le Monnier, FI, 1984 (raccolta di testimonianze)

A.A.V.V., I prigionieri militari italiani durante la seconda guerra mondiale, Aspetti e problemi storici, Marzorati, MI, 1985

N. DELLA SANTA (a cura),  I militari italiani internati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943

Atti del Convegno di Firenze - 14/15 novembre 1985, Giunti, FI, 1986

ISTITUTO STORICO DELLA RESISTENZA IN PIEMONTE, Una storia di tutti

Prigionieri. internati, deportati italiani nella seconda guerra mondiale, Angeli, MI, 1989

N. LABANCA, Fra sterminio e sfruttamento, Militari internati e prigionieri di guerra nella Germania nazista 1939-1945, Le Lettere, FI, 1992

G. SCHREIBER,        I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945, Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio storico. Roma, 1992

L. COLLO, La resistenza disarmata, La storia dei soldati italiani prigionieri nei lager tedeschi, Marsilio 1995 (testimonianza)

I.C.R.S.-G.U.I.S.Co.. Schiavi allo sbaraglio. L'Arciere, CN, 1990

A. NATTA, L'altra Resistenza, I militari italiani internati in Germania, Einaudi, TO, 1997

G. OLIVA, Appunti per “una storia di tutti”. Prigionieri, internati, deportati italiani nella seconda guerra mondiale, ed. Consiglio Regionale del Piemonte. (questo tipo di pubblicazione è reperibile gratuitamente presso il Consiglio regionale del Piemonte, tel. 0115757/352)

BIBLIOGRAFIA MINIMA SUL TEMA DELLA DEPORTAZIONE

P. LEVI. Se questo è un uomo, Einaudi, 1958

P. LEVI, I sommersi e i salvati, Einaudi, 1986

A.M. BRUZZONE-L. BECCARIA-ROLFI, Le donne di Ravensbruck, Einaudi, 1974

B. BETTELHEIM, Il prezzo della vita, Feltrinelli, 1981

D. JALLA- A. BRAVO, La vita offesa, Angeli, 1986

L. MILLU, Il fumo di Birkenau, Giuntina,  1986

F. CEREJA- B. MANTELLI, (a cura), La deportazione nei campi di sterminio nazisti, Angeli, 1987

A.N.E.D., Storia vissuta, Angeli, 1988

ISTITUTO STORICO RESISTENZA PIEMONTE, Una storia di tutti, Angeli, 1989

T. TODOROV, Di fronte all'estremo, Garzanti, 1991

G. ARGENTA. Deportazione e schiavismo nazista, Gribaudo, 1991

H. ARENDT, La banalità del male, Feltrinelli, 1992

A. CAVAGLION, (a cura), Il ritorno dai lager, Angeli, 1993

L. PICCIOTTO-FARGION. Per segreta destinazione. Mondadori, 1994

I. TIBALDI. Compagni di viaggio, Angeli, 1994

L. MONACO (a cura). La deportazione femminile nei lager nazisti, Angeli, 1995

G. TEDESCHI, C'è un punto sulla terra, Giuntina, 1988

G. TEDESCHI, Memoria di donne e bambini nei lager tedeschi, Zamorani, 1995

E. TRAVERSO (a cura), Insegnare Auschwitz, Boringhieri, 1995

R. HILBERG, La distruzione degli ebrei in Europa, Einaudi,  1996

F. FRANCAVILLA, I lager nazisti fra repressione, sterminio e sfruttamento economico 1943/45, Consiglio Regionale del Piemonte, (questa pubblicazione è reperibile gratuitamente presso il Consiglio Regionale del Piemonte al n. 0115757/352)

 

Vai alla pagina principalel di Storia del 900