Direzione didattica di Pavone Canavese

teatro/scuola: uno spazio di dialogo tra teatro e scuola

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(17.10.98)

Mini-lessico del teatroscuola
(a cura di Marco Bricco)

 

Proponiamo in questa pagina una raccolta di parola chiave riferite al teatroscuola.

Questo elenco si arricchirà nel tempo, fino a formare un piccolo e certo parziale dizionario.

I concetti espressi non saranno di sola natura teorica. Al contrario, proporremo soprattutto parole la cui matrice deriva dal fare il teatro, convinti che la fonte di ogni pensiero attorno all’arte della scena sia, almeno in prima battuta, viverne direttamente l’esperienza.

 

(17.10.98)  IL SEMICERCHIO

Il semicerchio è la soluzione più comoda e ovvia perché, evidentemente, tutti possono vedere e sentire meglio.

Forse, però, si possono cercare altre suggestioni. Si pensi, ad esempio, a come questa disposizione riproponga in micro il teatro greco o romano, un teatro come luogo di coagulo di momenti importanti del vivere sociale di una comunità.

Si pensi, invece, come gli edifici teatrali che siamo solitamente abituati a vedere rispecchino, nella suddivisione dei posti a sedere, le gerarchie sociali esistenti tra gli spettatori.

Potrà sembrare una forzatura, ma ci si può lasciare suggestionare dall’idea che sedendosi in semicerchio, si evochi un’idea di teatro che presupponga fortemente una comunità che abbia voglia di "ricrearsi" attraverso di esso.

 

(16.11.98)  FARE FINTA

E’ probabilmente un po’ troppo riduttivo, nel variegato panorama di esperienze e di teorie elaborate nei secoli, affermare con assoluta certezza che dove non esiste la finzione non esiste il teatro. Ma certo è che tale concetto costituisce un termine di riferimento indispensabile alla riconoscibilità stessa di un linguaggio come teatrale, proprio perché rappresenta un elemento inscindibilmente legato alla sua stessa natura.

E’ proprio tenendo conto di questo profondo legame che, pur semplificando un poco, ci pare comunque corretto proporre di considerare la finzione come fattore generativo del teatro e, insieme, come suo tratto caratteristico fondamentale.

Da questo punto di vista, allora, la possibilità di sperimentare il ‘gioco della penna’ va intesa come possibilità per cimentarsi con il teatro stesso, perché è soltanto dalla finzione, e dalla reciproca adesione o meno ad essa, che può nascere tra attore e pubblico, tra bambino e compagni, una relazione ed una comunicazione di tipo teatrale.

E’ un argomento, questo, che certo non può essere risolto in così poche righe e sul quale torneremo sicuramente, quando ci occuperemo di una possibile definizione di teatro e della relazione che si crea attraverso di esso.

 

(16.11.98)  ESSERE PRECISI

L’idea di precisione va riferita direttamente alla componente linguistica del teatro.
Se il teatro è un linguaggio di cui occorre acquisire le regole base per poi cominciare a produrre i proprio discorsi, allora occorre preoccuparsi di rendere decodificabili tali discorsi.
E’ fondamentale, cioè, sperimentare il linguaggio teatrale prestando sempre la massima attenzione alla chiarezza del processo comunicativo.
Qualunque sia l’idea di partenza, credo sia importante chiedere ai bambini di fare il massimo sforzo per farsi capire dai compagni e non solo per incoraggiarli a curare al meglio le proprie invenzioni. Infatti, la comprensibilità di quanto si elabora teatralmente contribuisce anche a raggiungere un altro obiettivo e cioè quello di rendere chi guarda parte della finzione, diventando, quindi, un elemento fondamentale per creare la relazione con i pubblico. Ed è evidente l’importanza di quest’ultimo aspetto, se si considera quanto valore ha, per il teatro, la relazione attore-pubblico.
Inoltre, va tenuto presente che l’idea di precisione riguarda ogni aspetto del linguaggio teatrale. Non è, cioè, solo una questione di gesti o di parole.
Se si parte sempre dalla necessità di favorire la comunicazione, e la relazione, tra chi fa e chi guarda, allora sarà bene che ogni elemento usato venga scelto sulla base della sua chiarezza e comprensibilità, sia che appartenga alla dimensione interpretativo-attorale che a quella narrativa, oppure che riguardi l’aspetto drammaturgico o quello scenografico o altro ancora.
Essere precisi, dunque, significa non dimenticare mai che esiste un pubblico pronto a farsi coinvolgere nel gioco teatrale, a patto che gli si diano gli strumenti e le chiavi di lettura per comprendere l’evolversi del gioco stesso.

 

(16.12.98)  APPARTENENZA

Il concetto di ‘appartenenza’ va riferito a ciò che, in vario modo, è diventato parte del ragazzo o, più in generale, della persona che fa teatro. E’ un concetto che va un po’ più in la di una conoscenza semplice di ciò che si sta rappresentando e tocca livelli più profondi, raggiungibili solo attraverso una frequentazione più assidua.

Sotto questo aspetto è probabile che un teatro che parli dei loro vissuti appartenga più istintivamente, e più immediatamente, ai ragazzi di un testo letterario più o meno collegato al programma scolastico.

Questo, però, non significa spingere a giudizi di valore in un senso o nell’altro. Vuol dire soltanto porre l’attenzione sulla necessità di dare ai ragazzi la possibilità, ed il piacere, di servirsi del linguaggio teatrale per fare discorsi che siano legati alla loro realtà e che, appunto, appartengano loro. Ed è evidente che in entrambi i casi si può giungere ad un sufficiente livello di appartenenza, anche se è probabile che nella seconda ipotesi il percorso possa risultare più lungo e complesso.