Progetto Storia del '900. Strumenti didattici

 

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"Insegnare" il sindacato.
Una proposta didattica a cura di Gianni Cimalando


Da quando il Ministro Berlinguer ha introdotto una nuova distribuzione della disciplina storia, tale da lasciare all’ultimo anno delle superiori un congruo spazio per l’articolazione delle tematiche inerenti al ‘900, devo ammettere che non ricordo di aver partecipato a riunioni, convegni, seminari od altro, da qualsivoglia Ente od Istituzione organizzati, che prevedessero tra i temi tipici di questo secolo la questione sindacale.

Nelle rare occasioni in cui questo è accaduto, si trattava di argomenti che avevano a che fare con il periodo a cavallo tra ‘800 e ‘900 e che inevitabilmente, ad esempio per quanto riguarda l’Italia, si fermavano all’avvento del fascismo od alla affermazione della dittatura.

Ancora: non ho presente, ma può essermi sfuggito qualche testo, un libro, tra quelli che vengono maggiormente adottati nelle scuole italiane, che assuma la questione sindacale come uno dei problemi centrali del mondo sviluppato e non.

L’impressione che ne ricavo, anche dopo essermi confrontato con diversi colleghi, è che il tema "Sindacato" rientra oggi nella didattica curricolare come fenomeno che caratterizza una parte importante del mondo industrializzato in un momento storico ben preciso e determinato, ma che non rappresenta più una di quelle tematiche che sono degne di approfondimenti specifici e di attualizzazione.

Da che cosa è determinata questa situazione?

Ritengo che un’ipotesi di risposta debba tener conto di due elementi non necessariamente tra loro in contrapposizione:

  1. la maggioranza dei docenti, soprattutto nelle superiori, non aderisce ad alcun sindacato; non solo, la maggior parte di questi ha, nei confronti dei sindacati, un atteggiamento di rabbia e di rifiuto che viene perfettamente recepito in modo diretto od indiretto dagli studenti;
  2. la nuova realtà del lavoro, con la sua parcellizzazione, provvisorietà, ecc., tende a far assumere alle giovani generazioni un atteggiamento di difesa individualistica dei propri diritti e non favorisce la nascita di quel sentimento di appartenenza che è tipica del sindacato "storicamente determinato".

Se questi motivi (ma altri se ne potrebbero individuare) servono a giustificare come mai oggi le tematiche della rappresentatività e delle difesa dei diritti del lavoratore siano relegate in secondo piano nella didattica della scuola secondaria, non mi sembra siano però sufficienti per sottrarsi ad alcune ulteriori riflessioni.

Devo ammettere che parto da un elemento a priori: sono cioè convinto che il sindacato, pur con l’esigenza di riposizionare le proprie strategie in relazione alla nuova realtà sociale e del lavoro, costituisca uno dei tasselli fondamentali della società contemporanea. Stabilito questo presupposto (che mi rendo conto non deve e non può essere da tutti condiviso), ne consegue che i due atteggiamenti di cui sopra, se servono a giustificare una situazione, non sono invece giustificabili in quanto tali.

La maggior parte dei docenti di storia infatti incorre a mio parere in due errori:

  1. da una parte presenta l’argomento come appartenente ad una tematica che si esaurisce più o meno alla metà del secolo e che non riguarda più in modo diretto il mondo in cui gli studenti vivono;
  2. dall’altra, tende a "buttare via il bambino con l’acqua sporca" in quanto se è vero che il sindacato ha compiuto negli ultimi anni errori di strategia ed è criticabile per le posizioni di retroguardia assunte in diverse occasioni (ma le posizioni di retroguardia per la difesa delle fasce più deboli è e deve essere una delle connotazioni del sindacato medesimo), il messaggio che viene fornito allo studente è che tale associazione ha fatto il suo tempo e che nella società attuale risulta un inutile reperto archeologico.

Per quanto riguarda infine gli studenti, se è vero che il loro interesse per l’argomento è minimo, è altrettanto vero che analogo interesse dimostrano per argomenti che il docente affronta comunque in modo articolato e serio; risulta pertanto ovvio che le motivazioni degli allievi costituiscono soltanto una sorta di difesa per le scelte degli insegnanti; la verità è che sono loro a ritenere l’argomento meno significativo rispetto ad altri e che pertanto lo sacrificano in nome dell’interesse e della motivazione da parte del discente.

Occorre ancora tener conto che, se uno degli obiettivi della materia storia è quello di fornire agli studenti "occhiali" utili a leggere il presente, proprio sulla tematica sindacale (si pensi ai referendum radicali ed al dibattito che hanno scatenato sulla stampa), non si forniscono strumenti atti a seguire un dibattito che risulta attuale ed articolato.

Ritenendo pertanto di aver risposto in modo affermativo alla domanda del titolo, mi sembra opportuno e corretto suggerire alcune indicazioni di metodo per affrontare nell’ultima classe della secondaria l’argomento in oggetto.

La prima proposta riguarda un libro uscito nel 1999 per i tipi della Laterza, nella collana Biblioteca Essenziale: si tratta del testo di Gian Primo Cella dal titolo "Il sindacato". E’ uno strumento agile che in circa 150 pagine affronta le numerose tematiche inerenti la questione con un linguaggio chiaro e, ritengo, fruibile anche dai nostri studenti. Per i colleghi interessati allego:

  1. due recensioni al testo rispettivamente di Mimmo Carrieri e Pietro Gelardi
  2. L’indice del testo, che consente di rendersi conto delle caratteristiche del contenuto:

La seconda proposta riguarda i materiali prodotti per il CESEDI di Torino (Centro Servizi Didattici, via Gaudenzio Ferrari 1, tel. 011-57562716) da un gruppo di ricercatori coordinati da Federico Cereja, a cura dell’Istituto piemontese Antonio Gramsci, dal titolo "Il movimento operaio torinese nella storia di un secolo".

Il materiale è strutturato in due parti:

  1. testi di sintesi (non troppo ampi) che ripercorrono la storia del movimento sindacale torinese dagli inizi del secolo al 1985 circa;
  2. una serie di quattro fascicoli di materiali documentari che consentono agli studenti di operare direttamente (saper fare) attraverso un’operazione di induzione/analisi/deduzione. Gli argomenti di ciascun fascicolo sono:
    1. Lavoro, fabbrica, organizzazione operaia dal decollo industriale all’economia di guerra (fine ‘800 - primo dopoguerra);
    2. Tra le due guerre: mobilitazione sociale, controllo del lavoro, ricerca del consenso (anni ’20 – caduta del fascismo);
    3. Ricostruzione democratica e "sviluppo repressivo": verso una nuova identità operaia (secondo dopoguerra – primi anni ’60);
    4. Sviluppo e crisi dei movimenti collettivi: dalla "stagione delle riforme" alla ristrutturazione industriale (fino agli anni ’80)

In conclusione, propongo di abbinare le due proposte secondo le seguenti modalità:

  1. nel periodo estivo a cavallo tra la quarta e la quinta classe, gli studenti dovrebbero leggere e schedare il testo di Cella; in questo modo dovrebbero all’inizio della quinta, possedere quegli strumenti teorici a livello generale che consentono un approccio, forse più sociologico piuttosto che storico, al tema in analisi;
  2. nel corso dell’ultimo anno sarà poi possibile affiancare agli argomenti generali del curriculum, i documenti sopra descritti. Questo tipo di documentazione è ovviamente più adatto a studenti dell’area piemontese. Per le altre regioni ritengo si tratterebbe di reperire materiale proveniente dal territorio.

Note:

  1. qualora il CESEDI non fosse più in grado di fornire quanto sopra, potete rivolgervi al nostro indirizzo e-mail e, indicando la scuola di appartenenza, farvi inviare fotocopia del materiale.
  2. chi intende proporre riflessioni in merito alla tematica sindacale o è in gradi di contribuire con indicazioni metodologiche e didattiche, è pregato di inviare il tutto via e-mail

indirizzare a: serori@libero.it

 

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