Direzione didattica di Pavone Canavese

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LAVAGNA SULLO SCHERMO
a cura di Paola Tarino

INFANZIE FUCILATE

ovvero quando i bambini non possono più essere bambini ...

Stop ai bambini soldato

Il protagonista, l'attore Kolja Burljaev

Approfitto della Campagna internazionale "Stop the Use of Child Soldiers" (Stop all'uso di bambini-soldato) e dell'appello che vi invitiamo a sottoscrivere presso il sito, per consigliare in questi giorni a ridosso del 4 novembre la visione del film "L'INFANZIA DI IVAN" (IVANOVO DETSTVO), girato in uno splendido bianco e nero dal regista sovietico Andrej Tarkovskij nel 1962, tratto dal racconto "Ivan" di Vladimir Bogomolov.
Distribuito in home video dalla General Video Recording (GVR), il film è una dura condanna nei confronti delle infanzie scippate: una drammatica indagine sulla vita di un bambino che l'orrore e la violenza della guerra hanno segnato definitivamente, votandolo a morte.
E spiace dover constatare ancor oggi, alle soglie del millennio globalizzato, che non è possibile dire: "C'era una volta un bambino soldato ..."

Il film descrive la fanciullezza di Ivan, bruscamente troncata dagli eventi bellici della seconda guerra mondiale, il cui desiderio di vendetta diventa capace di trasformarlo in una cieca macchina da guerra.
Ivan è un dodicenne che la guerra ha reso orfano, ponendo crudelmente fine ai suoi giochi, al suo sorriso ed anche al suo primo innocentissimo idillio. Risentito ed offeso (sul muro di una cella illumina con una torcia l'appello lanciato da un gruppo di giovani russi condannati a morte: "Vendicateci!"), avrà una repentina evoluzione, dominata dall'ossessione di riscattare i suoi morti, i bambini massacrati, le vittime della furia nazista.
Per condurre la propria battaglia decide di seguire le truppe dell'armata rossa al fronte, diventando un esploratore ed un informatore di un reggimento di prima linea: una sorta di staffetta preziosa, in quanto capace di attraversare a nuoto il fiume che separa le linee nemiche, intrufolandosi nei pertugi o attraverso il filo spinato.
Benvoluto dai soldati, che rappresentano la sua nuova famiglia e che invano cercano di convincerlo a tornarsene a scuola (ci provano, ma lui fugge), fermo nei suoi propositi, precocemente maturo, ma al contempo bisognoso di affetto, Ivan  scomparirà durante una missione pericolosa, la sua ultima avventura, poi gli sarebbe stato concesso di allontanarsi dal fronte.
Solo a guerra finita, presso la sede della polizia segreta di Berlino, la sua fotografia emergerà ufficialmente tra i fascicoli dei morti civili: impiccato dai nazisti.

Un uso poetico-espressionista del bianco e nero

Il film trova la sua forza più autentica proprio nella sua ferma condanna della guerra, una realtà mostruosa, perché non solo distrugge fisicamente, ma uccide dentro,  impedendo ad esempio ai bambini di avere una fanciullezza e di poter crescere serenamente. Quasi automaticamente il pensiero va alle infanzie distrutte a Belgrado e ai bambini ceceni che subiscono le medesime turpitudini, questa volta a causa dell'esercito russo.

Ivan appare come un morto vivente, ha perso la gioia di vivere, è animato solo dall'odio contro chi ha sterminato la sua famiglia, fa della guerra un impegno d'onore ed al contempo una prova di coraggio. Eppure è capace di frenare il suo rancore sognando un'infanzia diversa, immaginando schegge passate di una vita ipotetica cancellata dall'assurdità del conflitto, che lo costringe comunque ed inevitabilmente ad una dolorosa discesa agli inferi.
Il rapporto tra realtà e desiderio viene tradotto sullo schermo dal regista in una originale contrapposizione, ora drammatica ora lirico-sentimentale, affidata alla scelta stilistica del bianco e nero. L'alternanza di luci e di ombre, di chiaro e di scuro, sottolinea la differenza tra sogno e realtà, tra paradiso ed inferno, tra brani di documentari bellici e scene affidate alla memoria.

La luminosità dei siparietti onirici, flashback che consentono al ragazzo di ricordare il passato felice, in compagnia della madre (interpretata dalla mamma stessa del regista, Irma Tarkoskaja), della bambina con cui divide i frutti della terra e dei cavalli liberi, ferisce lo sguardo, non solo per ragioni di tipo estetico, ma a causa del repentino passaggio, privo di dissolvenze, al buio delle sequenze nel bosco, con gli alberi allagati, illuminati dai razzi che solcano il cielo o attraversati da un'alba livida.

Lungo il cammino della sua ultima missione, Ivan scorge impiccati i due soldati che erano venuti a cercarlo, muore uno dei suoi amici, l'insidia nemica lo sovrasta, ma al contempo l'esalta e lo rende forte: lo vedremo, temerario e scuro in volto, allontanarsi per raggiungere le linee nemiche, fare un ultimo cenno di saluto ai commilitoni dell'Armata Rossa, per poi scomparire e confondersi nel fitto della foresta ...

 

Considerato un film importante nella storia del cinema del cosiddetto "disgelo", annoverato nel  filone del cinema antifascista sovietico, il primo lungometraggio di Tarkoskij venne premiato con il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia del 1962, tra le polemiche di una parte della critica ufficiale, in particolar modo quella proveniente dalla sinistra europea (solo Sartre spezzò una lancia in suo favore, difendendolo in una lettera pubblicata sull'Unità), che osò tacciarlo di eccessivo formalismo per i suoi virtuosismi nei movimenti di macchina, per l'uso compiaciuto di metafore e immagini poetiche, e le critiche dell'aparatnik sovietico, che lo giudicò un film affatto patriottico (gli eroi non abbastanza celebrati come tali, la storia trattata in maniera irrazionale ed emotiva), troppo pacifista, incapace di continuare l'oratoria propagandistica e l'ottimismo volontaristico del periodo staliniano.
Per farla breve venne accusato di tiepidezza ideologica ed in alcuni casi persino di disfattismo.

Per quanto datato (4 aprile 1963) risulta significativo ricordare il parere di Grazzini:

"Condannare L'infanzia di Ivan perché il dodicenne protagonista del film è privo di consapevolezza patriottica, equivale ancora una volta a strumentalizzare la coscienza. Il senso poetico dell'opera consiste invece nel denunciare il male della guerra senza tener conto che si tratti di una guerra giusta o ingiusta. Siamo tutti abbastanza maturi per essere convinti che non esistono guerre giuste, e che esse rappresentano in ogni caso, come dice Sartre, le perdite secche della storia […].
La mano di Tarkoskij è così delicata che accusarlo di formalismo ci sembra immeritato. In realtà questo giovane regista ha la sobrietà di un poeta che esprime attraverso le immagini una sua tenue ma schietta ispirazione. Se esse sono talvolta troppo eleganti, non perciò mancano di espressività lirica […].
L'eleganza formale, applicata soprattutto al paesaggio, è d'altronde l'implicita risposta di un regista moderno, che guardando indietro, al recente passato del suo Paese, ha ragione di preferire la compagnia di artisti giovani e inquieti a quella degli accademici illustratori di gesta proletarie. Tarkoskij scegliendo la via dei sentimenti, e tuttavia imboccandola con pudore (egli stesso ha criticato l'enfasi di Evtušenko), ha toccato più di quanto forse non creda una corda dalle lunghe risonanze, in Oriente e in Occidente. Vengono i brividi a pensare che un film come L'infanzia di Ivan possa avere provocato, in Russia, polemiche sul suo contenuto. È vero che c'è sempre chi odia il cuore dell'uomo, e disprezza la grazia". (Giovanni Grazzini, "Gli anni sessanta in cento film", Universale Laterza, Roma-Bari, 1978, pp. 50-53).

Ad Ivan e a tutti i bambini costretti ad imbracciare un fucile tributiamo questo omaggio virtuale, ricordandoli in occasione del disperato appello lanciato dalla Coalition to Stop the Use of Child Soldiers.

Per chi fosse interessato a noleggiare la pellicola in 16 mm, può rivolgersi alle seguenti case di distribuzione:
EFFETTO NOTTE Tel. 02-89429226 Fax 02-8051755
FENICE Tel. 06-491161 Fax 06-491990
ANTONIANA 049-8762436 Fax 049-8074242

Alcuni fotogrammi dell'Infanzia di Ivan

Stop the Use of Child Soldiers

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La sedicesima puntata ha preso in rassegna il film di Hector Olivera
 "La notte delle matite spezzate"