Direzione didattica di Pavone Canavese

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LAVAGNA SULLO SCHERMO
a cura di Paola Tarino

 

LA NOCHE DE LOS LAPICHES

ovvero secondo ritratto di una generazione alle prese con la "scuola della vita"

Il corteo studentesco argentino del 1975

Congelato lo schermo sulla porta dei bagni liceali della California descritta da American History X, spostiamo la macchina da presa indietro nel tempo, nel profondo sud del continente americano, per seguire le peripezie altrettanto tragiche di altri studenti, le cui matite vennero brutalmente spezzate, perché colpevoli di intingere la grafite del loro cuore nel comunismo, nella giustizia e nella libertà.

"Yo no fui" (battuta di un altro interessante film argentino: "Buenos Aires viceversa" di Agresti) recita ancora oggi la gomma impugnata dalla dittatura argentina, che è stata capace di cancellare per tutto il periodo della sua durata (dal 1976 al 1983) esistenze, sogni, desideri e speranze: autocertificazione di non colpevolezza o dichiarazione di innocenza, che la desapariciòn stessa non è riuscita a falsificare, nonostante l'inchiostro delle cifre resti impresso a caratteri indelebili: 40000 desaparecidos ufficiali, 15000 fucilati, 600 figli di oppositori venduti in Argentina dai macellai del Proceso Militar, che ha prodotto 1 milione e mezzo di esuli.

"La Noche de los lapiches" (La notte delle matite spezzate)

distribuito da Film International Company, Skorpion per il circuito home video

La Plata, settembre 1975, interno aula magna del liceo di Belle Arti, assemblea studentesca: alcuni leader prendono la parola, tra il baccano e il brusio generale.
Scopo del raduno: ottenere il tesserino liceale, che consentirà agli studenti prezzi ragionevoli sul caro libri e sull'uso dei mezzi pubblici.
Il microfono passa di mano in mano, amplificando le voci di chi propone scelte moderate, tentando la via della negoziazione e del dialogo costruttivo, e di chi invece è disposto a scendere in piazza, senza mezze misure, anche sfidando l'inevitabile repressione delle cariche della polizia.
Il parlamentino degli studenti (organismo che ricorderanno, con nostalgia o insofferenza, tutti coloro che, come la sottoscritta, parteciparono ai movimenti studenteschi degli anni settanta) mette fine alla discordia: si passa ai voti, prevale la linea estremista ("Dobbiamo decidere se alzare la testa o abbassarla come vogliono loro!"), e tra le urla di gioia degli impazienti e lo sconcerto dei timorosi, si inizia ad organizzare il corteo, preparando striscioni, cartelli colorati e scritte di protesta.
La loro marcia, blindata e scortata dalla massiccia presenza armata dei poliziotti, che impediscono loro a suon di manganelli di entrare al Ministero dei Lavori Pubblici, servirà ad ottenere il fatidico "boleto", ma al contempo segnerà le sorti dei leaders agguerriti, che una volta filmati e schedati, saranno da quel momento pedinati, sorvegliati a vista, inquadrati nel mirino delle "patotas", le squadre deputate alla desaparaciòn. Gli scontri cruenti sono descritti con dovizie di particolari che documentano attraverso dettagli la violenza della polizia: sono segnali anticipatori dello stesso tipo di montaggio, carico di attenzioni per gli oggetti e per le singole azioni che producono violenza nel momento del sequestro. Questo fa emergere l'atteggiamento arrogante di tutti i livelli della polizia: il funzionario menzognero pretende quel rispetto che lui non porta, il torturatore sbraita: "Tu rimani vivo, solo se io lo voglio!".
Maria Claudia Falcone, Horacio Ungaro, Claudio de Acha, Ponchito López Muntaner, Daniel Racero, Maria Clara Ciocchini, Pablo Diaz e altri 232 adolescenti, a cui Hector Oliveira dedica questo film girato nel 1988 ed ispirato a personaggi e fatti reali, non avranno molto tempo per "salire le scale tre gradini alla volta", come richiede la loro impazienza rivoluzionaria, per consumare sogni giovanili, dichiarare simpatie, conoscere i primi amori: verranno arrestati una notte del settembre 1976 (soprannominata "la notte delle matite" per ricordare il corso di studi artistici che stavano seguendo), torturati in carcere e mai restituiti alle loro famiglie. Solo uno di loro, Pablo Diaz, uscirà vivo dall'esperienza, dopo aver scontato 4 anni con l'accusa di essere stato scoperto a distribuire volantini sovversivi, guarda caso proprio nel periodo in cui era già desaparecido ... Probabilmente uno degli intenti del film è anche quello di tentare di dare una spiegazione della scelta caduta su Pablo: arrestato fuori dal gruppo e in una situazione successiva per la logica poliziesca risulta defilato rispetto all'organizzazione e quindi non è pericoloso.
"E' stato deciso che tu viva, ti porteremo fuori di qui: a patto di dimenticare tutto quello che hai visto, tu non sei mai stato qui": desapariciòn fisica, mentale, psicologica.

I protagonisti del film esibiscono l'agognato tesserino

Per scoprire l'orrore di quei sette anni, in cui nulla era trapelato e chi sapeva era informato per essere stato carnefice o vittima (nel primo caso non interessava divulgare i fatti, nel secondo una sorta di pudore misto a paura impediva il racconto delle torture subite), non basta un film sincero, di grande impegno civile come quello di Hector Olivera, ma è sufficiente la sua intensità drammatica per cogliere lo sdegno della generazione più colpita dal Proceso Militar, che alligna la maggior parte di coloro che lottano ancora per far emergere il ricordo.

Lo studente sopravvissuto, come le Madri de Plaza de Mayo, con Hebe Bonafini in testa, tengono gli occhi ben aperti sull'orrore, al contrario di tanti altri che hanno acconsentito da un lato all'amnistia del punto final (imposizione dall'alto di una riconciliazione da parte di un potere che non vuole più sentir parlare del regime, perché soggetto ai ricatti delle lobbies coinvolte dal sistema che attivò i campi di concentramento) e alla ley de obediencia debida (solito ritornello nazistoide del militare costretto a obbedire, anche quando l'ordine è quello di gettare dall'aereo prigionieri vivi nell'Oceano, con la benedizione del Nunzio Apostolico, Mons. Pio Laghi); dall'altro non s'indignano dei legami mafiosi di Menem, capace di insabbiare persino le indagini sull'assassinio del proprio figlio e di nominare i giudici in un intreccio sconcertante di potere politico e giudiziario, o non rilevano lo scandalo dell'insabbiamento del caso Cabezas, giornalista ucciso (impossibile non ricordare di questi tempi il nostro caso "Pecorelli"), perché aveva scoperto troppo.

Pablo Diaz: l'unico sopravvissuto

 

Durante la segregazione ...

Questi giovani avevano capito, prima dei loro padri e delle loro madri, che di fronte ad un golpe militare, che costringe i loro docenti a recitare "in questa scuola non ci dovranno essere sindacati né comitati politici, idee atee e antinazionaliste" e a far occupare subito i banchi degli scomparsi per cancellarne la memoria, si può stare solo da una parte e che i protagonisti delle rivoluzioni sono i popoli e non gli uomini (circa le responsabilità  della scuola argentina nella formazione e creazione di una mentalità nazionalista autoritaria, si rimanda alla lettura dell'illuminante articolo "Homo patrioticus: nazionalismo ed educazione", che Aluisi Tosolini ha gentilmente messo a disposizione delle rubriche del sito).

La certezza in questi ideali, insieme alla solidarietà, permette a questi giovani di sopportare torture inenarrabili presso il commissariato di polizia: le stesse che consentiranno alle loro madri di abbracciarsi in Plaza de Mayo, per "condividere la propria maternità", fare proprio l'orgoglio del diventare irregolari, dopo aver scoperto il vero volto della violenza e l'inganno di chi vorrebbe far credere loro che la vera mano della desapariciòn si nasconda proprio nel comunismo e nell'estremismo di sinistra, covi dei parassiti che diffamano le istituzioni assassine.

Le scene girate in carcere sono crude e realistiche: macchina da presa rasente a muri scrostati e umidi, in carrellate continue lungo le sbarre che diventano così infinite incarcerando l'intera nazione; fissa su lucchetti che immobilizzano una generazione; guidata nell'oscurità solo dalle voci dei ragazzi che si rincorrono, bisbigliando, da una cella all'altra, per farsi coraggio, cantare insieme, aggrapparsi ad una preghiera (anche se qualcuno inizia a dubitare: "Se Dio esistesse non saremmo qui, Dio si è distratto o è un fascista ..." e Pio Laghi è lì per dare un responso incontrovertibile, incarnato nel film dal prelato colluso, che dice ai genitori: "Dovete prenderla con santa rassegnazione cristiana. Non li rivedrete più"). Piccoli rituali, che danno la forza  di sopportare torture e stupri, di vincere la disperazione e l'umiliazione per aver perso tutto ("Io non posso darti più niente" dirà Maria Claudia a Pablo, che spera di poterla invitare una sera a cena, quando tutti saranno liberi ...), ma non la voglia di continuare a schierarsi dalla parte che hanno scelto di vivere, quella perdente di chi preferisce stare con chi per il potere ha sempre torto, da difendere al costo dell'unica ragione che è concesso loro di possedere ancora per poco: la vita, di cui hanno assaporato solo il lato adolescenziale.

La particolarità del "caso argentino" in materia di diritti umani sta nel fatto che in questo paese alcuni militari sono stati in passato processati e condannati, ma successivamente graziati. Dallo scorso anno alcuni tra i responsabili della "guerra sporca" sono tornati nel mirino della magistratura: il movimento di opinione, estesosi all'estero, in particolare in Italia e in Spagna, dove esistono casi di cittadini desaparecidòs, ha portato alla revisione dell'atteggiamento reticente, che condurrebbe all'oblio e alla rimozione della criminale persecuzione e del terrorismo di stato degli anni settanta.

In margine al film,

APPUNTI di viaggio ...

Le torture in carcere

Il parlamentino del movimiento estudiantil

 

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La quindicesima puntata ha preso in rassegna il film di Tony Kaye "American History X"