HOMO PATRIOTICUS:
NAZIONALISMO ED EDUCAZIONE
"Ci sono due possibili immagini del labirinto. Uno è il dedalo, cui siamo abituati da millenni, un intrico di vie che non portano da nessuna parte, con al centro il mostro o il nulla... Laltra, cui non ci abitueremo mai, è quella del deserto. Nel primo cè tutto sommato qualcosa di rassicurante: sei al riparo nel chiuso di un palazzo o di un giardino; nel secondo non sei al riparo proprio per niente: sei nullificato a priori. Se dal primo unuscita si dà, dal secondo non cè uscita, è certo."
Con queste parole in testa, [parole di Rino Genovese che nel retro di
copertina del suo "Tango
italiano" ipotizza
una uscita dal labirinto italo-argentino.... uscita che poi non cè perché siamo
nel deserto, non nel chiuso di un palazzo, o di una città (fossanche Buenos Aires),
o di un giardino. Siamo, se non proprio nel deserto della pampas... di certo nel deserto
metaforico, ma non per questo meno reale e drammatico, della condizione post-moderna ... ]
con queste parole in testa - dicevo - ho cercato di affrontare uno dei nodi cruciali della
storia argentina: leducazione.
La domanda può così riassumersi: quanto la scuola argentina
(nelle sue forme e nei suoi programmi) ha inciso a livello di formazione e creazione di
una mentalità "nazionalista", autoritaria, non democratica?
Un'ipotesi di risposta è ritrovabile nello studio di Carlos
Escudé (La riconquista
argentina. Scuola e nazionalismo) pubblicato da Edizioni Cultura
della Pace.
Unanalisi storica che muove i propri passi dalla fine
dell800 mostrando come, anno dopo anno, caratteristica della classe dirigente fu
quella di mascherare ipocritamente con un linguaggio liberale una cultura ed una pratica
autoritarie.
LHOMO PATRIOTICUS
Se la prima forma di educazione in Argentina fu progressista, ciò
venne meno dal 1908 in avanti, anno in cui iniziò una pratica educativa tesa al più
spinto nazionalismo ed allindottrinamento patriottico collettivo.
Per capirci bastano poche parole di Joaquìn V. Gonzàles
tratte dal suo famosissimo volume "Patria" del 1908. "La Patria
è la persona imperitura per cui lottano e lavorano gli uomini, le società, i governi, le
nazioni. Essa è distinta e superiore a tutte queste cose: ne è lanima invisibile e
generatrice". La Patria è vista come una "persona", è
l"anima invisibile", assurge al ruolo di divinità e lindividuo deve
essere al suo servizio (e non il contrario, alla faccia di ogni liberalismo). E, scrive
Escudé, "quando si instaura un dogma fallace, nascono sempre i salvatori della
patria che credono di incarnare gli autentici interpreti dellEssere Nazionale e che
tentano, spesso con successo, di imporsi ai desideri della maggioranza ed ai diritti degli
individui" (pag. 19). Ne consegue che "la tolleranza è inammissibile, il
pluralismo aberrante e la democrazia un male al massimo grado" (pag 20).
Ma perchè prese avvio un tale processo? Il motivo è legato
alla massiccia immigrazione che negli ultimi anni dell800, provenendo
dallEuropa, investì lArgentina. E proprio gli immigrati e la loro cultura
(per molti versi "progressista") costituivano un problema. Il progetto della
aristocrazia argentina fu chiaro: diseuropizzare gli immigrati da tutto ciò che di
progressista la cultura europea poteva apportare senza tuttavia rigettare gli involucri di
tale cultura. Così, dallinizio del secolo in poi, la parola liberale in Argentina
non designò più una concezione politica basata sulla difesa dei diritti degli individui
ma iniziò ad identificare un contenuto nazionalista. E la nascita dell
homo patrioticus fondato su una argentinità inesistente (perché lArgentina non
esiste, se non negli indios autoctoni che però furono fra i primi ad essere
"eliminati" dalla scena politico-sociale della pampas) ma continuamente
riproposta.
Ledificazione dellargentinità si può seguire
agevolmente analizzando i libri di testo, in particolare di Geografia, diffusi nel paese
dal 1908 in avanti. E curioso notare come gli argentini (ma anche lEcuador, il
Perù ed altri paesi latinoamericani, e qui sta la curiosità) si ritenessero vittime
dellespansionismo dei paesi limitrofi. Il mito delle perdite territoriali ben spiega
la follia collettiva della guerra delle Malvinas ed è funzionale agli interessi
corporativi delle forze armate che hanno bisogno di "ipotesi di conflitto" per
giustificare bilanci gonfiati, acquisti di armi, pesanti interventi repressivi dentro la
società.
Il progetto "educativo" sin qui descritto non rimane
tuttavia solo a livello teorico ma informa di sé ogni aspetto della didattica, dagli
esercizi di matematica ai canti (patriottici, ovviamente), agli argomenti di storia e
lingua.
Il programma di educazione civica del 1908 (e poi per molti
decenni) recita: "Il primo e principale dovere delluomo e del cittadino
consiste nellamare, onorare e servire la Patria, adoperandosi per la sua prosperità
interna e per la sua grandezza e la sua gloria allestero.". Non è
difficile leggere, in questa affermazione, una singolare assonanza linguistica con il
quarto comandamento che chiama i cristiani ad onorare il padre e la madre.... Non
contenti, tuttavia, i pedagogisti argentini prepararono anche un prontuario (una specie di
catechismo patriottico) da imparare a memoria. Ecco una perla:
"Maestro: Quali sono i doveri del buon
cittadini?
Alunno: Il primo dovere è quello di amare la Patria
Maestro: Più dei genitori?
Alunno: Sopra ogni altra cosa".
Lideologia del patriottismo si trasforma così in religione,
religione che sta alla base della creazione di un "nazionalismo" che può stare
in piedi solo costruendo una nazione laddove lArgentina è, al contrario, solo un
incidente storico-politico.
Chi si distinse in tale opera fu Carlos Octavio Bunge che,
dalle colonne del Monitor (lorgano di stampa che seguiva le questioni
educative), mira a costruire un corpus di miti, leggende e tradizioni capaci di forgiare
limmaginario collettivo del popolo argentino mediante un lavaggio collettivo del
cervello ed una ipnosi di massa.
Non si creda che il progetto educativo sopra presentato sia mutato nel tempo. Carlos Escudé, analizzando i documenti ufficiali ed i libri di testo diffusi in Argentina, mostra con dovizia di particolari come il progetto educativo improntato al nazionalismo, allirrazionalità, allemotività ed al dogmatismo abbia continuato ad agire indisturbato per decenni.
Si vedano ad esempio gli orientamenti morali per leducazione pubblicati su Monitor dopo il colpo di stato del 1930:
la scuola argentina, dai primi anni sino alluniversità, deve proporsi di sviluppare negli argentini la ferma convinzione che il destino manifesto della loro nazionalità consiste nel consumare una civiltà propria, di carattere eminentemente democratico, erede di valori spirituali - rivisitati - della civiltà occidentale
di conseguenza ... la scuola argentina si propone di contribuire alla formazione di una razza in grado di realizzare il manifesto destino della nazione
leducatore argentino deve contribuire alla formazione di un tipo di uomo resistente alla fatica e alle malattie, sereno, pronto ad affrontare i pericoli e adatto al lavoro...
la scuola argentina deve proporsi lobiettivo di educare la personalità psichica del nostro fanciullo in funzione dellideale collettivo...
Non credo siano necessari commenti... se non che ai punti sopra
citati va aggiunta una significativa esaltazione mistica del militarismo. Come scriverà
Josè Astolfi "La mistica dellinsegnamento si coniuga con la mistica del
nazionalismo, sentimento che non ci è né nuovo né estraneo. Questa mistica del
nazionalismo deve venir promossa dalla scuola. Viviamo in un paese in cui londata
migratoria è dilagante. Nonostante i nostri sforzi per assimilare gli stranieri,
continuano ad esserci gruppi che fanno resistenza e si ostinano a non integrarsi nelle
masse. Tale resistenza rappresenta indiscutibilmente un pericolo.....
Voglia Dio che lesercito non si trovi mai nella
necessità di difendere il suolo patrio mediante una campagna militare, ma il corpo
insegnante deve già da ora stare allerta, lottando contro questo (pericolo). Questo
compito di fondamentale importanza è stato infatti delegato a coloro che sono impegnati
nel campo educativo. Il patriottismo è stata una bella manifestazione di amore
collettivo: bandiere che sventolano, inni che si innalzano, colonne di bambini, di soldati
e di cittadini che sfilano con gioia; tutto questo è diventato unesigenza
categorica, un obiettivo imprescindibile per difendere la nazione" (Monitor, 1940).
Parole profetiche, purtroppo: infatti lesercito argentino (e
non credo Dio abbia voluto...) è intervenuto lungo il corso degli anni con mano
pesantissima dentro la stessa società eliminando migliaia di oppositori.
Secondo Astolfi, militari ed insegnanti sono due facce della
stessa medaglia, due armi in mano allo stesso esercito.
"Qualche anno più tardi scrive Escudé - Peron forgerà
una nuova mistica, imperniata sul movimento e la sua stessa persona. Lidea era già
nellaria. La mistica peronista non risulterà estranea agli argentini" (pag
78).
Così, per concludere con le parole di Evita Peron (1950):
"... colui che non si sente peronista non può sentirsi argentino". E,
quasi di rimando, i libri di testo di grammatica del periodo utilizzano come esercizio
sulla coniugazione del verbi la frase "Evita mi ama", in sostituzione di
"la mamma mi ama".
Detto altrimenti: lingranaggio educativo che aveva preso
lavvio allinizio del secolo era perfettamente sopravvissuto ed era capace di
assorbire e digerire qualsiasi contenuto: purché compatibile con il suo autoritarismo
originario. Ed il messaggio di Peron e dei dittatori militari che lo seguirono lo era.
Lo studio di Escudé mi ha illuminato.
Capisco meglio, adesso, la definizione fornita a Rino Genovese
da un suo interlocutore di Buenos Aires: "con il concetto di rivoluzione passiva
si può cogliere il tratto peculiare della politica latinoamericana in genere ed argentina
in particolare. Questo concetto esprime bene il senso di una mobilitazione del popolo come
massa di manovra subordinata agli interessi di unélite dirigente o agli ordini di
un capo. E la passività intesa in questo modo ciò che ha minato ogni
trasformazione sociale qui da noi"(pp. 73-74).
E capisco bene il dramma narrato da Eva che, in qualche modo,
era stata peronista. Perché Peron, durante il suo esilio nella Spagna franchista, era
riuscito - ecumenicamente - ad essere sostenuto sia da destra che da sinistra. Così, al
suo rientro trionfale in Argentina (1973), le due diverse fazioni si incontrarono
all'aeroporto e lambiguità fu subito sciolta. Le due fazioni si guardarono in
faccia.... e fu una carneficina.
Eva, la guida di Genovese nel labirinto argentino, era lì
presente, con suo padre. Aveva 12 anni. Suo padre era ebreo: fuggito dallEuropa
nazista aveva trovato una "patria" in Argentina.
Il populismo nazionalista alla Peron aveva trovato il modo di
sposarsi con il marxismo rivoluzionario alla Guevara. Nel nome della rivoluzione passiva,
e su un terreno da decenni arato e messo a coltura dalle logiche educative che sotto
letichetta di liberalismo nascondevano le peggiori nefandezze
dellautoritarismo.
E, se è così, si capisce anche come sia difficile anche solo
pensare di uscire dal "labirinto" argentino.
Ed ancora, come il labirinto di cui stiamo parlando non sia solo
argentino ma pian piano stia "colonizzando", come la mappa di Borges,
significative fette del pianeta.
Dire che stiamo parlando anche di noi può sembrare banale
oltre che stupido.
Ma è proprio anche di noi che stiamo parlando. Di noi e del
problema di fornire senso e significato a percorsi educativi tesi alla formazione di
quanti sono immigrati in Italia (si direbbe "educazione interculturale" ma è
così in disuso che persino i
grandi saggi a cui litalico Ministero della Pubblica Istruzione
ha affidato il compito di definire i saperi fondamentali per i prossimi decenni nemmeno la
citano. Come neppure citano il fatto - che pare incontrovertibile a tutti ma non a loro -
che le società del futuro saranno sempre più multiculturali...) e di quanti (tutti noi)
sono chiamati ad "emigrare" nellimmaginario collettivo dellEuropa o
della casa comune chiamata mondo.
Si potrebbe persino sostenere che tra il progetto di "occidentalizzazione
del mondo" (si veda al proposito Serge Latouche ed i suoi illuminanti saggi) e
le farneticanti affermazioni di Josè Astolfi sopra riportate non vi siano differenze. Se
non di forma. Che oggi lautoritarismo antidemocratico sa presentarsi in forme e
modalità particolarmente affascinanti (... direi ... "neoliberiste"...). E per
questo ancor più pericolose.
... ma questa è unaltra storia. Che ci riporta comunque
nel cuore del labirinto.
Il labirinto-deserto, quello senza cuore, senza mostri,
senza via duscita, senza riparo. Quello che nullifica.
Ma è, appunto, unaltra storia. Ne riparleremo (anche
stando dentro il labirinto-deserto, anche senza avere la pretesa di uscirne. Visto che
uscirne è impossibile. Forse perché il deserto non è fuori di noi ma dentro di noi?. Ed
anche questa domanda.... è unaltra storia).
Aluisi Tosolini
Note bibliografiche:
1. Rino Genovese, Tango italiano, Torino, Bollati Boringhieri, 1997
2. Carlos Escudé, La riconquista argentina. Scuola e nazionalismo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole, 1992
3. si veda il documento "I contenuti essenziali per la formazione di base", marzo 1998, reperibile ad esempio in R. Maragliano, Tre ipertesti su multimedialità e formazione,Laterza, 1998, pp. 144-157. Per unanalisi del documento dal punto di vista dellinterculturalità rimando ad un mio saggio in via di pubblicazione sulla rivista I diritti della scuola, oltre che alla sezione Educazione Interculturale (sempre curata dal sottoscritto) in questo sito
4. mi permetto di rimandare alla recensione del saggio di G. Rist (Lo sviluppo, Torino, 1997) pubblicata sul precedente numero di AlfaZeta. In tale recensione viene presentata anche la posizione di Serge Latouche e, soprattutto, si argomenta attorno allo sviluppo come "credenza-religione" delloccidente. Il che torna utile in questo contesto "argentino" dove "religione" è la categoria con cui vengono trattati i nodi dellautoritarismo, del nazionalismo, dellirrazionalità
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