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“La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione” G. Gaber
(26.04.2014)
Chi
ha paura del web?
Nella scuola, in Italia, nel mondo
di Rodolfo Marchisio
Come ci ricorda M. Russo (Wired 3/14),
il web ha 25 anni. Se ne parla tanto, che sembravano di più vero?
Voluto da T. Berners-Lee, che aveva rifiutato di brevettarlo, ne aveva intuito
la “stupidità” e la potenza nel 1989 e lo aveva chiamato “Entrate pure per
avere informazioni su qualsiasi argomento” è stato un formidabile
“acceleratore” di conoscenza, di sviluppo, di progresso e, secondo alcuni, di
democrazia
(ma si può avere qualche dubbio)”. Eppure da quando si è diffuso è
stato sempre al centro di divisioni fra entusiasti troppo entusiasti e poco
riflessivi e detrattori impauriti (e spesso poco e male informati): a partire da
apocalittici e integrati (U. Eco) in poi.
Oggi che si trova (che ci troviamo) a una svolta importante e delicata -
non solo il passaggio dal web 2.0 (quello della relazione,
dell’informazione, della partecipazione) al web 3.0 (quello degli
algoritmi e delle macchine che ci controllano, del grande fratello) – ma
anche all’incrocio tra i due tipi di web coi nodi che vengono al pettine -
tra controllo e partecipazione - si ritorna a polemiche che gli
attribuiscono poteri che non ha e colpe o rischi che non gli spettano del tutto.
Certo, se invece di comprare a mio figlio una bici gli compro una moto dovrò
spiegargli la differenza.
Ricordate quando si discuteva se la TV facesse bene o male e intanto i nostri
figli facevano la loro strada con essa e senza di noi che stavamo a discutere?
Non dimentichiamo che quando nasce: “Internet
è il prodotto di una combinazione unica di strategia militare, (da cui nasce
NdA), di cooperazione scientifica (per cui si sviluppa NdA) e di
innovazione contestataria”. M. Castells. Oggi può essere molto di più nel
bene e nel male.
La rete è reale, non virtuale, fa parte del nostro mondo in modo
inevitabile, da sola non fa né bene né male, talora stimola o amplifica pulsioni
o progetti che già abbiamo. Partiamo dall’idea che la rete oggi non si può
eliminare, perché non è un’utopia, ma una cosa reale e potente, che è fatta di
uomini, organizzazioni, Stati; che dentro ci troviamo di tutto, come nella vita
(dal meglio al peggio), ma che può essere molto utile o molto pericolosa a
seconda delle scelte che gli uomini – e le organizzazioni e gli Stati -
faranno e fanno; che è ormai contesa tra le grandi compagnie che detengono i
nostri dati e ci vivono (Google, Facebook, Yahoo etc..) e le grandi nazioni
(USA, Cina, URRS, tutte le dittature) che li vogliono avere per dominarci e
dominare il mondo. Può diventare pericolosa, molto, ma può essere veicolo di
informazione, comunicazione, relazione, controllo, partecipazione. Non
democrazia.
In questi giorni tra quelli che pensano ingenuamente (?) che per salvare la
democrazia basti trasferirla in rete (sul
modello Agorà di Atene) e lo scandalo del “datagate” che ci spia, si assiste
a polemiche, interrogazioni, disegni di legge che non c’entrano il bersaglio -
dalla Boldrini, a Camon (causa di un suicidio), a Scalfari (causa
d’ignoranza), Magris (diritto alla disabilità digitale), Tamaro (autodistruzione
degli adolescenti), Maltese (un passo indietro nell’evoluzione) a
diversi deputati e giornalisti. Molti si rivoltano perché si sentono minacciati
dal web, che non sanno capire sino in fondo.
La rete va regolamentata con una “carta
dei diritti”, con una Costituzione “liquida” - dice Rodotà da tempo -
non oscurata o spenta. Le leggi ci sono già basterebbe farle rispettare, dicono
i giuristi.
Oggi non solo noi e i nostri diritti, dentro e fuori il web, ma la
rete stessa è a rischio, strumentalizzata da multinazionali e grandi potenze
in lotta fra loro.
“Internet è troppo preziosa per farcela sottrarre da chi vuole negarla” o
da chi vuole strumentalizzarla.
Intanto la si accusa di:
1- Essere un Far west selvaggio,
servono norme.
“Non servono leggi speciali, basta applicare quelle che già ci sono”
Palmieri responsabile web FI. “I reati sono gli stessi e le pene quando
applicate sono più severe per il mezzo usato” Micozzi, avvocato esperto del
web. Vedi leghista che incitò alla violenza contro il ministro Kienge.
2- L’anonimato in rete esiste e
favorisce l’incitamento all’odio.
“Essere veramente anonimi in rete richiede un grado di conoscenza
tecnica… che va oltre le capacità media” Ghirardini, esperto di informatica
forense, il problema caso mai è burocratico. “L’anonimato non esiste in rete
“ A. Soro garante della Privacy. Esistono ditte che possono tirar fuori in
poche ore l’autore di una diffamazione. Tanto è vero che Rodotà rivendica da
tempo il diritto all’oblio in rete.
3- Il Cyberbullismo è una emergenza
per i giovani.
Mentre i giovani al 70 % percepiscono come un pericolo il bullismo, la rete
è al quarto posto dopo la scuola, la piazza, i locali secondo loro, come luogo
pericoloso. Gli studi internazionali su 450.000 adolescenti seguiti per 5 anni
confermano che si tratta di un fenomeno minoritario rispetto al bullismo e anche
la scarsa incidenza (in diminuzione) relativa ai suicidi di giovani, aldilà
degli ultimi, gravi anche se isolati, fatti di cronaca. In genere i media
enfatizzano rispetto alla dimensione rilevata dagli studi. Anche perché sono
fenomeni nuovi con cui fare i conti.
4- Facebook e Twitter sono
responsabili dell’odio in rete.
Insultare via SN è più facile? Ma non c’è anonimato che tenga e i
responsabili possono essere perseguiti e i SN devono collaborare contro i reati.
Spesso sono politici e adulti non solo adolescenti i colpevoli. I paesi che
hanno considerato responsabile i SN dei contenuti postati ed hanno attuato una
censura (Corea del Sud) hanno avuto una diminuzione di contenuti ritenuti
violenti pari allo 0,09 %. Ed erano dittature.
5- La rete è un ambiente diverso dal
mondo fisico, intrinsecamente libera e democratica.
Tre bugie in una. Il web è parte della realtà attuale, di quello che
viviamo. “La percezione che….fosse diverso ha influenzato la nostra reazione
ad es. alle molestie – o alla violazione di diritti NdA - come se non
fossero reali, come se fossero meno pericolose” Jurgenson.
Le molestie e violenze o negazione di diritti in rete hanno la stessa radice e
gravità di quelle fuori dalla rete.
La rete non è un mezzo intrinsecamente democratico ed egualitario né libero o
libertario – lo dimostra la crisi delle democrazie e l’illusione che basti
trasferirle in rete. Ingenua o colpevole strumentalizzazione.
Avevamo una berlina e ci hanno dato una Ferrari. Rischiamo di farci più male,
alcuni sono inesperti, altri irresponsabili, altri esagerano sino a fare danni.
Se non passiamo da una “educazione digitale” di massa, non
comprendiamo le dinamiche sociali e quelle politiche che investono il web e
insieme investiranno anche noi.
Occorrono metodi di lavoro, più
formazione, più voglia e capacità di relazione sociale.
Non solo software eterogestiti (che ci inseguono e ci sostituiscono), ma modelli
forti di ricerca, comunicazione, condivisione, personalizzazione. R. Luna
Wired ottobre 2012
”Proviamo a far entrare fin dalla scuola di base la cultura dell’interezza
della vita quando si svolge nello spazio digitale” A. Soro garante Privacy,
perché “i ragazzi non percepiscono un dualismo tra rete e vita di tutti i
giorni”: nella loro vita di tutti i giorni ci sono comunicazioni, relazioni,
informazioni che passano attraverso la rete. Ma anche nella
nostra ormai. Guardate il cartoons!
“Meglio rendere consci i ragazzi di tutti i pro e contro, fargli usare gli
strumenti in modo critico” dicono i docenti. “Il problema è il modello
degli adulti sui ragazzi, vedo docenti che si comportano da cyberbullo…”.
Così i giornalisti e i politici che sarebbero tenuti ad un comportamento
deontologicamente corretto, specie in rete.
Altrimenti continueremo a vedere:
a) TG fatti con spezzoni di SN e rete
b) Politica fatta sui SN (e alla TV) e non nelle sedi istituzionali
c) Discussioni retoriche che non affrontano i due veri problemi:
1- Quello educativo, più cultura, più formazione critica, più uso comune e condiviso a scuola.
2- Quello politico e giuridico: i nostri diritti in rete, le regole e il loro rispetto ovunque, una carta dei diritti e una Costituzione “liquida” e infinita, perché il problema è complesso e fortemente dinamico; che eviti la censura, l’utopia, la strumentalizzazione e la negazione di diritti fondamentali, dentro e fuori la rete.
Di questo parleremo grazie a Rodotà e
attraverso i suoi saggi su chi detiene il potere oggi in rete, quali siano i
diritti da salvaguardare e quali le strade percorribili cfr. Iperdemocrazia,
2013 e Il mondo nella rete, 2014 scaricabili anche in formato e-book.
Intanto chi plaude al ritorno a vecchie tecnologie, perché non sa usarne
altre e critica senza conoscere i dati sta barando.
E’ male lodare, ma ancor peggio censurare, quel che non si capisce L. da Vinci
1. Per approfondimenti e citazioni Wired
3/2014 articoli di M. Russo e F. Chiusi e C. Frediani
2. Per le opere citate di S. Rodotà cfr. Iperdemocrazia, 2013 e Il
mondo nella rete, 2014 scaricabili anche in formato e-book.