Direzione didattica di Pavone Canavese

Multimedialità e dintorni

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Il prof. Roberto Maragliano risponde ai nostri lettori


la domanda (10.11.99)

Ho scritto un messaggio, il 29 ottobre scorso, ad una ventina di scuole
di Novara, tutte collegate ad Internet con tanti bei soldoni,
tutte inserite  in un progetto finanziato dalla provincia.
Risposte ad oggi: una.
Mia opinione, non originale: a scuola i computer non si usano.
Io sono una semplice maestra di paese, so usare, e bene, il computer;

eppure nella mia scuola non c'e un solo programma didattico,
ditelo al genitore  che ci da degli ignoranti e ignorantissimi
(nel campo dei computer soltanto... ) !
Perchè invece di propinarci quel CD sulla sicurezza

che certifica 20 falsissime ore di aggiornamento,
per un impegno di gran lunga inferiore,
nessuno ha pensato a fornire almeno

qualche semplice programma didattico, ben strutturato
e, per esempio, orientato al recupero,
in modo da offrire  uno strumento in piu ai docenti?
Perchè fanno comperare software didattico

per l'insegnamento della lingua nelle scuole dove la lingua curricolare
non si insegna ancora?
Perchè nessuno mi dice:

" Brava maestra, hai speso un sacco di soldi per imparare ad usare
il computer, adesso ti offriamo un corso gratuito per perfezionare
le tue conoscenze ed applicarle alla didattica" ?

la risposta di Roberto Maragliano

Gentile insegnante,
la capisco. Anch'io, a volte, mi sento isolato, e attorniato dagli squali.
E' inevitabile che sia cosi'. La multimedialita'  e la telematica sono  ancora esperienze di avanguardia, nel panorama delle istituzioni educative  nazionali.
Dia un'occhiata ai siti delle universita' italiane e li  confronti con quelli delle universita del resto dell'Europa. Talvolta ho l'impressione che la scuola, in questo settore, se la passi mediamente meglio dell'accademia e financo del mondo della ricerca. Le faccio un solo  esempio:  proprio oggi ho ricevuto un questionario da parte del CNR la cui compilazione da parte mia dovrebbe dare un contributo non marginale alla decisione del varo di un progetto piuttosto costoso, progetto che non mi riguarda ma della cui serieta' dovrei garantire. Bene, il questionario mi e' giunto per via postale, con un indirizzo errato e con un ritardo di 10  giorni rispetto al giorno dell'invio (la sede da cui mi e' stato spedito  dista 200 metri dalla mia sede di lavoro): tutto cio' malgrado in Internet  ci siano abbondanti strumenti e risorse per arrivare nel giro di due minuti due all'indirizzo giusto!
Non basta, di peggio c'e' che il questionario e' cartaceo e puo' essere compilato solo a mano, dato che e' strutturato con  una gabbia per inserire i dati (gabbia che ovviamente e' stata fatta con un computer...). Che dirle ?
Mal comune mezzo gaudio? Un carissimo collega mi ricorda, tutte le volte, che il corrispondente spagnolo di questo nostro stupido detto dice invece che e' da sciocchi gioire del mal comune. Allora, come uscirne? Le dico che strategia cerco di adottare io: quella della pazienza. Mi spiego. Il computer ci ha abituato alla rapidita', mentale, operativa, immaginativa. Ma non possiamo proiettare questa nostra frenesia  a quelli che si stanno avvicinando (e con titubanza) a questo mondo.  Dobbiamo dar loro il tempo di ambientarsi. Sono dell'idea che i primi effetti dell'ingresso di computer in una scuola, se si lavora sodo,  comincino a vedersi solo dopo due anni: c'e' tempo. Riguardo ai suoi giudizi sui prodotti diffusi dall'Amministrazione, sono d'accordo. Sarebbe stato meglio fornire altre cose. Ma la invito a non contare troppo su questo canale. Non perche' da li' non possa venire qualcosa di buono (il  PSTD e la cornice di iniziative ad esso collegate, nel complesso, sono qualcosa di buono), ma perche' sono altri queli che si dovrebbero muovere  adesso, anzi che avrebbero gia' dovuto muoversi. Nella logica  dell'autonomia (come universitario, che la vive da qualche anno, so bene di  che parlo), bisogna darsi da fare per ottenere da quelli che stanno con te in un rapporto orizzontale quel che fino ieri chiedevi a chi stava in un rapporto verticale. Che cosa intendo dire? Che dovremmo imparare a rivolgerci al mondo circostante la scuola piu' che al Provveditore (che fra un po' scompare) o al Ministro (che e' sempre li' a fare giochi di equilibrio politico). Oltre a tutto, se davvero un Ministero le rivolgesse  il discorso che lei suggerisce alla fine del suo messaggio, dovremmo   impensierirci: non spetta all'amministrazione dare i contenuti professionali della docenza! Chiediamo, invece, pretendiamo aiuto da altri.
Per esempio: e' evidente che le cose, nell'ambito della multimedialita',  non migliorano fino a che gli insegnanti non saranno messi nelle condizioni  di diventare utenti privati di computer e della rete, capendo quanto e'  vantaggioso operare per via telematica e digitale (cosa che si capisce solo se su tale operare ciascuno investe i suoi interessi e i suoi piaceri); e' evidente, questo non e' un problema che possa risolvere il ministro della PI, e' - o meglio dovrebbe essere -  il problema di tutti quanti (dal commerciante sotto casa, all'imprenditore di zona, all'ente locale, su su fino ad arrivare al Presidente del Consiglio) hanno o dovrebbero avere interesse a investire sulla piu' grande massa di intellettuali organizzati (gli insegnanti) per far si' che l'ammodernamento tecnologico nazionale (di tutti i cittadini, non solo dei futuri) possa davvero diventare realta'.
Purtroppo, nella fase attuale, invece che trovarsi nuovi alleati, su questo fronte, la scuola si trova a perdere il favore dei vecchi: alludo con questo al disagio dell'editoria scolastica su carta, che teme il computer  come il diavolo e che quindi rischia, come fa chi soffre di vertigini, di trovarsi prima o poi a precipitare nel vuoto. Anche qui, un solo esempio: c'e', tra gli editori, chi si e' lamentato dell'iniziativa ministeriale dei cento progetti di produzione multimediale, dicendo che sottraeva spazi all'editoria, quando invece e' proprio il contrario, i progetti pongono in luce risorse e capacita' di scuole alle quali l'editore interessato a
sviluppare quegli stessi progetti o altri potra' attingere...Ciononostante, mi permetta di dirlo, possiamo (dobbiamo) essere ottimisti. Basta girare un po' per il mondo virtuale per esserlo (o ridiventarlo):  tanti amici, tante idee, tanti spunti, anche tanti materiali attendono, in Internet, che noi vogliamo farli nostri, gratuitamente o quasi. E poi, mi scusi la retorica, ci sono i bambini, garanti del successo e dell'importanza della multimedialita'. Se c'e' chi non capisce tutto questo, attorno e  sopra di noi, pazienza: abbiamo passato stagioni ben peggiori!
Dal suo amico di rete, Roberto Maragliano


la domanda (7.11.99)

Ritiene sia utile operare con gli alunni nei laboratori di informatica
ai soli fini della alfabetizzazione?
Io insegno in una scuola elemenare individuata tra quelle a rischio

e i bambini nostri utenti nella stragrande maggioranza
conoscono l'utilizzo del PC solo in associazione al video gioco,
inoltre provengono da situazioni deprivate sotto ogni punto di vista.
Ho sempre pensato che il primo uso del computer a scuola
(particolarmente nella scuola elementare e materna)
debba essere utile ai fini didattici. Cosa ne pensa ?

la risposta di Roberto Maragliano

Personalmente non ho mai usato il termine "alfabetizzazione", a proposito  delle cose del computer e della rete. Preferisco "familiarizzazione", che  e' cosa diversa. E non le sembri una sottile distinzione terminologica.
C'e' dietro un conflitto fra diverse interpretazioni del mondo (dei media):  da una parte l'idea che l'unico modo per entrare in rapporto con una  "macchina" come il computer sia di imparare le regole formali che la fanno  funzionare (idea che il paradigma dell'alfabetizzazione esprime molto bene); dall'altra una diversa idea, cioe' che il modo migliore di entrare  in rapporto con quella macchina sia di stabilire, appunto, un rapporto con  essa, imparando "in situazione" a far funzionare lo scambio (l'interazione)  fra me utente e lei ambiente macchina (idea che il paradigma della relazione di familiarita', ovvero di confidenza, esprime altrettanto bene).
I bambini in questo ci sono maestri. Proprio perche' attraverso il videogioco entrano in un positivo rapporto di familiarita' con quello  strumento. Si tratta allora, per noi che facciamo educazione, di  valorizzare questo aspetto di confidenza al fine investire su di esso in termini formativi: il videogioco e' in un certo senso l'avanguardia  dell'arte multimediale, dunque la multimedialita' formativa non puo' prescindere, io credo, dai traguardi raggiunti da questo medium, che ha cattiva stampa soprattutto perche' questa stampa la fanno e la governano i non utenti di videogioco (talvolta oserei dire gli invidiosi del videogioco). Sostenere l'importanza di questa attenzione pedagogica, guardi bene, e' diverso dalsostenere che bisogna insegnare attraverso i  videogiochi. Equivale invece a dire che, se si usano i computer multimediali, sara' bene sfruttarli in tutte le loro prestazioni (per la ricezione di tipo reticolare e fluido di conoscenza, per uno stile di produzione sempre componibile e perfettibile, per il fatto di offrire  ambienti di simulazione altrimenti non realizzabili). Esattamente come fanno i videogiochi. Tre consigli, le posso dare, a proposito di questi argomenti. I primi due sono di letture: Francesco Antinucci, "Computer per un  figlio", Laterza, 1999; Ciro Ascione, "Videogames. Elogio del tempo sprecato", Minimum Fax, 1999. L'ultimo e' un gioco per lei, ovviamente se le interessa l'argomento: il cd-rom "Vicino alla musica", di Luciano Berio e Tullio Regge, allegato al numero attualmente in edicola (seconda settimana di novembre 1999) della rivista "Specchio" de "La Stampa". Li' sperimentera', se non altro, una versione intelligente (e ludica e formativa) di ambiente di simulazione.


la domanda (6.11.99)

Nella mia esperienza di utilizzo di mezzi informatici
nell'insegnamento della matematica
(oltre 10 anni in un istituto tecnico industriale)
mi sono reso conto che,

pur essendo molto validi,
dilatano i tempi della didattica.
Come si può rimediare?

la risposta di Roberto Maragliano


Semplice: accettando questa loro caratteristica non gia' come un limite, ma  come una risorsa su cui investire.
Si dilatano i tempi dell'apprendimento,  certo, ma i risultati sono migliori, lo dice anche lei. Che fare, dunque ?  L'ho scritto mille volte e mi scuso se lo ripeto. Accettare la messa in  gioco dei saperi attuata dal dialogo tra i due linguaggi (la forma libro e la forma multimedialita'), e lavorare a definire un nuovo tessuto culturale   all'interno del quale ci siano zone sulle quali ci si sofferma di piu' e   altre che vengono trattate in modo piu' "enciclopedico".
Per un  aggiornamento del mio vagabondaggio teorico sull'insieme di questi temi, la   rimando alla sezione News del mio sito: http://ltaonline.cjb.net


la domanda (6.11.99)

Tempo fa le avevo scritto circa un problema didattico
che mio figlio incontrava a scuola.
Lei mi scrisse parlandomi di un suo figlio, di dieci anni,

il quale, a scuola, non usava il computer,
per il semplice fatto che gli insegnanti glielo facevano usare poco.
Ora tutto ciò mi consta personalmente.
Ritengo che questo sia un male di moltissime scuole,
non tanto per gli insegnanti

(che sono ignoranti di computer ma spesso volenterosi)
ma per dirigenti che sono ignorantissimi.
Lei che può si faccia portavoce di un cambiamento radicale dei dirigenti.


(***) esigenze di spazio ci hanno costretti ad una "sintesi"  della    domanda-intervento del nostro lettore)

la risposta di Roberto Maragliano

Che dirle ? Capisco le ragioni del suo sfogo, e concordo con lei sul fatto  che, talvolta, e' la scuola stessa a porre problemi di apprendimento agli   allievi, non riuscendo ad entrare in dialogo con le loro conoscenze e le  loro competenze (e con i possibili intermediari rappresentati dai nuovi  media).
La colpa e' solo dei dirigenti ?
Troppo facile assumere un capro espiatorio.
Ognuno di noi, io credo, ha la sua parte di responsabilita', e  politica  e culturale. Tutti colpevoli quindi tutti assolti? Non e' questo  il mio pensiero.
Ognuno colpevole per la sua parte, piccola o grande che  sia.
Ognuno, io spero, impegnato a far di tutto per ribaltare la  situazione, dove il tutto puo' essere grande o piccolo.
Mi sembra che lei,  sognando un privato "alternativo" che, almeno nel nostro paese, non saprei proprio dove andare a trovare, tenda a sfuggire a questo tipo di impegno.


la domanda (29.10.99)

E' possibile ipotizzare che gli alunni,
che a scuola non ricevono una prima alfabetizzazione informatica,
possano piu facilmente diventare disadattati
e soprattutto non orientati all'uso delle stesse,
nell'attuale contesto socio-comunicativo in cui sono immersi ?

la risposta di Roberto Maragliano

Mi risulta difficile afferrare il senso della sua domanda.
Per quel che capisco, le propongo di tradurla in questo modo: perche' i pc a scuola,   visto che sono cosi' presenti nel mondo dei nostri ragazzi ?
Se questo e' il  significato dell'interrogativo, la mia risposta e': perche' solo la scuola  puo' proporre un approccio intenzionale, sistematico, consapevole ai codici   e ai paradigmi della conoscenza, codici e paradigmi che trovano un riflesso   diretto nel rapporto individuo/computer/gruppo cosi' come ne trovano un
altro nel rapporto individuo/libro/gruppo.
Se vuole approfondire il  problema, o meglio il mio modo di affrontarlo, la invito a consultare,  nella sezione News del sito del mio Laboratorio (http://ltaonline.cjb.net),  il saggio "Verso una scuola bilingue", in via di pubblicazione (ormai da  otto mesi!) sulla rivista Iter della Treccani.


la domanda (25.10.99)

Cosa ne pensa dell'idea di riciclare vecchi PC
per allestire aule di informatica nelle scuole elementari
o, ancora meglio, per portare i PC in classe ?

la risposta di Roberto Maragliano

L'idea e' interessante e i suoi effetti sono certamente utili.
Ma,  attenzione!, piu' per la scuola secondaria (soprattutto superiore) che per   quella primaria. Perche' ? Perche' i bambini hanno bisogno di una   multimedialita' "spinta", dove la scrittura si integri il piu' possibile   con i codici audiovisivi.
Per questo, piu' che Internet (che offre ancora  una multimedialita' modesta) il loro supporto privilegiato e' il cd-rom.
Diverso e' il caso in cui il compito di esercitazione e di studio e'  prevalentemente o totalmente centrato sulla scrittura, come generalmente  avviene ai livelli piu' avanzati: qui, salvo specifiche eccezioni, puo'  bastare anche un pc modesto, che comunque possa ospitare un word processor  e la connessione ad Internet.
Per dirla con uno slogan: piccoli pc per utenti grandi, grandi pc per utenti piccoli.


la domanda (19.10.99)

Le sarei molto grata se mi parlasse della connessione
apprendimento-multimedialità.
Il mio interesse è dovuto alla mia condizione disperata

di tesista prossima alla laurea,
ma con un urgente bisogno di altro materiale.

la risposta di Roberto Maragliano

Nel sito del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive, del quale sono  responsabile (http://ltaonline.cjb.net), alla sezione "News", trovera' una  serie di recenti interventi sui temi che la interessano. Per un  inquadramento generale del problema, oltre al mio "Nuovo manuale di  didattica multimediale. Con cd-rom", pubblicato da Laterza, la rinvio al  recente "Computer per un figlio", di Francesco Antinucci, sempre   dell'editore Laterza, al primo capitolo del volume di Roger Chartier,   "Cultura scritta e societa'", Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano, 199   (che  affronta il problema storico e attuale delle "rappresentazioni dello  scritto") nonche' all' Introduzione e alla Postfazione al volume a cura di  Alberto Abruzzese e Alessandro Dal Lago, "Dall'argilla alle reti.   Introduzione alle scienze della comunicazione", Costa & Nolan, Genova,   1999.


la domanda (19.10.99)

Che tipo di competenza/e sviluppano
le attività multimediali nella scuola elementare ?

la risposta di Roberto Maragliano

Dipende dal contesto e dal modo di utilizzazione della multimedialita'.
Comunque alcune considerazioni generali possono essere fatte.
In primo luogo, per quanto riguarda le attivita' di lettura e scrittura, il  ricorso al computer sollecita lo sviluppo dell'insieme delle competenze legate ai processi di significazione, consentendo di inquadrarli dentro una  logica "situazionale".
In altri termini, sia in sede di ricezione sia in  sede di costruzione, attribuire dei significati ad un testo equivale,  dentro gli spazi della multimedialita', ad integrarlo, legarlo (da cui  "lettura") in un tessuto testuale, ponendolo in un rapporto di dialogo con  altri testi, simili o dissimili che siano.
Sul piano piu' specifico dell'allestimento di un singolo testo, usare il  computer consente al piccolo utente di controllare una serie di elementi cruciali per la "resa pubblica" del testo stesso, elementi che hanno a che fare con le operazioni di editing (impaginazione, scelta dei caratteri, uso dei colori, eventuali integrazioni con elementi iconici e sonori, etc.).
Su un altro versante, personalmente ho piu' volte insistito (anche dedicandogli un capitolo del "Nuovo manuale di didattica multimediale. Con cd-rom") sul fatto che la multimedialita' offre risorse di enorme  importanza per sensibilizzare gli allievi alle pratiche dei linguaggi sonori, garantendo una spazio di "metacognizione" che non trova equivalenti in altri contesti (infatti non ci si limita qui ad "ascoltare" ma si puo' anche intervenire sui suoni, modificandoli, manipolandoli, riorganizzandoli). Analogo discorso puo' esser fatto per le immagini,   soprattutto per quelle in movimento. Con quali altri strumenti puo' esser   data la possibilita' di realizzare un'animazione, studiando i modi della sua costruzione?
Ad un livello piu' generale credo di poter dire che la differenza maggiore che passa fra un sapere costruito in ambito multimediale e uno costruito con un riferimento privilegiato all'ambito libresco sta nel fatto che con il primo la conoscenza viene "abitata", cioe' fatta propria e quindi  personalizzata ("vissuta") dall'utente, mentre con il secondo la conoscenza e' acquisita come qualcosa di "esterno" al soggetto.
Per non dire poi di come il navigare dentro la multimedialita' dia alimento ad un sapere   reticolare, basato sulle logiche dell'associazione e della connessione.
Tutto questo porta a considerare il computer come "dispositivo filosofico", cornice concettuale entro la quale dar conto della molteplicita' delle forme del conoscere (ne ho parlato in questi termini  in "Tre ipertesti su multimedialita' e formazione", Laterza).
Sul tema complessivo delle competenze e dell'autonomia, segnalo il dossier
contenuto nel n. 1/2- 1999 di "Annali della Pubblica Istruzione", rivista
disgraziatamente (incomprensibilmente!) non disponibile in rete.

n.d.r. è tuttavia disponibile in rete l'intervento di Roberto Maragliano "Consapevolezza dei saperi e filosofia della reticolarità"

Gli interventi precedenti (1998-99)