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Direzione didattica di
Pavone Canavese |
(30.09.04)
Perché parlare/non
parlare di portfolio
Parlare di portfolio per parlare di valutazione
di Rodolfo Marchisio
Riprendiamo dopo la pausa estiva, il filo delle nostre riflessioni
su Valutazione, competenze, portfolio e TIC. Gli scopi sono: a) di verificare se
sia possibile/utile costruire un portfolio formativo, anche in contesto TIC e online, b)
soprattutto riflettere sulla valutazione.
Perché parlare/non parlare di portfolio
Ci sono alcuni motivi per diffidare della /rifiutare la discussione
sul portfolio e la certificazione delle competenze, ma anche alcuni buoni motivi per
cercare di non sottrarsi alle riflessioni che, sfruttando londa di queste tematiche,
si possono fare sulla valutazione quale viene oggi praticata nelle nostre scuole.
Premettendo che il dibattito sulle competenze, la loro
certificazione (interna ed esterna), lutilità e gli scopi del portfolio si stanno
ampliando in generale, ma riguardano poco le nostre scuole e che in Europa ci sono
esperienze interessanti che si cominciano a studiare, anche se, in genere, il Portfolio
più conosciuto e sperimentato resta quello Linguistico Europeo.
Perché SI
Non ci interessa discutere qui del portfolio come proposto dalla
riforma, né come tema di moda, però:
- Una discussione sul p. (sulla sua funzione, sui suoi limiti) può
essere una occasione per riflettere criticamente sui temi nodali della valutazione e
soprattutto su come le modalità di valutazione, nella pratica degli ultimi anni:
a) da un lato si rifanno a principi fondamentali (che non
dobbiamo abbandonare, ma ripensare): dal legame valutazione-programmazione, alla
collegialità.
b) spesso non mettono più in pratica questi principi che
sopravvivono in modo inconsapevole.
In quanti Consigli esiste ancora vera collegialità o si realizza in
qualche modo il processo circolare programmazione valutazione-verifica?
c) mentre nuovi problemi (per es quelli della verificabilità,
confrontabilità, omogeneità e comunicabilità delle valutazioni) vengono alla
ribalta più fortemente che in passato.
Anche se proposti in contesto sbagliato e con finalità non
condivisibili dalla Riforma.
- Un lavoro importante che dovremmo fare (col p. o senza) è quello di
"documentare e raccontare la valutazione", di "rendere
visibile lapprendimento" stimolando la motivazione e il
coinvolgimento dellallievo. Non solo/tanto attraverso presunte prove oggettive,
ma anche/soprattutto attraverso osservazioni più sistematiche, riflessioni condivise,
autovalutazione reale, confronto con gli altri (ragazzi e genitori oltre che colleghi).
Anche attraverso la raccolta critica e motivata di oggetti cognitivi significativi.
- Tralasciando il problema della certificazione esterna (fra scuole o
sul mercato del lavoro), un problema che si pone in modo pesante è quello della confrontabilità
della valutazione e della sua trasparenza e comunicabilità che:
- se non si realizza con le prove "oggettive" INVALSI, anche
metodologicamente discutibili
- Se non si risolve con la scappatoia di presunte prove "oggettive
e scientifiche"
- E un problema che come docenti e genitori dovremmo affrontare,
perché viviamo/vediamo i danni educativi della discrezionalità e della soggettività
"incontrollata" di molti docenti e della mancanza di continuità fra le
modalità di valutazione dei diversi contesti (corsi, scuole, livelli scolastici).
- Magari attraverso un equilibrio fra prove "più
oggettive", valutazioni inevitabilmente anche soggettive, ma più direttamente
formative, raccolta critica e motivata di oggetti cognitivi significativi, momenti
di autovalutazione formativa e di confronto. Metodi e strumenti diversi, ognuno con la
sua utilità e i suoi limiti, da usare, per questo, in modo consapevole
Su questo il vecchio CEDE era stato piuttosto chiaro e corretto elencando vantaggi e limiti
delle prove oggettive.
Un portfolio formativo, costruito dai vari collegi in base ai
loro contesti ed alle loro programmazioni, può essere pensato come un punto di equilibrio
consapevole fra modalità di valutazione necessariamente diverse e parziali, con utilità
e limiti da conoscere e usare consapevolmente, in "dosaggi" e contesti diversi?
Perché NO
Alcune critiche pedagogiche (che condivido) al portfolio:
- La valutazione ed il portfolio devono essere formativi o non
essere
- Quindi la v. (attraverso i suoi strumenti e metodi) deve essere dinamica
e contestualizzata, rendere conto dei processi e dei contesti di lavoro, perché
inevitabilmente prende in considerazione una competenza in una determinata situazione.
- Le tassonomie
per osservare e valutare competenze,
conoscenze
sono in genere, come pensate in passato, rigide e lineari: nella
migliore delle ipotesi una serie di foto (oggi abbiamo le macchine digitali per questo) e
non un film che "rende" il processo e (se il regista è bravo) spesso
anche il contesto
- Con una metafora archeologica: non possono alcuni oggetti
(cognitivi) rendere conto da soli del processo di apprendimento e della situazione.
Daltra parte nemmeno alcune "foto" o "oggetti" attuali (compiti,
temi, elaborati) su cui basiamo buona parte della valutazione (voti e analisi) sono
sufficienti. Teoricamente sarebbero integrati da osservazioni (giudizi globali,
giudizio analitico
). Il giudizio analitico, come feedback articolato e
messaggio comprensibile allallievo sarebbe la parte più formativa della
valutazione: quanti ancora lo scrivono accanto al sintetico o al voto? Secondo quali
parametri pubblici e condivisi?
- Indubbiamente il tutor con il suo p. non devono sostituire la
collegialità della valutazione, del rapporto educativo con ragazzi e genitori.
Alcune motivazioni meno pedagogiche hanno a che fare con il troppo
lavoro che richiede il p. con la sua scarsa remunerazione. Su questo procede a
singhiozzo la trattativa con le OOSS.
In modo significativo sui soldi il Ministro è molto più disponile
a trattare
Altre obiezioni dipendono anche da una certa inerzia della nostra
scuola che, come osserva Maragliano (nel suo volume La scuola dei 3 NO),
ha già bocciato 3 Riforme (e mandato a casa 2 Ministri; questa non ci pensa neppure);
però non si riesce a capire quale scuola (parliamo del corpo docenti) voglia
oggi.
Se tutti quelli che protestano contro la (pessima) Riforma Moratti
avessero fatto gli scioperi motivati o aderito alle manifestazioni che sono stati indetti
contro la stessa saremmo la categoria più consapevole e sindacalizzata dEuropa.
Se buona parte delle energie profuse nella sacrosanta protesta
fossero state accompagnate da conoscenza del problema, riflessione e proposta saremmo un
popolo di innovatori.
Per fortuna si moltiplicano le iniziative contro la Riforma
Moratti e contestualmente per "unaltra scuola possibile".
Quella che vogliamo.
Le prime conclusioni nella prossima scheda.
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