22.01.2014
Sul
reclutamento (e sulla formazione iniziale) degli insegnanti
di Paolo Fasce
La
“modesta proposta” di Gianni Trezzi in tema di istruzione pubblica
merita una risposta nella quale cercherò di sistematizzare le mie idee a
proposito della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti.
Distinguerei due questioni fondamentali. Quella del reclutamento a tempo
indeterminato e quella degli incarichi a tempo determinato, a
loro volta suddivisi in incarichi “annuali” (sia quelli, rari, al 31/8 che
quelli fino al termine delle attività didattiche del 30/6) e supplenze
brevi. Per gli incarichi al 30/6 e al 31/8, fortunatamente la matematica
fornisce modelli bi-tutelanti, purtroppo non molto conosciuti alle alte
sfere ministeriali e politiche (ma dell'alfabetizzazione matematica
dell'italiano medio ne parlerò in altra occasione). Occorre infatti
garantire la tutela dell'utenza che ha diritto alla continuità didattica
(penso in particolare ai casi delicati, tra questi il mondo del sostegno) e
il diritto al lavoro, secondo il merito che emerge dalla graduatoria,
dell'insegnante. Tutto questo si può fare con modelli che emergono dalla
teoria matematica dei giochi e con una legislazione che li accolga. Sarà
necessaria la costruzione di software che gestisca la questione. Non si
potrà fare carta e matita, ma siamo nel XXI secolo, bellezza!
Innanzi tutto occorre una misura straordinaria che è legata all'assunzione
a tempo indeterminato di chiunque abbia maturato tre anni di lavoro con
abilitazione, in ossequio alla legge europea. Parimenti, penso sia
necessario, in via ordinaria, assicurare un percorso abilitante per
chi maturi tre anni di insegnamento nell'arco temporale di cinque/sette anni
(banalmente in soprannumero ai TFA). Considerando una finestra temporale
limitata, si instaurerebbe un meccanismo di equilibrio generazionale.
Al netto del transitorio burrascoso che emergerebbe dall'accoglimento
dell'ovvia proposta qui sopra esposta (siamo in uno stato di diritto!),
la sfida dello Stato diventerà quella di organizzare le cose a regime in
modo e maniera tale da ridurre al minimo le assunzioni e le abilitazioni ope
legis di cui sopra.
Per quel che riguarda la formazione iniziale, ritengo che il modello del
3+2+1 sia assai sensato (ma va completato con l'aggiornamento
obbligatorio). Penso che occorra predisporre un filtro in ingresso al
segmento 2+1, col numero chiuso, che abbia come sbocco di uscita quello
concorsuale che andrà bandito con la regolarità di un orologio
svizzero (per gli ovvi motivi di equità intergenerazionale).
I concorsi dovrebbero alimentare una Graduatoria di Merito Regionale e una
Graduatoria di Merito Nazionale (mera ricopiatura di tutte le graduatorie
regionali) che consentano una perenne alimentazione di un percorso
professionalizzante meritocratico (capita infatti che vengano banditi “a
macchia di leopardo” sul fronte delle abilitazioni bandite in ciascuna
regione). Beninteso occorrerà mettere mano alle modalità di selezione che
non potranno svilupparsi solo secondo prove scritte e orali e sulla
computazione dei titoli, ma anche sull'analisi del curriculum e di una
verifica di tipo psicoattitudinale (che secondo me dovrebbe essere una
costante di ogni passaggio formale, ad esempio, anche in ingresso al 2+1).
Parallelamente occorre sanare la questione degli abilitati delle Graduatorie
ad Esaurimento che, secondo me, dovrebbero tornare ad essere “Permanenti”
per accogliere tutti gli insegnanti abilitati che risultano a valle di un
processo non sempre razionale di formazione iniziale. In soldoni, ancora
oggi ereditiamo i numeri allegri di abilitati tramite concorso (idonei, ma
non vincitori di concorso), ma anche nove anni di cicli SSIS e uno di TFA
dove si sono spesso accolte le disponibilità a bandire questa o quella
classe di concorso in questa o quella università, senza alcuna regia
“matematica”, come qui sotto illustro. Incidono, sulla situazione attuale,
anche i ciclici concorsi/percorsi “riservati” e restano sempre
possibili errori nel percorso futuro, anche non voluti.
L'allocazione delle abilitazioni sulle università italiane (nel percorso
2+1) non deve essere lasciato alla contrattazione politico/sindacale che
inevitabilmente favorisce il peso di questa o quella regione secondo logiche
di potere che nulla hanno a che fare con i principi di equità (e dell' “accà
nisciuno è fesso”), ma alla definizione tecnica fondata sulla teoria
matematica dei giochi. Si tratta di distribuire le abilitazioni in
funzione delle esigenze (popolazione scolastica) e delle
disponibilità dei territori (le università e le loro capacità di erogare
questa o quell'abilitazione), non di generare opportunità occupazionali di
qualcuno, a danno di altri.
L'attivazione dei recenti Percorsi Abilitanti Speciali mostra come lo
Stato sia stato assai carente sul fronte della programmazione delle
abilitazioni erogate dalle università sul territorio nazionale giacché
molti iscritti in questo circuito afferiscono a classi di concorso ignorate
dalle università locali. La Graduatoria di Merito nazionale dovrebbe
contribuire ad affrontare il tema, a regime, evitando l'insorgere di nicchie
coperte da percorsi opportunistici o del caso.
Il processo di “automatizzazione industriale” che propongo vede, quindi,
l'accettazione e la razionalizzazione del doppio canale che, a regime, vedrà
persone assunte rapidamente tramite concorso e persone che si mettono in
coda non già o non sempre perché non sono riuscite a vincere un concorso, ma
perché i numeri banditi, il rumore statistico di fondo e ogni altro fattore
umanamente non prevedibile, hanno generato numeri inappropriati in questa o
quella materia.
Sul tema delle assunzioni a tempo determinato, il modello ispirato alla
teoria dei giochi è quello che emerge dall'esempio semplificato seguente.
Immaginiamo di avere 100 posti e 200 aspiranti. I primi 100 aspiranti
verificano se c'è lo stesso posto dell'anno precedente, e se ne
ri-appropriano. Supponiamo che 20 aspiranti non trovino il posto dell'anno
scorso. In base alla graduatoria si allocheranno in un nuovo posto, tra
quelli rimasti. Questa modalità evita l'effetto domino. Attualmente, una
persona che abbandoni un posto e ne scelga un altro, toglierà quel posto (e
la continuità) a qualcuno il quale, a sua volta, sceglierà altrove togliendo
la continuità ad un altro e così via. Sarà necessario un software per
gestire la complicazione delle abilitazioni multiple e delle preferenze
materia/sostegno.
Resta sul tavolo la questione dei supplenti brevi. Per questo occorre
uno strumento informatico di supporto e una soglia invalicabile posta a
tutela dell'utenza. Si imponga ai supplenti la registrazione in un sistema
informatico nella quale sia indispensabile la comunicazione di un indirizzo
PEC. La segreteria invia, tramite il sistema informatico, una PEC agli
aspiranti, indicando data di scadenza. Parallelamente un altro software
genererà un orario nel quale la supplenza sia immediatamente coperta con
ore aggiuntive da risorse interne all'istituto che si siano dichiarate
disponibili all'inizio dell'anno. Se, alla data di scadenza fissata,
arriva il supplente, questo prende servizio regolarmente e si torna
all'orario precedente, altrimenti le ore restano agli insegnanti interni
fino al termine della supplenza, assicurando un raccordo col supplito reso
materialmente possibile da quello che potremmo chiamare “organico funzionale
implicito”.
Con tutto ciò, beninteso, viene evitata ogni possibilità di “assunzione
diretta” che, tutto sommato, semplicemente ritengo pericolosa.