Direzione didattica di Pavone Canavese

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02.08.2003

Persona o individuo ?
di Girio Marabini

Aluisi Tosolini nel suo intervento "Al centro la persona o l'individuo ?"   discute la mia affermazione
"Personalmente, pur con qualche riserva, ritengo, comunque, questa della Moratti una buona riforma per alcuni motivi semplici ma nel contempo fondamentali: l'aver salvato la specificità della scuola elementare e la secondarietà della scuola media; ma soprattutto l'aver posto al centro dell'azione educativa la persona , utilizzando il sapere ed il saper fare come strumenti per il saper essere che diventa l'obiettivo fondamentale. I piani di studio personalizzati ne saranno la logica attuazione."

Lo fa adducendo due motivi: l’uno storico e l’altro ermeneutico. E' chiaro che da quella semplice affermazione, a cui non è seguito alcun ragionamento, è possibile trarre le considerazioni svolte da Aluisi Tosolini . Se le cose fossero, così come appaiono, debbo dire, onestamente, che sono d’accordo con lui e che io stesso mi meraviglierei di quanto ho affermato perché sarei sicuramente in contraddizione con le mie idee, espresse in tanti miei scritti, apparsi su pavonerisorse ed in particolare sulla rubrica da me curata "Scuola Maestra di vita"

Se si leggono (non chiedo tanto!) i miei articoli, tuttavia, si può facilmente intuire, che la mia idea di persona non coincide sicuramente con l’idea di individuo "inteso secondo la logica che sottende alla teoria del libero mercato di matrice neoliberista".

I miei pochi lettori troveranno di seguito, dunque, considerazioni già svolte.

Che cosa voglio dire quando parlo di persona ? Persona è l’essere con i suoi limiti e le sue potenzialità , l’essere che pensa , che prova emozioni , che ama ma anche che odia, che sa porsi in relazione con gli altri, capace anche di gratuità o che si isola; autore del bene e del male. Intesa in questo modo la persona non è un punto di arrivo , ma diviene punto di partenza di ogni azione educativa e in quanto tale diviene essa stessa "possibilità" , ossia potenzialità in divenire.
Un punto di partenza che non può essere limitato all’apprendimento secondo schemi meccancamente addestrativi o puramente attivistici , tesi alla formazione dell’individuo quale atomo di una organizzazione, che ha dignità solo perché "capace" di una prestazione.

Dal punto di vista storico  la riflessione pedagogica , soprattutto quella d’ispirazione cristiana post - conciliare, ha insistito proprio sulla necessità di porre la persona come centro e soggetto dell’educazione. L’uomo non è frutto dell’ambiente, o semplicemente, delle logiche di insegnamento - apprendimento curriculare, ma è un essere libero, capace di volontà. L’uomo è un valore in sé stesso e sicuramente non in funzione della sua appartenenza ad una organizzazione, nell’ambito della quale trova la propria dignità solo se capace di produrre e di consumare. 

Eppure tale modo di intendere la persona ha faticato ad affermarsi.

G.Chiosso (Novecento Novecenti, Editrice La Scuola, Brescia,1999, pagg.135,136) ha evidenziato come, nonostante vi sia stato un forte richiamo al personalismo, "dagli anni ottanta in poi è emersa in modo sempre più evidente la difficoltà del personalismo di sostenere la sfida del nichilismo e dei vari funzionalismi contemporanei e, nel medesimo conto, di contrastare la pretesa del primato delle prassi educative mutuate dalla razionalità operativa. La cultura pedagogica che si era nutrita di Maritain, Mounier, Stefanini, è sembrata improvvisamente datata (…). Allora il problema dell’affermazione della persona si era posto in contrasto con ideologie impersonali e spersonalizzanti come il marxismo, il comunismo, il capitalismo." 

Oggi si pone, dunque, la necessità di fondare un nuovo personalismo perché diversi sono i problemi che si pongono alla riflessione pedagogica.

Ci troviamo a vivere e a lavorare in una società diversa in cui prevalgono l’incertezza e la provvisorietà. La società attuale definita dalle scienze sociologiche , società - acentrica, è caratterizzata, infatti, dalla scomparsa del centro dei valori degli ideali, frammentata e dalla scomparsa della persona quale soggetto attivo del proprio divenire. (a tale proposito vedi N.Filograsso, Dilemmi dell’educazione nella Società acentrica, Edizione Quattroventi)

La società pre-moderna viveva di una profonda stratificazione ed aveva come punti di riferimento i valori, codificati anche nelle carte fondamentali degli stati. Gli ideali della libertà, della giustizia sociale, della pace, del superamento degli squilibri economici e sociali richiedevano un forte impegno politico e sociale ed un profondo rinnovamento intellettuale e morale. Mai come nel secondo dopoguerra è stata diffusa, specialmente nei giovani, la volontà di contribuire, anche attraverso lo studio e la conoscenza, al raggiungimento degli obiettivi corrispondenti ai solidi ideali che ispirava la struttura sociale.

Oggi i grandi ideali hanno lasciato il posto ad obiettivi settoriali e la persona sembra aver perso la sua identità.

La paradossia crescente è uno degli aspetti di questa società che più preoccupa. Evidenti sono i paradossi: sembriamo avviati alla mondializzazione della cultura, al villaggio globale, tuttavia i beni e le ricchezze sono risorse di una parte del mondo, mentre il resto vive ancora condizioni di miseria e in almeno 24 paesi del mondo bambini sono addestrati per la guerra.

Lo sviluppo tecnologico avanzato sembrerebbe poter liberare l’uomo e soddisfare così la sua tensione al benessere ed invece esso corrisponde alla perdita di posti di lavoro e a forme di alienazione sempre più evidenti.

Oggi si evidenzia una ulteriore minaccia per la liberazione delle energie creative dei giovani, quella rappresentata da questa società a vocazione mercantilistica: la visione del futuro proposta ai giovani è quella di entrare nel sistema produttivo estremamente competitivo, come parte non "partecipante", come un ingranaggio facilmente sostituibile.

In questo contesto si avverte, quindi, l’esigenza di recuperare un idea pedagogica che sappia tornare all’uomo, sappia gestire la complessità, e sappia liberare energie creative ed emancipative.

C’è bisogno di un nuovo "personalismo", di una nuova pedagogia.

Certamente abbiamo bisogno di una pedagogia che don Lorenzo Milani, definirebbe "popolare", una pedagogia che ponga al centro dell’educazione la persona, (Maritain), ma anche di una pedagogia che richiede di perseguire il principio della "qualità".

E’ vero che questa società enfatizza, invece, il concetto di quantità. Assistiamo oggi al consumo delle immagini, dei modelli, delle informazioni invece che al loro uso critico; la quantità degli oggetti piuttosto che la loro qualità; l’apparire piuttosto che l’essere.

E se pensiamo alle nostre scuole, non vediamo che spesso cadiamo negli stessi errori?

E’ allora necessario compiere uno sforzo continuo per recuperare il valore della qualità , interpretandone il senso e il significato in rapporto alla realtà, intesa come processo dinamico tra la cultura di appartenenza, la famiglia, la società, il sistema economico, la scuola stessa… (a questo proposito vedi il Saggio di L.S.Beccegato, La qualità in Pedagogia, Annali della pubblica istruzione, anno XLI n.4, Le Monnier, Roma, 1995)

Dare senso alla realtà per cercare di semplificarne la complessità, per poter trovare quel salto logico necessario per superare il momento di crisi e costruire il nuovo. Per questo è preferibile parlare di innovazione, piuttosto che di cambiamento e di rivoluzione della Scuola. Non a caso ponevo tra i motivi dell’apprezzamento della riforma Moratti l’aver salvato la scuola elementare e la secondarietà della Scuola Media.

Non è questione di poco conto.

Cambiare ha il significato di modificare radicalmente l’esistente.

Innovare (ed è il termine che preferisco) vuol dire invece porre elementi di novità, innestare il nuovo sulla solida pianta del nostro passato, dei valori della nostra cultura, una cultura umanistica senza reticenze e senza false ipocrisie, una cultura fondata sull’uomo e sulle qualità dell’uomo.

Viene sottolineato così il ruolo attivo della persona che la pedagogia e l’educazione devono sostenere.
Una nuova pedagogia personalistica, fa propria l’idea della scuola per tutti, popolare, superandola nella ricerca di "una scuola più forte per gli alunni più deboli" , che impegna gli insegnanti ad essere presenze significative e recupera il ruolo altamente formativo della famiglia.
La dimensione qualitativa di una tale pedagogia sta proprio in questo.
Essa riconosce in particolare che l’apprendimento è una qualità della persona, una sua potenzialità naturale e non , semplicemente uno scopo.
E’ una pedagogia intenzionale in quanto persegue il fine di formare l’uomo riconoscendo il suo diritto di apprendere in libertà.
Non si limita, quindi, all’istruzione, ponendo come fine la quantità dei contenuti ma usa i contenuti come saperi utili allo sviluppo integrale della persona.
E’ dunque una pedagogia attenta all’uomo, alle sue attese, ai suoi bisogni ed è sicuramente feconda perché promuove il pensiero produttivo e conta nella creatività dei giovani.

Educare spiriti liberi , capaci di pensiero produttivo, che sappiano non solo esprimere idee ma anche ragionare, è la finalità di una tela pedagogia.
E’ comunque una pedagogia esigente perché pretende risposte dalla persona: fonda infatti le sue radici sulla volontà.
Il coinvolgimento della persona è appunto fondamentale e la volontà rappresenta quella facoltà umana che consente di "farsi prendere" dalla vita, di dare un senso al proprio essere, attraverso comportamenti intenzionali e quindi liberi.

Ecco. Vi sarebbero altre cose da dire, ma mi fermo a questo punto.

Valgono comunque nel porre al centro della scuola e dell’educazione la persona, le raccomandazioni del prof. L.Corradini "Usciamo da un equivoco. La scuola educativa non è una scuola dei sentimenti, delle prediche e delle chiacchiere, ma della persona, del cittadino e del lavoratore, come vuole la Costituzione, che all’art.3 finalizza l’ordinamento al pieno sviluppo della persona umana, alla libertà e all’uguaglianza dei cittadini e alla partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Certo che sono necessarie le discipline, i concetti, le competenze. Ma tutto questo deve avvenire in un orizzonte di senso ed in un clima che favorisca la comunicazione e motivi allo studio, alla ricerca, alla crescita personale, civica e professionale. La persona non vive nell’astrattezza metafisica ma nella storia, in un tempo determinato, con certe persone, che non sono fatte di sola intelligenza". (L.Corradini, intervista rilasciata al quotidiano "Il Tempo" del 30/04/2002)

Se si pensa che la scuola quella reale, quella di ogni giorno, ma anche le pedagogie, in questi anni hanno sempre tenuto conto della persona e l’hanno ritenuta un punto di partenza rispettandone le possibilità, i limiti e i tempi, il mio discorso sicuramente risulterà banale, ovvio, scontato.
Ma…siamo proprio convinti di questo?
Infine, la legge di riforma può rappresentare una risposta o anche solo una speranza. Tutto dipenderà dal saper trarre le logiche conseguenze giuridiche, amministrative e professionali. E molto dipenderà dall'atteggiamento della scuola militante.

P.S.
Per quanto riguarda i rischi della polarizzazione politica all’interno della scuola e più in generale sul rapporto politica e cultura, mi sia concesso citare due miei interventi :

"Ateo (né di destra né di sinistra) per amore della scuola"
"Gli intellettuali scendono in piazza: ma in questi anni, dove erano?"

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