Direzione didattica di Pavone Canavese

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LAVAGNA SULLO SCHERMO
a cura di Paola Tarino

Terza serie: sguardi infantili dal film di Samira Makhmalbaf

Le due bambine dodicenni del film La mela

Passando in rassegna gli innumerevoli frammenti che vanno ad incastonare i fotogrammi congelati in queste lavagne, mi sono più volte soffermata a contemplare gli sguardi dei bambini che numerosi popolano i film. Certi occhi tornavano con insistenza: quelli dei bambini iraniani. Capaci di bucare lo schermo, esplorati ed indagati, i loro visi s'imponevano al punto da sbigottire il mio sguardo impreparato a restituir loro la - per innocenza - più adeguata attenzione (persino un maestro come Akira Kurosawa ammise di esserne contagiato), quasi da farmi avanzare l'ipotesi di una particolare propensione da parte di registi come Kiarostami, Naderi, Makhmalbaf (padre e figlia) e Panahi a riprendere i bambini in modo così realistico e al contempo poetico.
Occhi bambini che scrutano paesaggi recanti segni di distruzione, colgono la bellezza di una natura che sembra sfuggire ai ritagli delle inquadrature e interrogano il mondo degli adulti con domande insistenti alla ricerca di tutte le possibili risposte agli eventi incrociati nel loro girovagare: i soli che si lasciano fotografare, mentre quelli dei grandi, la cui presenza è spesso rivelata da voci sempre più fuori campo, sono destinati a finire sempre più fuori scena.
Si direbbe che questo sguardo infantile diventi il mezzo per guardare il mondo, soprattutto il mondo dominato dalla mentalità degli adulti: il grado zero (per usare un'espressione cara a Roland Barthes) di questa visione continua nella terza puntata dedicata alla filmografia iraniana, che stavolta prende in considerazione il film di
SAMIRA MAKHMALBAF.

 

CREDITS
Regia: Samira Makhmalbaf, figlia di Mohsen Makmmalbaf (assieme a Kiarostami il più importante regista iraniano)
Sceneggiatura: Mohsen e Samira Makhmalbaf
Fotografia: Ebrahim Ghafori, Mohamad Ahmadi
Montaggio: Mohsen Makhmalbaf
Suono: Behroz Shamat
Musica: Tradizionale iraniana
Interpreti: Massoumeh Naderi, Zahra Naderi, Gh
orbanali Naderi, Azizeh Mohamadi, Zahra Saghrisaz
Produzione: Makhmalbaf Productions, 1 avenue 45 Shahrak Dolotabad, Teh
eran, Iran, tel. 98-21-3745773 
Distribuzione: Lucky Red  Formato: 35 mm. e noleggio Home Video
Provenienza: Iran-Francia Durata: 85'  Anno: 1998

Samira, la regista ventenne

LA MELA, Iran, 1998

"Un padre, con la moglie cieca, tiene segregate in casa le due figlie dodicenni per paura che il mondo le contamini. I vicini chiamano l'assistente sociale, ma sarà un bambino con un filo e una mela a sbloccare la situazione".

Il film di Samira, giovane e bellissima figlia d'arte di un maestro del cinema iraniano quale Mohsen Makhmalbaf, si può riassumere in queste poche righe, che mi è capitato di leggere sul mensile di cinema Duel (Editoriale Modo, n° 70), che ne annunciava la distribuzione a noleggio nel circuito home video.
Altri occhi infantili, stavolta femminili, bucano lo schermo: increduli di fronte alla macchina da presa, di certo più curiosi di esplorare il mondo che sta al di là della finestra, sbarrata, come la porta di casa, fin dalla nascita. Non si tratta di bambine partorite in carcere, bensì di creature da sempre rinchiuse entro le mura domestiche dai genitori stessi, che hanno agito così per eccesso d'affetto con la convinzione di proteggerle dal mondo circostante.
Il film di Samira è un istant movie ispirato ad un evento realmente accaduto in un quartiere a sud di Teheran (la regista l'ha definito un'opera di "ricerca sociologica").
Lo script è stato preparato nei tre giorni successivi alla diffusione della notizia (pubblicata sui giornali e comparsa in televisione) della denuncia fatta dai vicini di una famiglia, le cui figlie, recluse per tutti i loro dodici anni, sono state costrette all'analfabetismo, alla denutrizione, all'isolamento. Le riprese, durate solo due settimane, mescolano sequenze girate in video in maniera amatoriale (quelle iniziali riferite al fatto di cronaca, quando le sorelle gemelle, dopo essere state affidate ad un centro di assistenza, vengono restituite a genitori a patto che accettino di lasciarle uscire, di mandarle a scuola e di ricevere le visite di controllo dell'assistente sociale) con la prosecuzione del racconto "artistico" su pellicola, a cavallo tra fiction e metalinguaggio.
L'evento sviscerato in ogni suo aspetto, con lo scopo di far emergere la coralità del quartiere in contrapposizione con il cortile-gabbia della casa, viene fatto rivivere dai protagonisti autentici della vicenda, che si trovano così a distanza di poco tempo a reinterpretare un vissuto: posticipato, un poco innaturale in quanto ricreato sul set, magari persino terapeutico. Il film lascia comunque aperto il dubbio di sapere se sia stato davvero catartico, o invece traumatico, per le bambine rivivere l'esperienza di reclusione appena lasciata alle spalle, mentre appare maggiormente attento nell'indagare l'atteggiamento del padre, che, pur restando della propria idea, rivede le sue posizioni attraverso la "falsa" ripetizione, che consente almeno all'assistente sociale di scoprire le vere ragioni, pur sempre condannate, di quel comportamento familiare.
Alla sua opera prima,  Samira (agevolata indubbiamente dalla presenza del padre coautore del montaggio) dimostra talento visivo ed una sensibilità particolare anche nel risvegliare echi della filmografia iraniana: il vaso irrorato dall'acqua con il bicchiere piccolo (metafora della condizione di aridità in cui vivono le due ragazze?) è cifra dell'universo di riferimento dell'immaginario mediorientale; lo specchio è una delle metafore abusate dal più illustre padre ("È difficile ricomporre i pezzi di uno specchio"); il deambulare (preferibilmente su rotaie come in
Il Corridore di Naderi) dei ragazzini è un tropo della consapevole formazione dei bambini iraniani, che in questo modo pare rilevino le regole elementari della società civile: la perdita dello sguardo innocente diventa superamento dell'inebetimento.
Forse manca un guizzo che risvegli l'attenzione dopo la tristezza per lo stato in cui versano le ragazze in condizioni di indigenza mentale, anche se quello della mela è un espediente interessante perché media l'idea che il risvolto didattico sia possibile a partire da un desiderio forte; c'è anche la scena del gelato sulla stessa lunghezza d'onda, corredata persino di una battuta esilarante e non peregrina come: "Sei stata rinchiusa dodici anni? Non è un buon motivo per non pagare", un episodio tra i tanti che si succedono in questa repentina rieducazione a cui assistiamo, che non manca persino di far notare quanto sia centrale l'importanza del denaro.
I dialoghi ricorsivi ruotano attorno ad un'unica considerazione: l'impossibilità di portare i genitori a riconoscere l'errore pedagogico di fondo, che accomuna il padre sessantacinquenne disoccupato, reso cieco da una fede subita, e la madre non vedente per sovrappeso metaforico, come se non bastasse la cappa dello chador. Straziante, ma esasperata l'esposizione del ritardo cognitivo, comunicativo e persino deambulatorio delle due ragazze, vittime di un antico testo che aveva convinto il padre che le figlie sono come i fiori: appassiscono al sole dello sguardo dei maschi. Eppure non si avverte troppa recrudescenza, quasi una pietà anche per lo squallore dell'esistenza di un uomo che in un frangente sembra si renda conto dei propri errori (confessa di desiderare la morte, ma è poco convinto lui e poco convincente anche la preghiera), poca indulgenza invece verso la madre, considerando forse più colpevole la donna ancorata pervicacemente alle credenze inculcatele dal fanatismo e dalla miseria. Quindi rimane come una gradita sorpresa la sequenza in cui si ribalta la condizione dei protagonisti e l'assistente sociale costringe l'uomo a segare lui stesso le sbarre del cancello dietro il quale lo ha rinchiuso, sostituendolo alle due gemelle, che dapprima non fanno altro che tornare alla loro prigione, perché prive di stimoli e alternative.
In alcuni momenti si ha il dubbio che la censura abbia imposto di tentare di presentare anche le ragioni dei due vecchi, ma nell'immaginario occidentale si spera che dire "L'ho fatto per Dio" non possa che scatenare risentimento ben più sdegnato della risposta dell'assistente sociale: "Né Dio, né il profeta potranno perdonarvi"; come se il biasimo dei vicini e degli spettatori non contasse nulla o come se la sovraesposizione della gogna fosse una punizione di uno stato confessionale ai danni del carceriere-padre.
Un momento pregevole di buon cinema è rappresentato dalla rivendicazione di un'esistenza negata (comune a tutte le donne musulmane), inscenata dalle ragazze, ancora totalmente dementi, attraverso l'imposizione delle proprie impronte sul muro e sbattendo i cucchiai come nelle rivolte carcerarie, ma con più serena spensieratezza. E dall'altro lato l'espressione davvero preoccupata del padre di fronte al giornale, che ne ritrae le nefandezze: un retaggio che accomuna tutte le province del mondo è proprio il terrore di uscire dall'anonimato e finire sui giornali. Il monito "finirai sul giornale" come minaccia di pubblico ludibrio e messa al bando dal consesso si attaglia alla situazione, benché già la famiglia sia ai margini, nonostante i molti aiuti che provengono dall'esterno, ma a livello di elemosina: infatti al momento di intervenire si preferisce inviare alle autorità la lettera con cui s'inizia il film; salvo poi appartati chiedere individualmente conto all'assistente sociale delle sue decisioni.

Il poster del film

Il film di Samira è stato scelto dal Consiglio Regionale del Piemonte, che, in collaborazione con l'AIACE di Torino - l'AGIS e l'ANICA, ha messo a punto una rassegna cinematografica intitolata "Viaggi di libertà - Per la difesa dei diritti", che comprende anche i film Central do Brasil e Train de vie.
" Il percorso lavora intorno a quei temi che per tradizione hanno caratterizzato nel corso di questi anni la riflessione proposta dalla rassegna itinerante (giunta alla sua tredicesima edizione): la pari dignità sociale, il rifiuto della guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli, la difesa dei minori e la lotta contro ogni sopraffazione nei confronti dell'universo femminile. I film presentati, contemporanei ed appartenenti ad aree geografiche e produttive diverse, costituiscono altrettanti esempi di diritto negato e di violenza su minoranze e individui più deboli (donne e bambini in particolare). I film proposti, se da un lato danno visibilità ad alcuni paesi di norma assai poco frequentati nel panorama cinematografico contemporaneo - individuando nel cinema una vera e propria finestra sul mondo senza la quale determinati universi resterebbero clamorosamente orfani di un'immagine e di una rappresentazione - dall'altro offrono motivi di riflessione e denuncia di indubbio interesse" (dal Programma a cura del Consiglio Regionale del Piemonte e dell'Aiace di Torino).

La rassegna, rivolta alle scuole superiori, si terrà in 22 città del Piemonte con il seguente calendario:

ALESSANDRIA
Cinema Comunale
Tel. 0131 - 234266

15 marzo
ARONA
Cinema S. Carlo
Tel. 0322 - 240566
23 febbraio *
ASTI
Cinema Lumière
Tel. 0141 - 215380
17 marzo
BARDONECCHIA
Cinema Sabrina
Tel. 0122 - 99633
14 febbraio *
CANDELO
Cinema Verdi
Tel. 015 - 2536417
11 febbraio *
CASALE
Cine Poli
Tel. 0142 - 452081
12 aprile *
CEVA
Sala Borsi
Tel. 0174 - 721351
19 aprile
CHIERI
Cinema Splendor
Tel. 011 - 9470320
28 aprile
CUNEO
Cinema Fiamma
Tel. 0171 - 693554
1 marzo
FOSSANO
Nuovo Cinema Politeama
Tel. 0172 - 62407
10 marzo
INTRA
Cinema Vip
Tel. 0323 - 404225
5 febbraio *
IVREA
ABCinema
Tel. 0125 - 48516
1 aprile
MONDOVÍ
Cinema Bertola
Tel. 0174 - 44223
10 aprile
NIZZA MONFERRATO
Cinema Verdi

Tel. 0141 - 793263 / 701459
25 marzo
NOVARA
Cinema Vip
Tel. 0321 - 626739
22 marzo *
PIANEZZA
Cinema Lumière
Tel. 011 - 9682088 / 0335 - 5804045
18 febbraio *
PINEROLO
Cinema Hollywood
Tel. 0121 - 78805 / Fax. 0121 - 201142
4 aprile
SALUZZO
Cinema Politeama
Tel. 0175 - 43756
19 aprile
SANTHIÁ
Cinema Ideal
Tel. 0161 - 930827 / 0339 - 2405369
27 aprile
SUSA
Cinema Cenisio
Tel. 0122 - 622686 / 622048
12 febbraio *
TORINO
Cinema Centrale
Tel. 011 - 540110
6 marzo
VARALLO
Cinema Sottoriva
Tel. 0163 - 52288
28 marzo

  - Le scuole e gli insegnanti interessati alle proiezioni devono contattare direttamente le sale cinematografiche elencate nel programma per la prenotazione dei posti disponibili, servendosi dei recapiti telefonici in esso contenuti. Il costo del biglietto d'ingresso è di £ 3.000 (gratuito per insegnanti ed accompagnatori). Le proiezioni avranno inizio alle ore 10.00 (salvo variazioni dovute alla durata del film). Per ulteriori informazioni rivolgersi all'AIACE di Torino, tel. 011 - 538962 / 011 - 542691 (ore 15.00 - 18.00, sabato escluso).

* Nelle date contrassegnate da un asterisco un docente dell'AIACE presenterà il film in programma e la rassegna

Il ragazzino del film La mela          

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La ventiduesima puntata ha preso in rassegna
i film di
Amir Naderi
                        "Il corridore - Acqua, vento, sabbia"