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Democrazia WEB e ragazzi

“La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione” G. Gaber

(18.05.2013)

Pensi come parli!
Le modificazioni del linguaggio portano a modificazioni del modo di pensare e di agire
di Rodolfo Marchisio

 

Come leggere il web. Ipertesto e multimedialità


Abbiamo visto nella tappa precedente come le TIC modifichino il nostro modo di scrivere.
Intanto quel pezzo conteneva già note a piè pagina, immagini e collegamenti ipertestuali.
Mentre le immagini hanno sempre accompagnato la scrittura, prima ancora della stampa, e i monaci medievali annotavano i libri a fianco e in ogni spazio possibile, una novità sembra essere il collegamento ipertestuale (ad altri testi).
Se da un lato la possibilità di saltare da un libro all’altro esisteva già prima – i monaci avevano pedane per leggere e scrivere, rotonde e che potevano girare, per passare da un documento all’altro– è indubbio che l’ipertestualità e la ipermedialità sono caratteristiche fortemente legate alle attuali tecnologie della scrittura e lettura. La possibilità di saltare con un collegamento da una pagina o da un sito a un altro consente di rendere la lettura non più lineare, sequenziale, gerarchica, ma ipertestuale, più simile a un saltellare o navigare a vista seguendo link che contengono inviti operativi: bottoni che ci “chiedono” di essere cliccati.
Da qui la metafora del “navigare in rete”.

Non c’è nessun ambiente, sito, SN in rete che non sia multimediale – che non faccia cioè convivere parole, immagini, suoni, filmati etc…- e che non contenga molti link – collegamenti – talora utili, talora pericolosi (pubblicità o siti a pagamento).
L’attuale format di FB riserva 1/3 dello spazio a notizie anche riservate e impiccione su di noi, 1/3 per la nostra pagina o diario, 1/3 per pubblicità. In tutto abbiamo meno del 25% del monitor per esprimerci. E’ il costo di una rete che sembra gratuita, ma che vive di pubblicità o di furti d’informazioni su chi la usa. Ho già citato il caso recente di un Italiano che, vinta la causa, si è fatto restituire da FB 850 pagine d’informazioni raccolte su di lui.


Lettura ipertestuale e multimediale.

La presenza d’immagini, suoni, filmati, rende la lettura più coinvolgente e ricca se è fatta in modo complementare (l’immagine completa il testo e aggiunge informazioni) e non è solo, come in alcuni libri di testo, un abbellimento.

La possibilità di saltare da un testo o documento ad un altro permette diversi tipi di lettura: navigazione secondo uno scopo, esplorazione, navigazione a vista, casuale, fino a diventare un gioco, un cazzeggiare divertente, ma inutile.

Anche la lettura può diventare, come la scrittura, sociale, condivisa: alcuni ambienti permettono di “discutere singoli passi, condividere note e osservazioni, saperne di più su personaggi e luoghi” cfr Wired n 6/12 p 28. I lettori possono portare idee e contributi nuovi.
D’altra parte da Dickens a Collodi molti scrivevano a puntate per vedere la reazione dei lettori e da tempo si scrive a 4 o 6 mani, passandosi un testo fra autori diversi che ci lavorano.


Il concetto d’ipertesto nella rete e nell’apprendimento.

 
Il concetto d’ipertesto è uno dei più innovativi portati dalla rete, tanto che Internet stesso è stato definito “il modello dell’ipertesto universale”, con la sua rete di Pc non gerarchica.
Anche se Internet, come ricorda anche R. Luna, non è una rete di Pc, ma una rete di persone, di relazioni fra persone, soprattutto. Su questo vale la pena insistere sempre.
Alcuni pedagogisti si sono spinti ad affermare che con un ipertesto multimediale (sito, testo, ambiente) noi impariamo meglio e più in fretta per due motivi:

  1. L’interazione di più linguaggi, soprattutto immagini e video, aumenta l’apprendimento e le cose rimangono più a lungo nella memoria, come noto.

  2. Ma soprattutto perché l’ipertesto imita il modo di funzionare del nostro cervello quando apprende, sia dal punto di vista funzionale (saltare da un’idea a un’altra, creando collegamenti) sia dal punto di vista fisico (le informazioni saltano da una cellula all’altra del nostro cervello, attraverso le sinapsi)

La teoria dell’isomorfismo (costruire uno strumento di apprendimento che imiti il modo di funzionare del nostro cervello) è in buona parte vera: il nostro cervello raramente procede in modo sequenziale, ordinato, gerarchico o deduttivo come un libro.
Anche se nelle scuola è stata usata pochissimo e fuori molto di più.


Autori e proprietari. La condivisione.


La rete con il suo ideale iniziale di condivisione e collaborazione ha portato anche a ragionare in modo diverso sui diritti di chi scrive, i diritti d’autore.
Accanto al Copyright (proprietà dell’autore del prodotto, anche a fini commerciali) è comparso l’open source nella programmazione, cioè programmi gratuiti, disponibili gratuitamente per tutti (ad es: Open Office, Modzilla etc…sino alle App per i cellulari), ma anche aperti alle modifiche che altri vorranno fare.
Nella scrittura, il copyleft, prodotti a disposizione di tutti.
Si è anche studiato il diritto d’autore, definendo una serie di contratti fra chi produce e chi legge o prende: le licenze Creative Commons. Sono sei tipi di bollino che possiamo applicare alle foto o ai testi che pubblichiamo, che possono essere prese da altri, ma ad es. a condizione che venga citato l’autore oppure prese e modificate, ma non a scopo di lucro, per guadagnarci. Sono 6 diversi modi di condividere con altri quello che produciamo. Cfr Wired n 12/12 p 40
Sono ca 500 milioni le opere che girano così in rete di cui 230 milioni di foto e il 10% degli articoli scientifici. Ci sono poi programmi apposta per condividere come Istagram per le foto.
 

Come le modificazioni del linguaggio ci portano a modificare il modo di pensare


Abbiamo già parlato del linguaggio delle TIC e delle sue caratteristiche e di come influenza il linguaggio corrente. Ma ci sono modificazioni più pesanti.

Nei temi dei nostri ragazzi, alla TV, in rete osserviamo:

Il punto rilevante è che le semplificazioni del linguaggio portano a una semplificazione eccessiva del pensiero, del nostro modo di ragionare: si motiva, spiega, articola, subordina sempre meno e si afferma senza dimostrare.
Stiamo passando dal linguaggio complesso a quello troppo semplificato, ma anche dal pensiero complesso al pensiero semplice. Le cose non sembrano mai complesse e chiunque con poche affermazioni può dire la sua senza spiegare; in TV, in rete abbondano le chiacchiere da bar fatte di brevi quanto perentorie osservazioni per risolvere problemi complessi: tutti sono in grado di governare e di fare la nazionale di calcio.

Le TIC aumentano la nostra possibilità di comunicare, il numero dei nostri rapporti e dei nostri messaggi: scriviamo molto di più, abbiamo relazioni con più persone, ma in modo diverso, talora semplificato e questo è comunque positivo, ma l’obiettivo è sempre quello di imparare ad usare diversi linguaggi in diversi contesti.
Es: Proviamo a scrivere un messaggio nei 140 caratteri (spazi e punteggiatura compresi) di Twitter, ma spiegando cosa diciamo e perché.


Il congiuntivo e il condizionale come modi del dialogo, della relatività, del rispetto.

Se esistono i modi del verbo è perché hanno una utilità. Usare una subordinazione – se….allora – usare un periodo ipotetico, significa subordinare un’azione o affermazione al verificarsi di una condizione, usare il congiuntivo significa esprimere una cosa possibile, eventuale, non sicura. Per questo usare l’indicativo sempre significa, anche inconsapevolmente, esprimere certezza, non sottoporre le nostre affermazioni al verificarsi di condizioni; usare il congiuntivo o il condizionale significa anche presentare un’affermazione come possibile, ma come discutibile, dimostrarsi aperti al dialogo, al rispetto dell’opinione dell’altro, sottolineare anche con connettivi (congiunzioni o altro) che non siamo sicuri o che comunque siamo disponibili a discuterne.
Che ciò che affermiamo ha un valore relativo e non assoluto e che le cose sono complicate e non semplici.
L’educazione linguistica fa parte della formazione del cittadino e quindi della democrazia.
Per due motivi:

1-      Chi sa più parole ha più forza, spesso vince. Don Milani scriveva coi suoi ragazzi: il padrone sa mille parole, l’operaio 100. Per questo vince il padrone.

2-      Le competenze linguistiche – oggi anche quelle della parola elettronica – sono competenze di cittadinanza essenziali.  


Competenze linguistiche, competenze TIC e competenze di cittadinanza.

Le competenze di cittadinanza sono competenze chiave e viceversa. Le competenze linguistiche sono alla base delle competenze di cittadinanza oltre che delle competenze chiave.
Né un analfabeta informatico, né un analfabeta sono veri cittadini.
Va, comunque, ricordato che non soltanto le competenze civiche e sociali sono “competenze chiave”, ma anche che tutte le competenze chiave possono essere considerate competenze di cittadinanza perché sono tutte necessarie alla partecipazione attiva  e consapevole dei cittadini alla vita sociale, lavorativa, politica (B. Losito).

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