altre sezioni LABORATORIO STORIA 900 |EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA |
“La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione” G. Gaber
(23.12.2012)
Da
infonauti a cittadini
di Rodolfo Marchisio
La nostra conoscenza aumenta in modo esponenziale. Da 12 miliardi di
gigabyte negli anni 90, nel 2012 la misura dei contenuti digitali nel mondo
è stimata ora in 1000 miliardi di gigabyte. Aumentano le informazioni e si
potenziano i mezzi di comunicazione e partecipazione.
Un tempo con meno potenzialità tecnologiche c’era però più interesse
alla/cultura della democrazia.
Come
dicevamo i nativi digitali hanno forte interesse e forti competenze
tecnologiche, ma sono spesso lontani dai temi della partecipazione attiva e
non sempre colgono il potenziale degli strumenti e degli ambienti di cui
dispongono.
Criticano, vorrebbero confusamente, ma non sanno come…
Ammesso che l’uomo sia veramente “naturaliter” portato alla partecipazione e
che il web sia un enorme spazio disponibile per tutti (meglio per molti), se
non un ambiente “per natura” democratico, il nodo è il passaggio attraverso
le TIC, verso la capacità e la volontà di informarsi in modo completo e
corretto prima e la capacità e la volontà di compiere delle scelte
responsabili e consapevoli delle conseguenze che hanno per se stessi e per
gli altri.
Il passaggio quindi, attraverso le TIC verso la partecipazione e la democrazia.
La formazione alla cittadinanza nei suoi vari ambiti (educazioni) si basa su 2 competenze chiave comuni citate nel progetto Io consumatore, io utente: noi cittadini.
a) la volontà e la capacità di informarsi in modo completo e utile (su quanto, cosa, dove si acquista e si mangia e sulle conseguenze per la salute o sull’uso che si fa delle TIC). Io consumatore, io utente.
b) la volontà e la capacità di compiere scelte responsabili verso se stesso (conseguenze economiche, in termini di salute, abitudini, relazioni etc..) e verso la società: costi e danni sociali . Noi cittadini.
Per passare da un uso, una
relazione, una partecipazione passivi – informazione, esplorazione,
cazzeggio - ad una anche attiva e finalizzata. Quindi
partecipativa.
Se la scuola è da tempo al 4° posto come influenza fra gli agenti formativi,
dopo la famiglia, la rete, la Tv, posto che la Rete e la TV non hanno
compiti formativi, ma sono spesso commerciali e autoreferenziali e che le
famiglie da un punto di visto tecnologico o da quello formativo non riescono
spesso a gestire questo passaggio e a seguire i giovani, occorre recuperare
2 dati importanti:
La scuola nonostante tutto è una delle Istituzioni in cui i giovani
hanno ancora maggior fiducia: lo dimostrano non solo le consuete
inchieste, ma anche il fatto che i giovani scendono sempre e sempre più
spesso in piazza per difendere la loro scuola, la scuola pubblica
La scuola, insieme alla famiglia, sono gli unici agenti formativi cui
la società affida il compito di formare le persone e i cittadini, di dare un
senso – critico – all’uso che i giovani fanno delle TIC. Meglio se
usando le tecnologie e usandole insieme in esperienze comuni significative
dal punto di vista emotivo, sociale, relazionale.
Per fare dei progetti formativi efficaci
Per questo lo schema formativo
che emerge oggi come vincente nelle varie sperimentazioni di CC ed
Educazioni è progetti promossi dalla scuola e da partner esterni, fatti
di esperienze personali e simulate, significative, che coinvolgano le
famiglie e modifichino i comportamenti (ad es in campo alimentare, della
salute, del rispetto dell’ambiente, dell’uso delle TIC…).
Le belle ricerche non bastano e non modificano in modo significativo e
abbastanza duraturo.
Si rimanda alle progettualità documentate nelle pagine della rubrica
Cittadinanza ed alle sperimentazioni di
educazione
alla Salute ed
educazione alimentare attraverso le Fattorie Didattiche, documentate
nelle pagine del
sito SMS Bobbio di Torino.
Sicuramente il web è una realtà
– ha senso domandarsi ancora se virtuale o reale? – che modifica i nostri
concetti di spazio/luogo, di tempo, le loro relazioni e i loro limiti,
legati alla fisica classica.
Ma anche che modifica – o meglio amplifica- il nostro concetto di realtà
e personalità.
E’ una sfida, non deve essere solo un pericolo, anche se colpiscono l’uso
passivo, spesso monoambiente – vado in internet, ho a disposizione un
mondo da esplorare ed uso sempre FB, Google o WP e basta – che ne fanno
alcuni ragazzi; ma anche gli adulti che hanno risposto al solito
questionario di Università USA, alla domanda “che cosa provi più desiderio
di fare nella giornata”: entrare in rete/andare nel mio SN al 40% . (cit
da Augias - Diario Italiano).
Solo il 12% degli adulti ha detto fare l’amore. Stanno cambiando i
tempi, le persone e i loro bisogni o il modo di soddisfarli (sesso virtuale,
incontri in rete etc…)
Il web, oltre a quello di un uso passivo vs un uso attivo e critico delle
TIC pone anche altre potenzialità che possono diventare criticità. Ad es.:
problema della sicurezza dei nostri dati e della privacy come
previsti dalla Costituzione e dal dibattito attuale. Come il domicilio anche
il nostro PC deve essere inviolabile (art 14), i dati relativi alla nostra
persona protetti (art 13), la nostra corrispondenza sicura (art. 15), il
nostro diritto di associazione, espressione… (art 17,18) tutelati.
Come dice Bobbio i
diritti di quarta generazione che nascono dall’uso di tecnologie più
potenti non sono altro che i diritti di prima generazione – che risalgono al
700 – di fronte alla sfida della TIC e della modernità. Bobbio, L’età dei
diritti, Einaudi.
Riprenderemo questo discorso parlando dei SN e di FB.
Affidabilità dei contenuti e capacità di valutare e quindi validare le fonti in rete.
Ad esempio il sito
di Storia più frequentato e usato dai ragazzi per anni come fonte,
www.cronologia.it non aveva Direttore responsabile, né altra forma di
controllo. Chiunque può pubblicare spacciandosi per storico. Il sito più
usato per le ricerche,
Wikipedia, col suo meccanismo di controllo collettivo e nuove regole, è
già una via di mezzo, come attendibilità.
Problema della trasparenza, riconoscibilità, delle persone della loro
identità reale e del nostro diritto ad una identità consapevole e
controllata da noi in rete. Di non essere travolti da un web invadente
che ci insegue forzandoci a scelte e formando continuamente nuovi puzzle,
nuovi ritratti pubblici non autorizzati di noi, visibili e usabili in tutto
il mondo. Come dice Rodotà: “Tu non sei quello che dici di essere
(in rete NdA) ma sei quello che Google dice che tu sia ” S.
Rodotà, Il Diritto di avere diritti, Laterza
· D’altra parte, come primo passo il web può essere un potente strumento di:
a) Diffusione e trasparenza dei dati e degli atti della P.A, informazione ai cittadini e possibilità di informarsi da parte dei cittadini nei confronti di chi li governa/amministra.
b) Per quanto riguarda la salute. Informazione ai cittadini e luogo di ricerca di informazione da parte dei cittadini. Cercando di non scadere nell’autodiagnosi e nell’autocura. Anche a fronte di medici poco chiari e avari d’informazioni
non possiamo affidare la nostra salute a Wikipedia, né comprare irresponsabilmente farmaci online in modo incontrollato.
c) Sicuramente il web può essere un modo per consultare i cittadini su questioni importanti, senza dimenticare quel 38,8% di non connessi, che sono cittadini anche loro e che hanno gli stessi diritti e senza confondere i sondaggi con la politica. Stabilendo quindi validità limitata, competenze e metodologia corretta, uso responsabile dei dati che si ricavano. E’ recente la approvazione di una Agenda digitale come primo passo da parte del governo.
Conclusioni provvisorie
Di fronte ad un problema nuovo e complesso e di fronte ai problemi sollevati dalle TIC non bastano le tecnologie. Affidiamo le conclusioni a un esperto: R. Luna
Occorrono metodi di lavoro, più formazione, più voglia
e capacità di relazione sociale.
Non solo software eterogestiti (che ci inseguono e ci sostituiscono), ma
modelli forti di ricerca, comunicazione, condivisione, personalizzazione.
(R. Luna Wired ottobre 2012
Insomma:
1- I problemi sollevati dalle TIC non possono essere risolti dalle TIC
2- I diritti di 4° generazione non hanno una risposta solo tecnologica
3- Occorre più formazione e più pensiero
Spesso siamo abituati a pensare che tecnologico sia sinonimo di moderno e moderno sinonimo di meglio. Ma è molto più complicato.
Alla scuola torna il compito, nonostante tutto ed in collaborazione con altri, se ne è capace e se ne avrà i mezzi (non certo i registri elettronici…) di collaborare e formare consapevolezza, senso critico, uso attivo e partecipativo di quello che i ragazzi apprendono fuori, nell’iperscuola.
Ma per questo la scuola deve essere non solo più tecnologica, ma più attenta alla formazione del cittadino e più democratica.